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 2009  dicembre 24 Giovedì calendario

Storia del presepe da San Francesco al web di Armando Torno per il Corriere della Sera - Ha ragione la scuola elementare Manzoni di Cremona che da qualche anno, per integrare bambini di diversa origine culturale e religiosa, organizza, al posto del Natale, delle attività chiamate «Festa delle luci»? In esse è possibile far rientrare l’ incarnazione di Dio? Non ce la sentiamo di rispondere con un secco «sì» o con un naturale «no», ricordiamo soltanto che il giorno in cui nacque Gesù è una convenzione

Storia del presepe da San Francesco al web di Armando Torno per il Corriere della Sera - Ha ragione la scuola elementare Manzoni di Cremona che da qualche anno, per integrare bambini di diversa origine culturale e religiosa, organizza, al posto del Natale, delle attività chiamate «Festa delle luci»? In esse è possibile far rientrare l’ incarnazione di Dio? Non ce la sentiamo di rispondere con un secco «sì» o con un naturale «no», ricordiamo soltanto che il giorno in cui nacque Gesù è una convenzione. Sostituì una festa pagana voluta dall’ imperatore Aureliano il 25 dicembre 274: il «Dies Natalis Solis Invicti», ovvero, il «Giorno di nascita del Sole Invitto». Proprio il dio-sole, ovvero la luce e i suoi eventi metafisici e cosmici. La giornata, che si innestava sulla festa romana dei saturnali, tornò comoda poi al cristianesimo per evocare la venuta nel mondo del «vero Dio», basandosi su una tradizione seguita da numerosi Padri della Chiesa, gli stessi che il 25 dicembre cominciarono a tenere omelie sulla nascita di Gesù. Del resto, già qualche lustro non molto in là del decreto di Aureliano spuntano effigi parietali nei cimiteri e nelle catacombe di Roma: si cominciano a vedere le scene della nascita e l’ adorazione dei Magi. A questi Re, ai quali i testi canonici non danno nome né numero, il vangelo apocrifo armeno assegnerà quelli di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Le presenze che ruotano intorno alla culla del Salvatore si animano e moltiplicano nel volgere di breve tempo, caricandosi di significati: sembra sia stato Origene a portare definitivamente il bue e l’ asino, che diventarono simboli degli ebrei e dei pagani; i Magi, registrati nel Vangelo di Matteo, vengono fissati a tre dall’ autorità di San Leone Magno e subito attirano interpretazioni - non escluse talune di origine pitagorica - mentre i lori doni diventano segno di divinità (incenso), umanità (mirra), regalità (l’ oro, riservato ai re). I pastori, già ricordati nel Vangelo di Luca, entrano nel presepe senza lunghe attese e rappresentano l’ uomo da redimere; le figure di Maria e Giuseppe, almeno a partire dal XIII secolo, assumeranno un atteggiamento di adorazione per sottolineare l’ origine regale dell’ infante. Oggi è possibile il presepe elettronico grazie a programmi scaricabili facilmente da Internet. Un giorno ci mettiamo Maria e l’ altro Giuseppe, a Natale facciamo apparire Gesù; bue e asino possiamo sceglierli a seconda delle razze che vediamo, mentre ai pastori si aggiunge chi passa, compresi i motociclisti che arrivano alla grotta prima degli angeli. Certo, non manca chi ha ricordato che i poveri della Terra, ancora in aumento, sono il vero presepe di Cristo nel mondo contemporaneo. Ma la rappresentazione della nascita di Gesù, il presepe appunto, non è possibile definirla e da sempre attira le fantasie. Si formò lentamente con l’ arte, la fede e il bisogno popolare di vedere il Salvatore, aggiungendo quei particolari che i vangeli canonici di Matteo e Luca tacciono. Quel presepe che realizziamo in casa o che ammiriamo in una chiesa ha la sua origine, stando alla tradizione, da San Francesco. Il «poverello» di Assisi concepì la nascita di Betlemme in uno scenario naturale, con personaggi reali che si potevano incontrare per strada: pastori, contadini, frati, nobili. Furono tutti coinvolti nella rievocazione che ebbe luogo a Greccio la notte di Natale del 1223; l’ episodio sarà poi immortalato da Giotto nell’ affresco della Basilica Superiore di Assisi. Invece il primo esempio di presepe inanimato è quello in legno che Arnolfo di Cambio scolpì nel XIII secolo e di cui oggi restano alcune statue nella cripta della Cappella Sistina di Santa Maria Maggiore in Roma. Non è esagerato affermare che già dalla fine del IV secolo la Natività diventa uno dei temi dell’ arte religiosa. E dopo un millennio domina l’ ispirazione dei sommi. Da essi sarà continuamente trasformata nei presepi dell’ arte, carichi di simboli. I nomi più celebri, da Giotto a Piero della Francesca, dal Perugino a Dürer, da Rembrandt a Poussin, da Zurbaran a Murillo a Rubens lasciano traccia indelebile nell’ immaginario occidentale. una storia infinita che già alla metà del secolo XV, per opera di plasticatori in terracotta (tra i primi i Della Robbia) vede saggi di composizione mista, scultura e pittura. In Italia gli animi si infiammarono per i presepi. A Napoli il genere avrà grande fortuna, soprattutto in terracotta e in legno: quello di San Giovanni in Carbonara - correva il 1484 - segna l’ inizio di una tradizione ancora viva. Ma, come si suol dire, all’ ombra del Vesuvio accade un miracolo, giacché si aggiunge già agli inizi l’ omaggio al Bambinello dei Profeti e delle Sibille. Il presepe napoletano per eccellenza, con un artigianato specializzato nella scenografia (legno, sughero, cartapesta eccetera), si deve a Carlo III di Borbone, che entrò in città il 10 maggio 1734. Dopo di lui nascono, anche se non mancano esempi nel ’ 600, le impronte naturalistiche che inseriscono la rappresentazione nel paesaggio campano (compresi i resti dei templi) con scorci di vita e personaggi dediti alle occupazioni quotidiane o in un momento di svago: nelle taverne o impegnati in balli e serenate. Le statue diventeranno anche manichini di legno, abbigliati con indumenti dell’ epoca e muniti degli strumenti di diletto o di lavoro, tipici dei mestieri esercitati, riprodotti nei minimi particolari. Morale: il presepe è l’ Occidente. Con le fantasie, l’ arte e la fede che ha avuto. Non è un atto politico. Non è una festa della luce (anche se l’ ha sostituita).