Paolo Foschini, Corriere della Sera 24/12/2009, 24 dicembre 2009
Le venticinque «natività» di casa Tettamanzi. Anche sul microonde e sulla sciarpa del Dalai Lama di Paolo Foschini per il Corriere della Sera - Venticinque sono
Le venticinque «natività» di casa Tettamanzi. Anche sul microonde e sulla sciarpa del Dalai Lama di Paolo Foschini per il Corriere della Sera - Venticinque sono. Alcuni maestosamente potenti come la grande creta dello scultore Alberto Ceppi da Meda, con i capelli della Madonna fusi nel suo mantello al vento e Giuseppe quasi risucchiato in quel vortice: forse uno dei rarissimi casi al mondo in cui è lui, e non Maria, a tenere in braccio il neonato Gesù. Altri talmente essenziali da non poter evocare che il più struggente da sempre di tutti gli auguri natalizi, come la minuscola Sacra Famiglia qui inginocchiata sulla sciarpa bianca del Dalai Lama: e pace in terra agli uomini, appunto, di buona volontà. Sono solo due dei presepi che abitano la casa del cardinale Dionigi Tettamanzi a Milano. Più «natività» che presepi in senso tecnico, per dire il vero. Niente personaggi o scene di contorno: solo l’ Evento di quella nascita, moltiplicata per venticinque volte. Sin da quel primo salone che solo la grandezza del Cinquecento poteva permettersi di chiamare «ingresso» è una Madonna con Bambino - ceramica di Francesco Pinton - la prima cosa che ti accoglie su una mensola lì a destra. Dalle pareti altissime ti stanno guardando i ritratti a olio di tutti i cardinali milanesi del Novecento: Schuster, Montini, Martini... ecco, anche Tettamanzi. Che in questo momento però è fuori: Milano è la più vasta Diocesi del mondo, di tempi morti per il suo pastore ce ne sono pochi sempre e figurarsi a Natale. Così continui a camminare in silenzio. E una sala dopo l’ altra «loro» sono ovunque: sempre Maria, Giuseppe e il Bambino realizzati qui dalle suore di Betlemme, lì dagli intagliatori della Val Gardena, là a destra in legno d’ ulivo ligure, più avanti in pietra pomice, arrivati dall’ Africa con un missionario. Si arriva alla sala delle udienze: «La natività aperta sull’ altare è un trittico del Quattrocento», spiega la tua guida. lì che metti a fuoco in che palazzo sei: cioè lo stesso in cui, da prima di San Carlo Borromeo, hanno vissuto tutti i cardinali di Milano. Lo stesso dove ancora, all’ ultimo piano, esiste uguale a cinque secoli fa la piccola cella interamente dipinta in cui Carlo si ritirava a pregare. Ecco l’ affresco con la scena del famoso attentato, quando l’ ex frate Gerolamo Donato, una sera del 1569, con un archibugio caricato a «palle e quadretti», sparò al santo che miracolosamente si salvò: anche se il suo perdono, va detto, non salvò dal patibolo né l’ attentatore né i suoi tre complici. E ti chiedi: ma come fa un cardinale, quando alla sera torna, a sentirsi a «casa»? Si sente a «casa» in questo salottino, eccolo qui a destra, in cui Schuster incontrò Mussolini prima dell’ ultima fuga? Su questi pavimenti con l’ eco? Poi però vai avanti ancora. Ecco la cappella dove Tettamanzi, ogni mattina alle sette e mezzo, dice la sua prima messa: la sciarpa del Dalai Lama è lì accanto, regalo della sua visita di qualche anno fa. La grande biblioteca con migliaia di volumi, lo studio, su uno scaffale ci sono quattro faldoni con su scritto «Riservato - Diari e riflessioni». Quasi casa. Fino al presepe forse più bello. quando arrivi in cucina. Oltre quello che una volta si sarebbe chiamato «tinello», dove Tettamanzi fa colazione, e dopo la stanza da pranzo vera e propria con la tv e il lettore dvd. Il presepe questa volta è una natività dipinta su un vetro, da mani vistosamente bambine. appoggiato, semplicemente, su un fornetto a microonde. Ed è l’ ultimo che il cardinale guarda ogni sera prima di andarsene a dormire. A casa.