Sergio Romano, Corriere della Sera 13/12/2009, 13 dicembre 2009
Caro Romano, tra me e una mia amica l’altro giorno c’è stata una animata disputa. Si è parlato del fatto che ancora nel 1876 i deputati del Regno d’Italia non avevano indennità per esercitare una tale mansione
Caro Romano, tra me e una mia amica l’altro giorno c’è stata una animata disputa. Si è parlato del fatto che ancora nel 1876 i deputati del Regno d’Italia non avevano indennità per esercitare una tale mansione. Non sapevamo quando l’indennità sia stata introdotta né se a quel tempo non ne godessero nemmeno i membri del governo. Io sostenevo che ciò era preferibile da un punto di vista morale, mentre la mia amica lo negava per il fatto che le disposizioni allora in vigore consentivano solo alle persone abbienti di accedere agli incarichi parlamentari. Essendo entrambe rimaste ognuna sulle proprie posizioni vuole essere così cortese da esprimere la sua opinione? Franca Piccinini franca.piccinini1968@tiscali.it L’indennità parlamentare fu introdotta nel 1912 quando il Parlamento votò l’allargamento del suffragio. Giolitti, che l’aveva lungamente avversata, finì per giustificarla dicendo che occorreva favorire la presenza in Parlamento di deputati provenienti dalle classi di cui erano rappresentanti. La legge fissò l’indennità in 6 mila lire annue per i deputati che non avessero stipendio o pensione a carico del bilancio dello Stato. Fu una concessione limitata e contenuta che negli ultimi decenni è diventata sempre meno limitata e contenuta.