
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri è cominciata a Copenaghen la Conferenza sul clima voluta dall’Onu.
• Obiettivo?
Trovare un accordo tra i Paesi del mondo per ridurre le emissioni di gas serra. I gas serra, glielo dico schematicamente sono quei gas che non si disperdono, ma restano sospesi nell’atmosfera. Formano quindi una cappa che contribuisce al riscaldamento della Terra. I principali gas serra: metano, ozono, vapore acqueo, l’ossido nitroso, un bel gruppo di molecole combinate col fluoro e, naturalmente, l’anidride carbonica, il cui guaio è soprattutto di essere molto abbondante. Questo aumento dei gas serra e del riscaldamento globale è prodotto soprattutto dall’uomo oppure è prodotto dall’uomo in modo trascurabile? una discussione nella quale oggi non voglio neanche entrare. Poiché emettere gas serra significa inquinare, sarà bene diminuire l’emissione di gas serra in ogni caso. Per mettersi d’accordo su questo, stimolati dall’Onu, si sono riuniti i rappresentanti di 192 Paesi. la quindicesima conferenza climatica organizzata dall’Onu.
• Roba che ha a che vedere col protocollo di Kyoto e simili?
Sì. Ci sono due guai. Uno è il numero enorme di partecipanti. I danesi, che guidano i lavori, hanno messo a disposizione il Bella Center, 122 mila metri quadrati di superficie. un centro capace di contenere 15 mila persone e avevano pensato che sarebbe bastato. Invece si sono presentati, giornalisti compresi, in più di trentamila! Dovranno entrare a turno, sarà contingentata anche la stampa. Uno dei risultati sarà che la Conferenza, convocata per ridurre l’inquinamento, inquinerà mica male. Il rischio di non arrivare a nessun risultato concreto anche a causa del sovraffollamento, e dell’impossibilità di lavorare bene, esiste.
• Il secondo guaio?
Qualunque discorso è bloccato fino a che non si capisce che intenzioni hanno gli Stati Uniti. Un quinto dei gas serra prodotti dall’uomo è americano. Un altro quinto è cinese. Ma mentre i cinesi sono un miliardo e mezzo, gli americani sono 300 milioni. Questo significa che ogni abitante degli Usa emette 19,4 tonnellate di (per esempio) anidride carbonica, mentre ogni cinese è responsabile per 5,1 tonnellate. Fanno peggio dei cinesi anche gli europei: 8,6 tonnellate a testa. Obama, che a differenza di Bush persegue una politica verde, ha preparato un piano che prevede un abbattimento delle emissioni del 17%, rispetto al 2005, entro il 2020. La Camera gliel’ha approvato, il Senato sta facendo le barricate. Che cosa dirà il presidente a Copenaghen? Perché è chiaro che nessuno è disposto a far sacrifici, cioè a inquinare di meno, se non cominciano proprio gli Stati Uniti.
• C’era il discorso di cinesi e indiani che dicevano: voi avete inquinato senza remore mentre vi sviluppavate, adesso che ci stiamo sviluppando noi non potete metterci i bastoni tra le ruote.
India, Cina, Brasile e Sudafrica fanno adesso un discorso diverso. Possiamo riassumerlo così: dateci dei soldi e noi inquineremo meno. Lula, il presidente del Brasile, ha precisato che vuole 300 miliardi di dollari e promette che, quando li avrà ricevuti, li investirà tutti sulla diminuzione delle emissioni. I sudafricani si dicono pronti a tagliare il 34% entro il 2020 e il 42% entro il 2025, ma all’interno di un accordo internazionale e di aiuti finanziari e tecnologici. Idem gli indiani: sono pronti a una riduzione volontaria del 20-25%. I cinesi l’altro giorno hanno fatto scrivere al Peking News , organo ufficiale del Partito comunista, che «i poveri non devono pagare al di là delle proprie capacità». I cinesi per il 70 per cento vanno a carbone, e nella classifica delle sedici città più inquinate del pianeta, dieci sono loro. Se gridano di essere poveri è perché vogliono soldi anche loro.
• Gli italiani?
Si sono presentati con una dichiarazione di Frattini e Prestigiacomo (rispettivamente ministri degli Esteri e dell’Ambiente): «L’Italia vuole un accordo politico vincolante: non possiamo accettare intese che siano vincolanti per qualcuno e un optional per altri». Hanno ragione. Il guaio dell’impegno vincolante per tutti è che bisogna mettersi d’accordo poi sulle sanzioni per chi continua a fare di testa sua: in che consistono, chi le decide? Proprio l’Italia sarebbe una da sanzionare: in base alle tabelle di Kyoto deve ridurre le sue emissioni di anidride carbonica del 6,5% entro il 2012. A fine 2008 – in base ai dati diffusi da Legambiente – il nostro tasso di emissioni risulta invece aumentato del 12,1. Potremmo rifarci col 2020, quando ci si chiede di ridurre le emissioni del 13%. Chissà. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 8/12/2009]
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