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 2009  dicembre 13 Domenica calendario

BERLINO

Paul Volcker non ha mai fatto molto per in­graziarsi i politici o il merca­to. Non lo ha fatto quando da presidente della Federal Ri­serve provocò una recessio­ne negli Stati Uniti pur di spezzare la spirale dei prezzi. E non lo fa neanche ora che ha 83 anni e guida il gruppo dei consiglieri speciali di Ba­rack Obama per la ripresa, do­po aver aiutato l’attuale presi­dente lungo tutta la campa­gna elettorale.

Neanche a Obama Paul Vol­cker fa sconti, con il deficit pubblico americano attorno al 12% del prodotto lordo e dunque vicino al livello della Grecia. Proprio le crisi di Ate­ne e Dubai mandano un chia­ro messaggio, nota Volcker in una pausa dell’incontro di Berlino del «Center on Capita­lism and Society» della Co­lumbia University. «I governi devono capire che non c’è in giro una quantità illimitata di credito che il mondo è dispo­sto a fornire loro. Da ora in poi dovranno essere molto cauti».

Sull’Italia e il suo debito l’ex presidente della Fed non si lascia sfuggire un solo com­mento («anche se conosco la situazione»). Sugli Stati Uniti invece il giudizio è netto: «Quando l’economia si rinfor­za bisognerà riportare il defi­cit sotto controllo e il presi­dente Obama lo sa bene», ta­glia corto. Ma invertire la rot­ta dopo la recessione non sa­rà facile e Volcker questo al­l’amministrazione lo conce­de. «Si possono risanare i conti solo in due modi, ta­gliando le spese o alzando le tasse, ed entrambe sono scel­te impopolari». Volcker in re­altà lascia capire cosa fareb­be, se dipendesse da lui: in­centivi fiscali alle imprese, ma più tasse sui consumi. «In America dobbiamo passa­re da un modello basato sulla spesa delle famiglia a un al­tro fondato sugli investimen­ti e sull’export – dice - . Non sarà indolore, ma il risana­mento del deficit può aiutare la riconversione».

C’è però un altro dilemma, e riguarda poi la scelta del momento giusto per tirare il freno. «L’economia america­na dipende ancora dallo sti­molo di bilancio – ammette ­e i mercati finanziari dipendo­no dal fatto che la Fed com­pra una gran massa di titoli». Se la banca centrale ritirasse la liquidità, le quotazioni fi­nanziarie rischierebbero un’altra drastica caduta; se Obama riducesse il deficit troppo in fretta, un’altra re­cessione potrebbe essere die­tro l’angolo.

Per questo Volcker non az­zarda consigli in pubblico, ma a chi dovrà decidere chie­de soprattutto coraggio. «La scelta del momento per agire è difficile – osserva - . Biso­gna essere pronti a correre dei rischi». E ciò che vale per l’amministrazione Obama, la­scia capire l’ex banchiere cen­trale, vale anche per la Fed di Ben Bernanke. Volcker alla conferenza ha appena sentito Josef Ackermann, il capo di Deutsche Bank, spiegare che le grandi banche «stanno di­ventando sempre più grandi fino a formare un oligopo­lio ».

L’ingrediente di base sono i tassi d’interesse della Fed vi­cini allo zero, che permetto­no agli istituti di speculare sempre più aggressivamente con denaro preso a prestito gratis. «Anche le banche cen­trali da ora in poi dovranno essere caute – avverte Volc­ker ”. Molto caute».

Inutile però chiedergli se lui, come economista, abbia la ricetta per risolvere questi dilemmi. «La pretesa che l’economia sia una scienza mi sembra un po’ prematura – replica sferzante - . Ma la buona notizia, è che non ho mai visto tanti economisti ri­chiesti in giro per il mondo per commentare su questioni sulle quali sono incerti».

Federico Fubini