
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Cinque virgolettati

Mettiamo in fila una serie di virgolettati. Primo virgolettato: «Mohamed mi ha chiamato e mi ha detto che sarebbe stato in vacanza fino al 27 agosto. Gli ho chiesto dove fosse e lui mi ha detto che era in spiaggia con i suoi amici. Mi ha chiamato e mi ha mandato delle foto. Era tutto perfetto. Quando i ragazzi sono tornati stavano scherzando e ridendo, sorridevano ed erano rilassati. Giovedì, il giorno dell’attentato, Omar ha dormito fino all’una del pomeriggio, perché aveva fatto tardi, le quattro, la notte prima. Gli ho chiesto di ricaricare il credito del mio telefono e lo ha fatto. Mi ha detto che non avrebbe pranzato e che sarebbe uscito. L’ho chiamato e non mi ha risposto. Erano ragazzi normali, si prendevano cura di me, mi prenotavano i voli quando andavo in vacanza, avevano un lavoro, non rubavano. Non hanno avuto problemi con me o con altri. Non riesco a capire». Secondo virgolettato: «L’imam era già stato in Spagna a partire dal 2004, prima di tornare in Marocco e poi venire da noi. Sono stato io a sceglierlo. Nulla di quello che diceva durante le preghiere ha mai destato il minimo sospetto. Predicava un islam moderato, il nostro. Potete chiedere a tutti gli iscritti dell’associazione. Avevamo solo un problema con lui: voleva troppe vacanze. Mentre noi avevamo bisogno di maggior regolarità. Così, a giugno, quando ha chiesto altri tre mesi, gli ho annunciato che lo avremmo sostituito. Non l’abbiamo più visto dalla fine del Ramadan». Terzo virgolettato: «Una persona normalissima. Beveva birra, pregava alle ore che doveva pregare, molto religioso. Nessuna storia d’amore. Io avevo 40 anni e lui 25. Un bambino, per me». Quarto virgolettato: «Come abbiano fatto a rimanere nascosti così tanti uomini per così tanti mesi è incredibile». Quinto virgolettato: «È bello essere qui tutti uniti. Questo è il mosaico sul quale si costruisce la società. Tutti uniti per un obiettivo comune: la pace, il rispetto e la convivenza fraterna. L’unione ci rafforza, la divisione ci corrode e ci distrugge».
• Cominciamo dal primo virgolettato.
La cellula terroristica, secondo gli inquirenti spagnoli, era formata da dodici persone. Tra queste, quattro coppie di fratelli. Una coppia di fratelli era formata da Omar e Mohamed Hichamy. Il virgolettato appartiene alla madre dei due, Halima. La si vede in un video che gira in rete, velata, piangente, in mezzo ad altre donne velate e piangenti. Omar e Mohamed sono morti a Cambrills, nella sparatoria di mezzanotte. Tra le quattro coppie di fratelli ci sono anche Houssaine e Younes Abouyaaqoub. Houssaine è un altro dei morti di Cambrills, Younes potrebbe essere l’autista del furgone, ricercato in tutta Europa. Gli inquirenti spagnoli non sono certi che sia riuscito a passare in Francia.
• Secondo virgolettato.
È la testimonianza di Ali Yassine, presidente della comunità islamica di Ripoll, il paese di 11 mila abitanti da cui vengono tutti gli attentatori. L’imam di cui si parla è Abdelabaki Es Satty, latitante oppure morto nell’esplosione della casa di Alcanar. La polizia ritiene che sia lui il predicatore che ha radicalizzato quel gruppo di giovani. Silenzioso, modesto, 40 anni, una moglie, nove figli. Viveva in calle San Pere 4, sesto piano, alloggio assai povero che divideva con un marocchino di Bar Taza, di nome Nourredine El Haji: «Lo conoscevo poco. Non parlava quasi mai. Martedì mi ha salutato dicendomi che tornava in Marocco dalla sua famiglia per le vacanze. Ha fatto la valigia. È partito». Il problema delle moschee e di quello che nelle moschee dicono gli imam ai fedeli è diventato centrale tra i musulmani che intendono opporsi al terrorismo. In Giordania si leggono in anticipo i testi dei discorsi e si indaga sulla vita degli stessi imam. Al Sisi, in Egitto, dove si controllano ormai anche le scuole coraniche, ha intimato agli imam di «andare nelle moschee e predicare contro chi vuole uccidere». Massud Barzani, leader dei curdi iracheni, ha detto ufficialmente che le moschee servono per pregare e non per fare politica, apre i templi cinque volte al giorno e solo per mezz’ora, «chi vuole parlare d’altro vada altrove». Il suo ministro degli Esteri, Falah Mustafa Bakir, ha spiegato: «È nelle moschee che si sconfigge il jihad». Non è da sottovalutare il fatto che la maggior parte delle vittime del terrore è musulmana.
• Terzo virgolettato.
È di Silvia Acciaresi, della provincia di Viterbo. È stata amica di Driss Oukabir, che nel 2014 è venuto in Italia, ma senza dormire a casa sua. I giornali le sono saltati addosso. Driss adesso è in cella d’isolamento. Suo fratello Moussa, neanche 18 anni, è morto a Cambrills.
• Il virgolettato sul fatto che sono riusciti a rimanere nascosti tutto questo tempo.
È un’osservazione di Rukmini Callimachi, una collega del New York Times. Il piano per l’attentato di giovedì scorso sarebbe stato elaborato un anno fa. I dodici, o almeno dieci di loro, vivevano dalle parti di Girona, a nord-est di Barcellona, e si spostarono ad Alcanar, dove stabilirono la loro base operativa. Qui cominciarono ad accumulare bombole di gas, ne avevano messe insieme, alla fine, più di cento. E la casa, invece, è saltata in aria. Il piano era ambizioso: far esplodere un camion, oppure molti furgoni contemporaneamente, in mezzo alla folla delle Ramblas. Migliaia di morti, qualcosa che uguagliasse l’11 settembre.
• Suppongo che le ultime parole siano quelle del celebrante i funerali di ieri.
Sì, le ha pronunciate - dentro la Sagrada Familla, obiettivo fallito dei jihadisti - il cardinale e vescovo di Barcellona Joan Josep Omella. Il richiamo all’unità si riferisce ai contrasti tra catalani e spagnoli. Anche se in chiesa c’erano sia la famiglia reale che il presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, e la sindaca Ada Colau, Madrid e Barcellona restano divise su tutto, comprese le indagini. La pace invocata dal cardinale è poco più che un luogo comune.
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