Vittorio Da Rold, Il Sole-24 Ore 8/12/2009;, 8 dicembre 2009
TRICHET LANCIA L’ALLARME SU ATENE
Mentre il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, ammoniva ieri davanti all’Europarlamento, che la situazione in Grecia «è molto difficile e che sono necessarie misure coraggiose », sulle piazze di Atene migliaia di manifestanti si impegnavano con rinnovato vigore, attraverso lanci di bombe molotov, pietre e attacchi ai commis-sariati, a confermare l’esattezza della diagnosi del banchiere centrale di Eurolandia: la Grecia, anello debole della moneta unica, ha la febbre alta, ha i conti pubblici fuori controllo ed è sull’orlo della più grave crisi economica e sociale dal dopoguerra con S&P’s che potrebbe tagliare il rating.
Una situazione di grave tensione che domenica e ieri ha avuto il modo di manifestarsi in tutta la sua virulenza con cassonetti bruciati nelle strade del centro di Atene, lancio di gas lacrimogeni, attacchi a negozi e banche, e provocando circa 25 feriti e 350 fermi (tra cui cinque italiani poi rilasciati: il processo per direttissima è cominciato ieri e rischiano 30 mesi di carcere). Un’esplosione di violenza anarchica che ha preso a pretesto la ricorrenza per la commemorazione dell’uccisione dello studente Alexis Grigoropou-los, colpito un anno fa da un pro-iettile sparato da un poliziotto ancora in attesa di giudizio. Lo scorso anno la capitale, alla notizia della morte del quindicenne, fu messa a ferro e a fuoco da gruppi di anarchici incappucciati, i kukulofori, che si ritrovarono padroni della città, con la polizia completamente impreparata a reagire. Questa volta grazie allo schieramento tra piazza Omonia a piazza Syntagma, di 12mila uomini e alla determinazione politica del nuovo ministro degli Interni socialista, Michalis Chisocoidis, gli incidenti, seppure violenti ed estesi, sono stati meno gravi di quanto si poteva temere. La causa dell’insurrezione del dicembre 2008 però non è stata rimossa e cova sotto la cenere: la più alta disoccupazione giovanile di Eurolandia (18%).
Intanto cresce il nervosismo della Bce sulla deriva dei conti pubblici. «Servono decisioni coraggiose per rimettere il paese sulla strada giusta. Sono convinto che il governo greco farà quanto necessario», ha detto ieri Trichet. A preoccupare sono anche gli scontri sociali: il momento è talmente delicato da far temere il peggio, tanto che il vice presidente della Bce, il greco Lucas Papademos, è andato ad Atene nei giorni scorsi per un incontro non preannunciato con il premier George Papandreou.
Proprio ieri S&P’s ha spiegato di avere messo il rating sovrano (oggi A-) sotto osservazione. Il messaggio è preoccupante agli occhi della Bce. A un certo punto le obbligazioni greche potrebbero essere escluse dalla operazioni di rifinanziamento, tenuto conto che prima della crisi il limite per partecipare ai pronti contro termine era appunto A- e che l’accettazione in via eccezionale dei titoli BBB è prevista solo fino a fine 2010. La notizia ha portato lo spread con i bund tedeschi a 194 punti base. La Grecia appare particolarmente fragile: da un lato non sembra ci sia nel paese la consapevolezza della gravità della situazione, dall’altro, vi è la paura che Atene non riesca ad attirare capitali stranieri nelle aste di obbligazioni. Nei giorni scorsi è circolata la voce che la Cina potrebbe acquistare fino a 25 miliardi di euro di debito pubblico greco. Naturalmente l’iniezione di denaro fresco sarebbe benvenuta, ma equivarrebbe all’11%del Pil greco:sarebbe come se Pechino diventasse socio di minoranza di uno Stato membro della zona euro.
I primi a pagare il conto della politica di rigore saranno i 50mila giovani giovani illusi dal precedente governo Karamanlis. «Aveva ragione Pindaro quando diceva che gli dei accecano coloro che vogliono perdere», spiega Tania, 33 anni, laureata in lettere, riferendosi ai politici impotenti davanti alla crisi che assedia il Partenone come una nuova invasione barbarica. Tania, nei giorni scorsi protestava davanti al ministero delle Finanze con altri centinaia di colleghi perché a fine mese perderà lo stage che dal 2003 le consente di guadagnare 400 euro al mese. «Sì- ammette- i dipendenti pubblici sono troppi ma io dove troverò un lavoro visto che il turismo è in calo del 20% e il settore navale soffre? Se perdo il lavoro non è forse questo il segno del fallimento dell’Europa costruita per dare un futuro di pace e prosperità ai suoi giovani?».
Tania è una dei 20mila stagisti (ma alcune fonti parlano di 50mila) a cui non verrà rinnovato il contratto dal nuovo governo socialista di Papandreou, costretto a questa scelta dalla voragine dei conti pubblici lasciata in eredità dal conservatore Costas Karamanlis (deficit al 12,7%). Ma come è potuta formarsi la bolla del lavoro? Nel 2003, Karamanlis dà inizio agli stage di massa nella Pa, ma in Grecia il sistema da transitorio diventa permanente.
Un meccanismo perverso che all’inizio sembra funzionare: gli stagisti hanno un lavoro; gli impiegati sono felici di potersi assentare visto che hanno volenterosi sostituti; i politici hanno il potere clientelare di rinnovare i contratti e riducono artificialmente la disoccupazione. Un giochetto che come tutte le bolle provoca il deragliamento dei conti pubblici e lascia in strada 50mila persone.