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 2017  agosto 21 Lunedì calendario

Ci ha voluti Blackstone e adesso possiamo portare l’acqua (di mare) a Roma

Va a finire che l’acqua, a Roma, la porterà Blackstone. Dal mare. Il mega fondo americano della «pietra nera» presieduto da Stephen Schwarzman ha formalizzato il 9 agosto l’ingresso con il 32,9% nella De Nora. Schwarzman era fino a ieri il capo del comitato dei consiglieri strategici di Donald Trump: sciolto la settimana scorsa dal presidente Usa dopo il dissenso sul caso Charlotteville manifestato, oltre che dal capo di Blackstone, anche dai super vertici di Merck, Campbell, Apple, General Motors. 
De Nora è invece un’azienda familiare e una multinazionale italiana. Leader mondiale nella elettroclorazione delle piscine, si è inventata la disinfezione naturale dell’acqua con un processo elettrolitico di acqua e sale: 400 mila piscine all’anno. È anche prima al mondo negli elettrodi: suo, per esempio, il sistema di protezione catodica per non fare arrugginire il Cristo Redentore di Rio de Janeiro o il Louvre di Abu Dhabi, progettato da Jean Nouvel sull’acqua, che dovrebbe essere inaugurato a fine anno. E che c’entra con Roma, si dirà? 
C’entra, perché la De Nora sta puntando sulle Water Technologies, le tecnologie per il trattamento dell’acqua. E valuta l’acquisizione di una grande azienda di dissalazione italiana. Un’impresa sui 30-40 milioni di ricavi, secondo indiscrezioni, che potrebbe entrare in portafoglio entro i primi mesi del 2018. 
È qui il futuro e un rimedio alla siccità, secondo i fratelli Federico e Michele De Nora che hanno aperto al fondo di private equity americano per crescere ancora e mantenuto, però, la maggioranza (67,1%) del capitale. 
«Di acqua ne buttiamo una montagna – dice l’ingegnere Paolo Dellachà, amministratore delegato di De Nora e uomo delle trattative con Blackstone —. Ci sono inefficienze di gestione pazzesche, perdite degli acquedotti fino al 50%. Roma non è distante dal mare. Una delle alternative a rifornirsi dal lago di Bracciano è questa. Se la città è capace di collegarsi, potrebbe essere alimentata dall’acqua dissalata». 
Ma servono investimenti. Quanto? «Almeno un centinaio di milioni. Certo non si fa in un’estate e dipende dal sistema di condotte, ma in due-tre anni si potrebbe costruire un impianto. Parteciperemmo volentieri al consorzio». 
L’accordo con Thyssen 
La De Nora di Milano Lambrate è in 23 Paesi con 13 stabilimenti, ha 344 famiglie di brevetti e il core business nelle tecnologie al servizio della chimica di base per la produzione di cloro e soda (anche con una joint venture al 34% con ThyssenKrupp Industrial Solutions, ieri rivale e ora alleata). Rifornisce gruppi come Solvay, Basf, Dow Chemical. 
In più fabbrica gli elettrodi che finiscono nei processi produttivi dei circuiti stampati di aziende come Foxconn, fornitore di Apple. Il suo obiettivo è coprire con le Water Technologies la metà del fatturato entro il 2021: oggi è un terzo. Significa raddoppiare i ricavi che derivano dall’acqua a 300 milioni in quattro anni. Il gruppo ha chiuso infatti il 2016 con un giro d’affari di 431 milioni (+15% sull’anno precedente, a perimetro diverso), contro i 140 del 2009: triplicati a suon di acquisizioni, cinque in otto anni fra Usa, Giappone, Inghilterra e Italia per circa 200 milioni di euro.
«Il 99% dei ricavi viene dall’estero», dice Dellachà che guida il gruppo dal 2009. I guadagni ci sono: è di 65 milioni il margine operativo lordo 2016 (+5% sul 2015) e di 42,4 milioni l’utile netto. L’indebitamento attuale dichiarato è sotto i 100 milioni con un patrimonio superiore al fatturato. «Contiamo di arrivare quest’anno a 450 milioni di ricavi e a 600-700 nel 2021», dice Dellachà. Blackstone le dovrebbe aprire ulteriormente i mercati di Usa (c’è una nuova fabbrica in costruzione in Ohio) e Cina. Rapporti con Trump permettendo. 
L’affare della dissalazione è complementare a quello del trattamento delle acque, nel quale De Nora ha debuttato due anni fa con l’acquisizione di Severn Trent e la costituzione della piattaforma De Nora Water Technologies. «L’acqua è un bene primario mostruosamente scarso – dice Dellachà —. Va trattata in modo più efficace per disinfettarla e recuperarla, sia quella reflua sia quella da lavorazioni industriali, da impianti che servono le città». L’altra area strategica – oltre all’estrazione di metalli non ferrosi con l’elettrolisi, per esempio il rame in Cile – è lo stoccaggio dell’energia da fonti rinnovabili. 
Auto all’idrogeno 
«Tutti stanno cercando di immagazzinarla – dice Dellachà —. Noi siamo forti sull’idrogeno, fonte di energia pulita che si genera anche con l’elettrolisi dell’acqua». De Nora ha un accordo con ThyssenKrupp per ricavare idrogeno dall’acqua e sta partecipando a un progetto di Hydrogen generation in Giappone per produrre idrogeno da sole e vento: «Può essere utilizzato come materia prima per fertilizzanti e gas», dice Dellachà. E come carburante per le auto. 
Il gruppo lavora da tempo sulle batterie a celle a combustibile e i giapponesi ora puntano sulle auto a idrogeno, con la Toyota Mirai. Ma la stessa De Nora è dietro il processo produttivo anche delle batterie al litio per Tesla, che scommette sull’auto elettrica ed è l’alternativa.