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 2009  dicembre 08 Martedì calendario

Ieri è cominciata a Copenaghen la Conferenza sul clima voluta dall’Onu.• Obiettivo?Trovare un accordo tra i Paesi del mondo per ridurre le emis­sioni di gas serra

Ieri è cominciata a Copenaghen la Conferenza sul clima voluta dall’Onu.

Obiettivo?
Trovare un accordo tra i Paesi del mondo per ridurre le emis­sioni di gas serra. I gas serra, glielo dico schematicamente ­sono quei gas che non si disper­dono, ma restano sospesi nel­l’atmosfera. Formano quindi una cappa che contribuisce al ri­scaldamento della Terra. I prin­cipali gas serra: metano, ozo­no, vapore acqueo, l’ossido ni­troso, un bel gruppo di moleco­le combinate col fluoro e, natu­ralmente, l’anidride carbonica, il cui guaio è soprattutto di esse­re molto abbondante. Questo aumento dei gas serra e del ri­scaldamento globale è prodot­to soprattutto dall’uomo oppu­re è prodotto dall’uomo in mo­do trascurabile? una discus­sione nella quale oggi non vo­glio neanche entrare. Poiché emettere gas serra significa in­quinare, sarà bene diminuire l’emissione di gas serra in ogni caso. Per mettersi d’accordo su questo, sti­molati dall’Onu, si so­no riuniti i rappresen­tanti di 192 Paesi. la quindicesima confe­renza climatica or­ganizzata dall’Onu.

Roba che ha a che vedere col protocollo di Kyoto e simili?
Sì. Ci sono due guai. Uno è il numero enorme di partecipan­ti. I danesi, che guidano i lavo­ri, hanno messo a disposizione il Bella Center, 122 mila metri quadrati di superficie. un cen­tro capace di contenere 15 mila persone e avevano pensato che sarebbe bastato. Invece si sono presentati, giornalisti compre­si, in più di trentamila! Dovran­no entrare a turno, sarà contin­gentata anche la stampa. Uno dei risultati sarà che la Confe­renza, convocata per ridurre l’inquinamento, inquinerà mi­ca male. Il rischio di non arriva­re a nessun risultato concreto anche a causa del sovraffolla­mento, e dell’impossibilità di la­vorare bene, esiste.

Il secondo guaio?
Qualunque discorso è bloccato fino a che non si capisce che in­tenzioni hanno gli Stati Uniti. Un quinto dei gas serra prodot­ti dall’uomo è americano. Un al­tro quinto è cinese. Ma mentre i cinesi sono un miliardo e mez­zo, gli americani sono 300 mi­lioni. Questo significa che ogni abitante degli Usa emette 19,4 tonnellate di (per esempio) ani­dride carbonica, mentre ogni ci­nese è responsabile per 5,1 ton­nellate. Fanno peggio dei cine­si anche gli europei: 8,6 tonnel­late a testa. Obama, che a diffe­renza di Bush persegue una po­litica verde, ha preparato un piano che prevede un abbatti­mento delle emissioni del 17%, rispetto al 2005, entro il 2020. La Camera gliel’ha approvato, il Senato sta facendo le barrica­te. Che cosa dirà il presidente a Copenaghen? Perché è chiaro che nessuno è disposto a far sa­crifici, cioè a inquinare di me­no, se non cominciano proprio gli Stati Uniti.

C’era il discorso di cinesi e in­diani che dicevano: voi ave­te inquinato senza re­more mentre vi svi­luppavate, adesso che ci stia­mo sviluppando noi non potete metterci i bastoni tra le ruote.
India, Cina, Brasile e Sudafrica fanno adesso un discorso diver­so. Possiamo riassumerlo così: dateci dei soldi e noi inquinere­mo meno. Lula, il presidente del Brasile, ha precisato che vuole 300 miliardi di dollari e promette che, quando li avrà ri­cevuti, li investirà tutti sulla di­minuzione delle emissioni. I su­dafricani si dicono pronti a ta­gliare il 34% entro il 2020 e il 42% entro il 2025, ma all’inter­no di un accordo internaziona­le e di aiuti finanziari e tecnolo­gici. Idem gli indiani: sono pronti a una riduzione volonta­ria del 20-25%. I cinesi l’altro giorno hanno fatto scrivere al Peking News , organo ufficiale del Partito comunista, che «i po­veri non devono pagare al di là delle proprie capacità». I cinesi per il 70 per cento vanno a car­bone, e nella classifica delle se­dici città più inquinate del pia­neta, dieci sono loro. Se grida­no di essere poveri è perché vo­gliono soldi anche loro.

Gli italiani?
Si sono presentati con una di­chiarazione di Frattini e Presti­giacomo (rispettivamente mini­stri degli Esteri e dell’Ambien­te): «L’Italia vuole un accordo politico vincolante: non possia­mo accettare intese che siano vincolanti per qualcuno e un op­tional per altri». Hanno ragio­ne. Il guaio dell’impegno vinco­lante per tutti è che bisogna mettersi d’accordo poi sulle san­zioni per chi continua a fare di testa sua: in che consistono, chi le decide? Proprio l’Italia sareb­be una da sanzionare: in base alle tabelle di Kyoto deve ridur­re le sue emissioni di anidride carbonica del 6,5% entro il 2012. A fine 2008 – in base ai dati diffusi da Legambiente – il nostro tasso di emissioni risulta invece aumentato del 12,1. Po­tremmo rifarci col 2020, quan­do ci si chiede di ridurre le emis­sioni del 13%. Chissà. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 8/12/2009]