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 2017  agosto 21 Lunedì calendario

La Var, segno che i tempi e il calcio cambiano

L’ aspetto più suspense della Var (Video Assistant Referee) è il gesto che compie l’arbitro per indicare la sospensione temporanea della partita in attesa del responso tecnologico. È il gesto del monitor, a segnalare infine l’adeguamento del calcio ai nostri tempi. Per favore, non parliamo più di moviola in campo (moviola viene da movie, è cinema), di Carlo Sassi, di Aldo Biscardi. O parliamone come si ascolta volentieri «Sapore di Sale» di Gino Paoli o si rivede «Sapore di mare» dei fratelli Vanzina.
La moviola è stata usata dalla tv per rivedere al rallentatore le azioni di gioco. Le polemiche più feroci, quasi patologiche, nascevano quando le trasmissioni della domenica sera passavano sotto la lente di ingrandimento le azioni più sospette e alcuni professionisti della caciara cominciavano a lanciare accuse, a ingigantire sospetti, ad avvelenare il clima. La moviola era la frustrazione massima del dopo-partita.
La Video assistenza è già gara, è connessione, è hic et nunc. La moviola non esiste più, è stata incorporata nelle riprese live, fa parte sostanziale della differenza che esiste tra il punto di vista dello stadio e il punto di vista della tv (tant’è vero che alcuni stadi ripropongono sul maxischermo azioni di gioco). Il vero problema è che con l’avvento della tv il calcio è cambiato radicalmente in tutte le sue componenti (spettacolari, tecniche, tattiche). Una sola cosa non è cambiata, rimanendo ancorata a un modello di cent’anni fa: la terna arbitrale (la cinquina ha fatto solo danni). Il gioco è evoluto sul piano atletico, si è velocizzato, ha introiettato meccanismi, come il fuorigioco, che in tempi passati erano più marginali. L’arbitro invece continua a essere solo, più solo del portiere. Si trova in una evidente situazione di inferiorità visiva. Durante una diretta ha meno carisma del regista televisivo (del resto lui ha due occhi, le telecamere possono essere anche più di dieci), è vissuto come necessità non più come autorità.
Gli irriducibili pensano che l’errore faccia parte del gioco e come tale debba essere considerato. Sostengono che il calcio è sport di velocità e di gioco d’insieme, non è fatto di moduli replicabili, implica libertà di movimento e contatto fisico, è appena normale che le valutazioni degli arbitri siano imperfette.
Vero, però quale punto di vista bisogna privilegiare, sapendo che solo dal punto di vista discende l’etica e l’interpretazione del gioco del calcio? Il punto di vista dello spettatore da stadio (diciamo 30.000 persone per uno partita di cartello) o il punto di vista dello spettatore tv (diciamo sette milioni per la medesima partita)? Il gol fatto con la mano, la simulazione in aerea, il fallo maligno e traditore appartengono alla logica del «vecchio» calcio perché, al più, si trattava di ingannare l’arbitro e il pubblico. Oggi gli stessi falli sono inaccettabili perché all’occhio della telecamera non si sfugge.
Anche la Var commetterà errori, sicuro, per ricordarci però che tutto è imperfezione, non malafede.