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 2009  dicembre 24 Giovedì calendario

G2 o G20? Ecco i club del potere mondiale di Gideon Rachman per la Stampa - I teologi della scolastica medievale sono noti per essersi divertiti a discutere su quanti angeli potessero trovare posto sulla punta di uno spillo

G2 o G20? Ecco i club del potere mondiale di Gideon Rachman per la Stampa - I teologi della scolastica medievale sono noti per essersi divertiti a discutere su quanti angeli potessero trovare posto sulla punta di uno spillo. Un dibattito equivalente, oggi, potrebbe essere quello su quale numero debba trovare posto dopo la lettera G. In effetti, ci sono parecchi gruppi che si disputano il privilegio di essere il forum principale in cui i leader mondiali debbano discutere. Il G20 ha finito, nel 2009, per rimpiazzare il vecchio G8. Ma non è l’ultima puntata della storia. Nel 2010 il G20 dovrà affrontare un nuovo sfidante: il G2. Ma a rendere le cose ancora più confuse, le lobby mondiali sono già al lavoro per imporre il G13 oppure il G3. Sarebbe ingenuo aspettarsi che il dibattito porti a una decisione definitiva. L’ipotesi più probabile è che il G20 finisca per imporsi come il più importante centro di discussione tra le potenze. Il tentativo di semplificare tutto in un tête-à-tête tra Cina e Usa nel G2 non avrà successo. Per quanto riguarda il G8, tutto sommato una lobby occidentale, continuerà il suo declino, fino a diventare irrilevante. Mentre il G13 non riuscirà a decollare. La composizione del G20 sarà probabilmente l’istituzione più duratura nata in conseguenza della crisi finanziaria. Ma già prima della catastrofe la comunità internazionale era consapevole che le grandi istituzioni mondiali, come il Consiglio di sicurezza dell’Onu e il G8, non erano più adeguate alla realtà delle potenze del XXI secolo. Tuttavia ci è voluto una crisi economica globale per costringere tutti al cambiamento. A dire il vero il G20 si era già formato, a livello di ministri delle Finanze, per rispondere alla crisi asiatica degli Anni 90. Tra i suoi membri ci sono i giganti delle economie emergenti – Cina, India e Brasile – e insieme rappresentano l’85% del Pil mondiale. E siccome le materie di discussione sono esclusivamente economiche, gli Stati possono evitare gli scivolosi dibattiti politici. Il successo del G20, fin dal summit nel novembre 2008 a Washington, ha sorpreso gli scettici. E’ vero che alcune delle promesse iniziali - come la lotta al protezionismo – non sono state mantenute. Ma nel secondo vertice, a Londra, i leader hanno mostrato di poter lavorare assieme, impegnandosi in un’ulteriore politica di stimoli e concedendo più risorse all’Fmi. Il summit ha segnato il punto di svolta nella crisi, ha ridato fiducia a investitori e uomini d’affari. E nel vertice di Pittsburgh del settembre 2009 è stato annunciato che il G20 avrebbe sostituito il G8 come principale organo di discussione e coordinamento per le politiche economiche. Così il G8 è diventato un semplice gruppo di pressione nel G20. Il tallone d’Achille del G20 sono le dimensioni: a Pittsburgh erano seduti al tavolo in 33, includendo le organizzazioni internazionali e regionali, come Banca Mondiale e Asean. Per i critici il G20 rischia di diventare una piccola Onu. Di qui l’idea di ridurlo a un G13: il G8 più Cina, India, Sud Africa, Brasile e Messico. Una soluzione più radicale sarebbe optare per un G2 composto da Cina e Usa. La soluzione della maggior parte delle più grandi questioni mondiali – dai cambiamenti climatici agli squilibri economici, dal tasso di cambio fra le monete alla non proliferazione nucleare – dipende soprattutto dall’accordo tra le due maggiori economie. La cornice istituzionale per questo dialogo esiste. Nel 2009 il summit tra Cina e America è stato ribattezzato «Dialogo strategico ed economico», sottolineando che le sue competenze si erano allargate. Ma il G2 non è destinato a diventare il forum più importante, almeno per quest’anno. Non conviene né a Pechino né a Washington elevarne lo status. I cinesi hanno beneficiato di un relativo riequilibrio del potere mondiale, dovuto alla crisi. Ma sanno che sono ancora lontani da un dialogo alla pari con gli americani. Gli Usa sono molto più ricchi della Cina, con un’economia più grande e sofisticata e una potenza militare che può raggiungere tutto il Pianeta. Ma anche gli americani hanno le loro ragioni per non elevare il G2. L’amministrazione Obama è convinta che abbia più senso includere anche le grandi democrazie, come Ue e Giappone, nelle discussioni con la Cina. L’Ue spera di formare un G3, con Usa e Cina. Ma è un’idea prematura. Per tutte queste ragioni sarà il G20, piuttosto che il G2 o il G3, a vincere la gara tra i «G e qualcosa» nel 2010.