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 2017  agosto 21 Lunedì calendario

Il paese dei 9 fratelli stragisti: la scuola, i viaggi all’estero, il Corano e i fumetti di Batman

Le cinque donne che escono dal retro di una casetta in mattoni rossi sembrano un corteo funebre. Ad aprirlo sono due ragazze vestite di nero come le altre più anziane che seguono. Una tiene nella mani due grossi sacchi neri. L’altra, ancora una bambina, stringe sul fianco destro una pila di giornaletti. Piangono tutte. Il gruppo si dirige verso i cassonetti al fondo della strada. La ragazza con una mano libera ne apre uno senza indugio. Fa un cenno alle donne anziane. Quella al centro annuisce. Quando i sacchi e la carta vengono gettati si sentono dei lamenti in arabo, come una litania sincopata dai singhiozzi.
La scena è vista, anzi spiata, da lontano. Le vite dei fratelli Abouyaakoub sono ormai diventate una questione pubblica, e ben presto anche il contenuto di quel cassonetto non avrà più segreti. Fatima, la più piccola, racconta che erano solo vestiti raccolti da terra, mentre il pacco di carta era costituito dai fumetti di Houssaine. Amava i supereroi, fino a pochi anni fa aveva il poster di Batman nella stanza che divideva con lei. È uno dei quattro terroristi abbattuti da un agente a Cambrils. Lui è morto, mentre Younes non si trova più. Non ci sono molti dubbi sul fatto che fosse lui il terrorista alla guida del furgone che ha ucciso 14 persone falciandole sulle Ramblas. La camera di sicurezza di una banca a Ripoll lo immortala all’alba di mercoledì mentre effettua un prelievo. Le testimonianze di alcuni superstiti dicono che l’uomo al volante indossava la stessa maglietta.
Sono legami di sangue, in ogni senso. La cellula di Ripoll conta finora 12 persone. Almeno 9 sono fratelli, di quattro famiglie diverse. Gli Oukabir, il giovane Moussa e il maggiore Driss, che lo accusa di avergli rubato il passaporto. Gli Hichamy, Mohamed e Omar, entrambi uccisi. Gli Aalla sono addirittura tre, con Youssef, il più grande, che nello scorso dicembre partì per Zurigo in compagnia di Mohamed Hichamy, un viaggio che secondo gli inquirenti segna l’inizio della pianificazione dell’attentato. Younes Abouyaaqoub è l’ultimo. Il tassello mancante. Come Salah Abdeslam, l’ex ricercato numero 1 che visse quattro mesi da latitante a casa sua, nascosto nelle vie di Molenbeek, il sobborgo di Bruxelles dove erano cresciuti sette degli undici componenti del commando che il 13 novembre 2015 fece strage al Bataclan e nei ristoranti di Parigi.
Younes Abouyaakoub, nato il primo gennaio 1995 nella città marocchina di Mrirt, potrebbe avere uno spessore diverso da quello del suo poco illustre predecessore, definito dal suo avvocato «intelligente come un posacenere». Negli ultimi due anni ha trascorso alcuni periodi in Marocco, da solo. Il suo ultimo viaggio coincide con quello effettuato nel dicembre 2016 dall’imam Abdelbaki El Satty, il cattivo maestro, la presunta mente del terrore in Catalogna. Si conoscevano. Erano amici. Younes era l’unico a frequentare la moschea con una certa regolarità, il suo nome figura nel registro delle presenze. Studiava il Corano. A casa hanno trovato due copie, una grande e una tascabile. Un solo altro libro, «La vita del profeta Maometto», in spagnolo. Voleva diventare un predicatore. Houssaine, non ancora maggiorenne, leggeva l’Uomo Ragno e gli altri fumetti della Marvel. Ma ha seguito il fratello maggiore, fino all’estremo.
La prossimità e i vincoli di parentela sono una costante degli attacchi jihadisti in Occidente. I dirottatori dell’undici settembre. I bombaroli della maratona di Boston. I fratelli Said e Cherif Kouachi che il 7 gennaio 2015 massacrarono i giornalisti di C harlie Hebdo, aprendo questa stagione di stragi europee. Gli Abdeslam, con il famoso Salah che entrò in quella storia per seguire Ibrahim, il primogenito. I Bakraoui dell’attentato di Bruxelles, 22 marzo 2016. La comunità musulmana di Ripoll è una enclave ai bordi di un paesino che conta 9.500 abitanti. Quando la madre degli Abouyaaqoub è tornata nella Placa grand, non ha potuto lanciare il suo appello fino a quando una nipote si è offerta di tradurre per i suoi compaesani presenti. «C’è un cervello più grande dietro a tutto questo» ha detto riferendosi all’influenza dell’imam. «I nostri figli sono stati plagiati, hanno subìto un lavaggio del cervello». Si è rivolta al fuggitivo. «Ti preferisco in galera piuttosto che morto come gli altri».
Erano tutti compagni di scuola, l’Istituto professionale Tomàs Roguer. Vivevano e respiravano la stessa aria, abitavano nelle stesse vie, nel medesimo palazzo, come gli Oukabir e gli Hichamy, primo e terzo piano di Calle Gaudì 27. Le vite delle loro famiglie si svolgevano in un perimetro di 40, massimo 50 metri quadrati. I fratelli di Ripoll diventeranno un caso di scuola del terrorismo europeo. Ne resta soltanto uno. Il fuggitivo Younes. La nuova primula rossa del terrorismo internazionale, e per questo l’unico che verrà ricordato. Almeno fino al prossimo come lui.