Roberto Furlani, Corriere della sera, 8/12/2009, 8 dicembre 2009
ANIMALI A COLORI PER EVITARE GUAI
Cercare di passare inosservati con livree poco appariscenti è una regola d’oro se si vuole sopravvivere nel mondo animale. Capita però che molte specie animali come pesci, uccelli e insetti sfoggino invece cromatismi più o meno intensi in tutto il corpo o in alcune sue parti. «Darwin – sottolinea Gregory Grether, docente di ecologia e di biologia evoluzionistica all’Università della California (Usa) – attribuì la presenza dei colori brillanti alla selezione sessuale, per attrarre i partner con cui riprodursi. La presenza di colori può però anche evitare di essere attaccati per sbaglio, come abbiamo evidenziato con le nostre ricerche». Grether e Christopher Anderson hanno raccontato su Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences gli studi effettuati sulle damigelle, insetti imparenti con le libellule.
«L’evoluzione – spiega Grether – ha dotato i maschi delle damigelle, appartenenti a specie differenti, di una diversa colorazione delle ali, però solo nelle aree dove queste specie coabitano naturalmente. Ciò facilita ovviamente il riconoscimento tra gli individui e provoca comportamenti differenti a seconda della presenza o meno di alcuni particolari cromatici, come i puntini rossi o una pigmentazione nera. Gli atteggiamenti aggressivi sono rivolti quindi solo ed esclusivamente verso rivali della propria specie». «Konrad Lorenz – continua Grether – affermava che l’accesa colorazioni dei pesci delle barriere coralline è dovuta, probabilmente, all’opera di selezione dell’evoluzione per evitare aggressioni tra specie differenti. Non è vantaggioso infatti attaccare specie che coabitano negli stessi spazi ma che non sono competitive per il cibo o per la riproduzione. Ora sappiamo che l’ipotesi di Lorenz non può spiegare accuratamente la diversità di colore negli abitanti delle barriere, ma è valida per altri gruppi di animali ». Il mondo scientifico infatti, grazie alle apparecchiature sempre più sofisticate, ha incominciato a decifrare i cromatismi dei pesci delle barriere, per capire come i colori che ci appaiono così sgargianti vengono realmente percepiti dagli occhi dei pinnuti. Scoprendo così che il colore, per i pinnuti dei reef, non è solo una carta di identità.
Justin Marshall dell’Università del Queensland assieme a George Losey dell’Università delle Hawaii, complice la microspettofotometria, hanno studiato i pigmenti visivi e la fotosensibilità di diversi pesci, arrivando anche a misurare la lunghezza d’onda della luce riflessa dalle barriere coralline. Svelando così che il giallo e il blu che caratterizzano la livrea di pesci angelo reali e di altri inquilini delle barriere, tonalità per noi estremamente sgargianti, in realtà sono colori mimetici.
Gli organi visivi e il cervello di un predatore, soprattutto se si trova distante, non percepiscono infatti i dettagli e non distinguono le striature dei pesci angelo reale, quando nuotano con la barriera corallina sullo sfondo. La damigella reticolata, un pesce che appare bianco con delle bande nere, comunicherebbe invece in «codice» grazie a una macchia presente sulla sua pinna dorsale, che riflette i raggi ultravioletti invisibili a noi uomini e ai suoi predatori, come i barracuda.
A volte, in realtà, basta vestirsi in bianco e nero per farsi riconoscere. Jennifer Hunter, biologa americana, ha recentemente spiegato su Behavioral Ecology che la livrea delle puzzole unitamente alla caratteristica forma del corpo segnalano, in modo estremamente efficace, «state lontano!» ai predatori che hanno provato che cosa vuol dire essere investiti dalla mefitica arma di difesa del simpatico animale.