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 2009  dicembre 08 Martedì calendario

Le ragioni di un ingenuo che vuole essere ottimista- Sarò anche ingenuo, ma sono ottimista sui colloqui sul clima appena iniziati a Copenaghen

Le ragioni di un ingenuo che vuole essere ottimista- Sarò anche ingenuo, ma sono ottimista sui colloqui sul clima appena iniziati a Copenaghen. Il presidente Barack Obama ha intenzione di rivolgersi ai partecipanti l´ultimo giorno della Conferenza, il che lascia intuire che la Casa Bianca si aspetta risultati e progressi concreti. incoraggiante anche constatare che i Paesi in via di sviluppo - compresa la Cina, il Paese che produce la maggiore quantità al mondo di anidride carbonica - sono d´accordo sul fatto di dover essere parte a tutti gli effetti della soluzione. Naturalmente se a Copenaghen le cose andranno bene, i soliti sospetti si scateneranno: sentiremo urlare che il riscaldamento globale altro non è che una bufala ordita dagli scienziati, come dimostrato da alcuni messaggi di posta elettronica intercettati che provano… beh, provano soltanto che gli scienziati sono esseri umani anche loro (ma lasciamo perdere). Sentiremo anche dire che le iniziative per contrastare il cambiamento del clima distruggeranno posti di lavoro e ostacoleranno la crescita. La verità, invece, è che tagliare le emissioni di gas serra è fattibile e fondamentale. Molti studi seri confermano che potremmo ottenere una drastica riduzione delle emissioni con un impatto minimo sulla crescita dell´economia. E il fatto che l´economia sia in crisi non è un buon motivo per aspettare o procrastinare: al contrario, un accordo a Copenaghen probabilmente gioverebbe alla ripresa dell´economia. Perché si dovrebbe credere davvero che ridurre le emissioni è fattibile? Semplice, prima di tutto perché gli incentivi finanziari funzionano. Gli interventi sul clima, se saranno presi, assumeranno la forma di provvedimenti "cap and trade": alle aziende non sarà imposto che cosa produrre o come produrlo, ma di acquistare i permessi pertinenti alle loro quote di emissione di anidride carbonica e altri gas serra. Di conseguenza, esse saranno in grado di aumentare i loro utili soltanto se produrranno meno CO2: ci sono buoni motivi per credere che saranno stimolate a dar prova di creatività e ingegnosità per riuscirci. Come ha dimostrato un recente studio di McKinsey & Co. vi sono molteplici modi per ridurre le emissioni a costi relativamente contenuti: migliorando l´isolamento termico; perfezionando l´efficienza di macchinari e apparecchiature; moltiplicando il parco macchine e i camion più efficienti dal punto di vista dei consumi di carburante; diffondendo il ricorso all´energia solare, eolica e nucleare; e molto, molto altro ancora. Di una cosa si può star certi: offrendo i giusti incentivi, si troverebbero molte soluzioni. La verità è che i conservatori che prevedono una sorte funesta per l´economia se dovessimo ingaggiare una lotta al cambiamento del clima stanno tradendo i loro stessi principi: affermano infatti di credere che il capitalismo è estremamente adattabile, che la magia del mercato è in grado di affrontare qualsiasi problema. Per qualche strano motivo, però, insistono che il cap and trade - un sistema specificatamente messo a punto per far sì che gli incentivi di mercato siano messi in relazione diretta con i problemi ambientali - non funzionerà. Beh, si sbagliano. E si sbagliano ancora una volta, perché siamo già passati attraverso qualcosa di analogo. Le polemiche degli anni Ottanta sulle piogge acide da molti punti di vista furono proprio una sorta di prova generale dell´odierno scontro sul cambiamento climatico. Allora come adesso gli ideologi di destra smentirono e confutarono le opinioni scientifiche. Allora come adesso i gruppi industriali dichiararono che qualsiasi tentativo di ridurre le emissioni avrebbe inflitto gravi danni all´economia. E invece gli Stati Uniti negli anni Novanta hanno introdotto ugualmente un sistema "cap and trade" per il diossido di zolfo, e indovinate un po´? Lo stratagemma si è rivelato utile e ha assicurato una drastica riduzione dell´inquinamento con un costo inferiore a quello previsto. Ridurre i gas serra sarà sicuramente una sfida più vasta e più complessa, ma è molto probabile che anche in questo caso resteremo sorpresi da come sarà facile, una volta iniziato. Il Congressional Budget Office ha calcolato che entro il 2050 i limiti per le emissioni previsti dal disegno di legge presentato di recente ridurrebbero il Pil tra l´1 e il 3,5 per cento rispetto a quello che sarebbe altrimenti. Se però parcellizziamo tale differenza, scopriamo che i limiti alle emissioni rallenterebbero la crescita annuale dell´economia per i prossimi 40 anni di circa un ventesimo di punto percentuale: dal 2,37 per cento passerebbe al 2,32 per cento. Non si tratta di una grande differenza. Se il caso della pioggia acida ci ha insegnato qualcosa, scopriremo inoltre che i costi saranno addirittura inferiori a quelli previsti. E tuttavia: dovremmo dare il via a un progetto del genere proprio quando l´economia è depressa? Sì, certo. Anzi: è proprio questo il momento giusto per agire, perché una legge sul cambiamento del clima potrebbe incentivare una maggiore spesa per gli investimenti. Si prenda, per esempio, il caso di investimenti in edifici adibiti a uffici: al momento gli immobili sono vuoti, gli affitti in ribasso e non ci sono motivi per procedere alla costruzione di nuovi edifici. Supponiamo che una multinazionale che già possiede gli stabili dove lavora venga informata che nei prossimi anni ci saranno incentivi per chi renderà quegli edifici più efficienti dal punto di vista energetico. A quel punto potrebbe decidere di iniziare a installare dispositivi di nuova generazione per migliorare l´isolamento e l´efficienza energetica proprio nel periodo in cui è più facile reperire manodopera specializzata e i prezzi dei materiali sono bassi. Il medesimo ragionamento potrebbe applicarsi a molti settori dell´economia, col risultato che la legge a favore del cambiamento del clima potrebbe verosimilmente comportare un maggiore volume degli investimenti complessivi. E investire di più è esattamente ciò di cui necessita la nostra economia. Speriamo dunque che il mio ottimismo per Copenaghen sia giustificato. Arrivare a un´intesa largamente condivisa significherebbe salvare il pianeta con una spesa accessibile. E oltretutto ci aiuterebbe molto nell´attuale congiuntura economica. © New York Times - La Repubblica Traduzione di Anna Bissanti