
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Marchionne vuole che a Termini Imerese non si producano più auto dalla fine del 2011, una notizia che si sapeva ma che è diventata ufficiale l’altro giorno alla fine di un vertice di tre ore a Palazzo Chigi. I punti essenziali della vicenda, che abbiamo già illustrato in passato, sono questi: la Fiat intende investire 8 miliardi in due anni e due terzi di questi otto miliardi in Italia. Chiusura di Termini, realizzazione a Pomigliano della Panda, però senza smettere la cassa integrazione. Se la Panda non dovesse andar bene – questo lo si è capito – rischierebbe anche Pomigliano dove infatti alcuni lavoratori si sono incatenati davanti al municipio bloccando alcuni ingressi al comune. A Palermo il Pd vuole una riunione urgente dell’assemblea regionale e il ministro Scajola ha detto ieri che in gennaio si organizzerà un nuovo tavolo per discutere il da farsi. A Termini si tratta di salvare 1.400 lavoratori, a cui vanno aggiunti i 700 posti dell’indotto. La Regione Sicilia ha messo sul tavolo 400 milioni, Scajola ha provato a offrire lo stabilimento a cinesi e indiani, che non finora non hanno neanche preso in considerazione la cosa. I problemi di Torino sarebbero gli stessi di Pechino o New Delhi: un’auto costruita a Termini costa mille euro in più, l’indotto è pressoché inesistente, fabbricare in Sicilia un’automobile che sarà commercializzata magari a Stoccolma è incomprensibile. Con tutto ciò Marchionne si è impegnato ad aumentare il numero di automobili prodotte in Italia riportandole in tre anni a 900 mila, che è il livello del 2007. Ma non a Termini. E a Pomigliano solo se la Panda avrà successo.
• In Sicilia, e magari anche al Sud, non può quindi esserci industria.
Soprattutto in assenza di infrastrutture. Dobbiamo rallegrarci del fatto che i lavori per il Ponte sullo Stretto siano cominciati. Ma non dimenticare che dei 30,4 miliardi destinati alle infrastrutture del Sud dal 2002 a oggi s’è visto, in termini di soldi veri, poco più di un miliardo e mezzo, cioè il 5-6%. Dei 16 general contractor che nel 2002 avevano cominciato a lavorare nel Mezzogiorno, solo uno ha finito i lavori: il titolare del macrolotto della tratta tra Sicignano e Atena della Salerno-Reggio Calabria. Uno è al 77%, uno al 50%, tre fra il 10 e il 25, tre sotto il 5, sei a zero. Berlusconi ha promesso molte volte procedure eccezionali per accelerare le varie autorizzazioni. Ma finora s’è visto poco o niente.
• Questo ha a che vedere con Termini?
Ha a che vedere con il Sud e la politica per il Sud. Scajola pretende che la Fiat lavori in perdita, la Fiat vuole gli incentivi, nessuno dei soggetti in campo inquadra le proprie richieste all’interno di una politica complessiva per il Sud. Onestamente, la politica generale per il Sud d’Italia non può essere un problema di Marchionne. È sicuramente, invece, un problema di Scajola, di Tremonti e di Berlusconi. Si tratta di rispondere, preliminarmente, a una domanda piuttosto semplice: lo Stato deve continuare a finanziare il nostro Mezzogiorno, non importa con quali risultati, oppure no?
• Non so rispondere. Come si fa a non aiutare il Sud? E d’altra parte gli sprechi…
Supponiamo di rispondere “sì”. Dove prenderemo i soldi? Fino a tutti gli anni Ottanta, lo Stato s’è indebitato a vantaggio del Nord e del Sud, e la cosa non ha creato nessun problema a nessuno. I denari infatti venivano prelevati dalle tasche di un soggetto assente: le generazioni future. Con l’arrivo dell’euro e l’ingresso nell’età adulta dei figli derubati dai padri, il giochetto non è più stato possibile. Il debito italiano non può più crescere, le generazioni dei venti-trentenni guadagnano meno di quelle che le hanno precedute e non capiscono perché. Gli unici che potrebbero dare i soldi al Sud sono quelli del Nord. Però stavolta togliendoseli di tasca loro.
• Mi pare difficile.
Soprattutto se i trasferimenti fossero a fondo perduto. Quindi si tratterebbe di far politica stabilendo in che modo il Sud potrebbe porsi il problema della propria redditività, cioè non vivere più dei trasferimenti dal centro, ma puntare alla creazione di ricchezza con le sue proprie forze e con vantaggio generale anche per il Nord. In una prospettiva politica di questo genere, non sarebbero troppo scandalosi aiuti, anticipi e linee di credito agevolate, sempre naturalmente all’interno della normativa europea. A me piace molo l’idea della “no tax area”.
• Sarebbe?
Esentare dalle tasse il Mezzogiorno e sospendere contemporaneamente i trasferimenti dal centro al Sud. Un modo, magari brusco, ma che potrebbe aiutare a ricominciare.
(leggi)