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 2017  agosto 21 Lunedì calendario

Raffaele Scafuri: «Tra liti e ritardi, vi racconto le 4 ore che hanno ucciso mio figlio in ospedale». Il padre di Antonio Scafuri ricostruisce la drammatica notte al Loreto Mare

Napoli «Me lo hanno ucciso. Mio figlio era lì che moriva e intanto al pronto soccorso litigavano per decidere quale infermiere dovesse accompagnarlo in ambulanza per fare l’AngioTac. Qualcuno dovrà pagare per quello che è successo, non posso rassegnarmi a questa morte assurda». Raffaele Scafuri non si dà pace. Il suo Antonio, un bel ragazzo di 23 anni di Torre del Greco, è morto la mattina del 17 agosto nel reparto di rianimazione dell’ospedale Loreto Mare di Napoli, dove era arrivato in codice rosso la sera precedente, alle 21.45, dopo un grave incidente stradale mentre era alla guida della sua moto.
Il racconto del padre è avvalorato anche dall’importante testimonianza del dottor Alfredo Pietroluongo, responsabile del Pronto soccorso del Loreto Mare, che ha inviato alla direzione sanitaria un rapporto da brividi. Si persero 4 ore di tempo, è scritto, perché non c’era accordo su quale infermiere dovesse accompagnare il giovane in gravissime condizioni al «Vecchio Pellegrini», distante appena un chilometro. Ma Pietroluongo chiama in causa anche un suo collega per la «libera interpretazione dei percorsi assistenziali». Ora il rapporto arriverà in Procura, come ha annunciato la direzione sanitaria, mentre il ministro della Salute Beatrice Lorenzin invierà gli ispettori.
Parcheggiato per ore
Cosa sia successo durante quelle drammatiche quattro ore dovrà stabilirlo l’inchiesta. Intanto prova a ricostruirlo il padre. «È certo – accusa— che seppure preso in carico dalla chirurgia, è rimasto parcheggiato in pronto soccorso per ore».
«All’arrivo in ospedale – aggiunge— inizialmente lo hanno assistito, poi è stato steso su un lettino in attesa di effettuare quella Tac che avrebbe evidenziato eventuali problemi ai vasi sanguigni. Antonio aveva fratture multiple e l’emoglobina in discesa, si temeva un’emorragia interna, ma lui era sempre lì sul lettino».
Quindi ulteriori attese, mentre i medici delle urgenze pressavano per il trasferimento. E qui il paradosso: quale infermiere avrebbe dovuto accompagnarlo in ambulanza? «Tra i paramedici di turno sembrava non esserci accordo, erano tutti occupati a fare altro. Saranno state le 4 del mattino quando ho perso la pazienza e ho alzato la voce – ricorda il padre – solo a quel punto medici e infermieri si sono messi d’accordo, dopo che li avevamo visti litigare».
Al giovane vengono trasfuse quattro sacche di sangue, è evidente che c’è un’emorragia interna ma non si riesce a localizzarla. Pietroluongo fa presente al collega di chirurgia che occorre fare presto, ma nemmeno la sua preoccupazione serve ad abbreviare i tempi. Così, dopo una burrascosa telefonata tra i due, il primario chiede aiuto all’ispettore sanitario e si riesce finalmente a trovare un infermiere per il trasferimento. Antonio viene trasportato al vicino ospedale, su un’ambulanza priva di rianimatore. Intanto le sue condizioni peggiorano e lo sottopongono ad altre due trasfusioni, poi con i risultati dell’esame viene rispedito al Loreto Mare e sono ormai le 8 del mattino. «In quel momento – dice il padre— hanno informato me e mia moglie che si trovava in rianimazione e che i risultati delle analisi erano favorevoli».
Tutto precipita
Invece tutto precipita. «Ci fu consentito di vederlo solo dopo le 15 – accusa il padre – quando era già deceduto. Era freddo, segno che era morto da tempo. Ci dissero che aveva avuto tre infarti».
I familiari ci tengono a chiarire un altro aspetto: «Qualcuno in ospedale ha provato a insinuare che Antonio fosse malato. Falso, lui scoppiava di salute e aveva giocato a calcio fino ai 16 anni. Era un leone – ripete il papà disperato – e l’ho perso per la totale negligenza di quelli che dovevano curarlo. Voglio tutta la verità sull’accaduto e lotterò ogni giorno della mia vita per ottenerla». La famiglia del giovane si è affidata all’avvocato Luigi Ascione per la denuncia. E adesso tutta la comunità di Torre del Greco si stringe attorno a quei due genitori disperati, Raffaele e Rosaria, molto noti nella città vesuviana, perché lavorano in un parco giochi privato sul litorale.
In attesa dell’autopsia e dell’ispezione ministeriale, esplode anche un caso politico. Valeria Ciarambino, consigliera regionale dei Cinque Stelle, accusa: «Da mesi denunciamo al ministero della Salute che in Campania l’assistenza sanitaria è fuori controllo e ci sono gravi rischi per i cittadini».