Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
A Copenaghen le manifestazioni, gli arresti, gli incidenti hanno fatto passare in secondo piano, per un giorno, i contenuti della discussione in corso intorno al clima. I lavori oggi sono sospesi e si concluderanno venerdì prossimo con l’arrivo del presidente degli Stati Uniti, che tutti considerano l’uomo-chiave del problema. Barack Obama vuole varare una legge che imponga un taglio nell’emissione dei gas serra, ma questa legge è ferma al Senato. D’altra parte, se gli americani non si mettono alla testa del movimento ambientalista è difficile che gli altri accettino sacrifici e limiti allo sviluppo. Gli Usa sono i maggiori inquinatori del mondo e, come hanno detto l’altro giorno i delegati dei Paesi africani, devono cambiare il modo di produrre e quello di consumare: altrimenti qualunque documento sottoscritto, qualunque impegno annunciato resterà carta straccia.
• Parliamo degli incidenti.
Ma niente. Copenhagen era nervosa dal primo giorno, come abbiamo detto, con piccoli gruppi di ambientalisti a fare sit in nei luoghi-chiave della Conferenza, inalberando cartelli e scrivendo slogan sul selciato. Ieri, alle due del pomeriggio, è partito un corteo dal Parlamento, davanti a Christiansborg Castle, ha percorso sei chilometri per attraversare la città e raggiungere il Bella Center, la grande struttura dove si svolgono i lavori della Conferenza. La manifestazione era organizzata da 515 associazioni appartenenti a 67 Paesi diversi. Alla fine c’è stata una veglia illuminata da candele. Ha parlato il premio Nobel Desmond Tutu. Gli ambientalisti in marcia reclamavano dai partecipanti alla Conferenza un accordo forte per combattere il riscaldamento globale. Si tratta di persone assolutamente convinte che il riscaldamento globale sia provocato dall’attività dell’uomo. Un punto, ci tengo a ricordarlo, molto controverso e ancora più dubbio da quando si è scoperto un fitto giro di e-mail nelle quali gli scienziati che si dicono convinti dell’origine antropica del riscaldamento si mettevano d’accordo sulle modifiche da apportare ai dati disponibili perché le loro tesi non venissero messe in discussione. Di tutto questo a Copenaghen non s’è fatta naturalmente parola. In ogni caso: durante la manifestazione, pacifica al 90%, un gruppo di 300 black-bloc che s’era sistemato nella coda del serpentone ha circondato le camionette della polizia. Ne è nata una serie di scontri, il cui bilancio è: 600 arresti e due feriti, un agente colpito da un pezzo di pavé e un dimostrante che s’è fatto male da solo con un petardo che tentava di far esplodere.
• Scontri non gravi, quindi.
No, anche se fanno sempre impressione. Manifestazioni, cortei, incidenti si erano verificati anche nei giorni precedenti. I fermi preventivi messi in atto fino a venerdì sono stati una settantina: i contestatori sono stati fermati prima che facessero alcunché e tenuti per 12 ore segregati in strutture di detenzione create apposta. Hanno fermato anche 7-8 italiani e tra questi il nipote del sindaco di Venezia, Tommaso Cacciari.
• Ma i black-bloc che vogliono? E perché si chiamano così?
Vestono di nero e gridano contro le multinazionali. Non c’è apparentemente nessuna strategia: testimoniano, attraverso la rabbia, il disagio di una certa piccola borghesia mondiale che la crisi schiaccia implacabilmente. Erano anche ad Atene a far fuoco e fiamme in un contesto problematico completamente diverso da quello di Copenaghen. Come gli ultrà del calcio, hanno un solo, vero nemico: i cops , cioè i poliziotti. Il loro bersaglio preferito è naturalmente McDonald’s, simbolo assoluto della globalizzazione. A Copenaghen, McDonald’s è stato protetto come se si trattasse di San Pietro. Hanno fatto sapere che oggi tenteranno di bloccare il porto. Ma forse sono già un fenomeno in declino.
• Per il resto, la conferenza che cosa ha deciso?
Gli europei metteranno a disposizione dei Paesi poveri 7,2 miliardi di euro in tre anni. I Paesi poveri ne chiedevano almeno 30. In ogni caso: con i sette miliardi, questi Paesi dovrebbero ripulire i loro cieli. I 27 Stati dell’Unione europea si sono poi detti disponibili a tagliare entro il 2020 del 30% le loro emissioni di gas serra in modo da limitare a 1,5-2 gradi l’aumento massimo delle temperature. Tutto questo è contenuto in due documenti, per il resto molto vaghi, che costituiscono la traccia da sottoporre ai ministri dei vari Paesi che stanno arrivano in Danimarca.
• Dall’Italia chi viene?
Stefania Prestigiacomo, naturalmente. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 13/12/2009]
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