Mario Sensini, Corriere della Sera 13/12/2009, 13 dicembre 2009
ROMA – Ottanta miliardi sono sicuri, o quanto meno il governo li dà per certi. I banchieri, però, sono pronti a scommettere che lo scudo fiscale arriverà a toccare la fatidica quota 100, e tra gli operatori finanziari qualcuno s’azzarda a dire anche 110, se non più
ROMA – Ottanta miliardi sono sicuri, o quanto meno il governo li dà per certi. I banchieri, però, sono pronti a scommettere che lo scudo fiscale arriverà a toccare la fatidica quota 100, e tra gli operatori finanziari qualcuno s’azzarda a dire anche 110, se non più. Comunque vada, è una quantità enorme di soldi quella che sta riemergendo dalle «caverne di Alì Babà» dei paradisi fiscali, come dice Giulio Tremonti, un fiume di denaro che rientra in Italia e nel suo circuito economico. Il 99% delle operazioni riguarda il rimpatrio fisico in Italia dei patrimoni nascosti all’estero, al contrario di quanto accadde nel 2002 e nel 2003, quando la maggior parte dei capitali scudati venne solo regolarizzata e restò all’estero. E proprio per questo, oltre che per la portata finanziaria che sta assumendo l’operazione scudo fiscale, che al ministero dell’Economia si parla di «successo enorme » . Al di là delle cifre definitive che verranno fuori (il termine scade martedì e tutti escludono una proroga) il ministro dell’Economia può dirsi soddisfatto. Le ingenti quantità di denaro che ritornano in Italia dimostrano «il terrore» che regna ormai nei paradisi fiscali e «il bisogno » che c’era nel paese di un’operazione del genere, connessa anche al momento congiunturale. Ma soprattutto, per il ministro dell’Economia, dimostrano «la fiducia» nella politica economica dell’esecutivo. «I capitali votano con le gambe», ripete Tremonti in questi giorni. «Con le sinistre i capitali sono fuggiti e con il governo Berlusconi rientrano» ha detto ieri il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, anche se l’opposizione contesta. «I capitali sono fuggiti con i governi Berlusconi, e il loro rientro a condizioni così vantaggiose è uno schiaffo ai cittadini onesti» replica il Pd Francesco Boccia. Nessuno, tuttavia, contesta la portata dell’operazione scudo fiscale. Duecentomila miliardi delle vecchie lire, dicono al Tesoro, rappresentano «l’operazione finanziaria più grande» che si sia mai fatta in Italia. Stanno entrando più soldi di quanti se ne sono incassati nelle due precedenti edizioni dello scudo fiscale, nel 2002 e nel 2003, messe insieme, un’ottantina di miliardi di euro. Cinque volte di più di quanto incassato nel 2001 con la strabiliante (per quei tempi) asta per le licenze Umts, da cui lo Stato ricavò 23 mila miliardi di lire, che furono però usati per abbattere il debito pubblico. Sicuramente di più di quanti non ne abbia mai mossi una legge Finanziaria. Sono risorse che, secondo il ministero dell’Economia, andranno in gran parte a beneficio dell’economia reale, alleggerendo il costo e aumentando la disponibilità degli affidamenti bancari che nonostante tutto faticano ad arrivare alle imprese. Tremonti avrebbe preferito vincolare almeno una parte delle somme rimpatriate su fondi di investimento specifici, per la ricostruzione dell’Abruzzo, il rafforzamento patrimoniale e gli investimenti delle imprese, ma l’Europa non lo ha permesso. Anche se al Tesoro sono sicuri che molti dei capitali rimpatriati finiranno proprio negli aumenti di capitale delle aziende, che in questo momento possono godere di altri, forti, benefici fiscali. «Questa è l’ultima occasione per mettersi in regola con il fisco » ripete, intanto Attilio Befera, il direttore dell’Agenzia delle entrate, assicurando che «da martedì prossimo inizia la caccia agli evasori». Di una proroga dei termini, per ora, non si parla. Buon per la Svizzera, uno dei paesi che subisce gli effetti più pesanti della guerra scatenata dall’Ocse ai paradisi fiscali, di cui lo scudo italiano è solo uno dei tanti strumenti. Anche la Ue ha una linea durissima. «L’unica norma accettabile per noi è lo scambio automatico di informazioni fiscali» ha detto ieri il commissario europeo per il fisco, Laszlo Kovacs, riferendosi al segreto bancario e dicendosi «non contrario» all’uso di liste di nomi di potenziali evasori che i governi europei si stanno procurando. Nel Ticino, svuotato dallo scudo italiano, i problemi sono serissimi. Tanto che ormai tutti chiedono un condono fiscale a uso interno come risposta per fare un po’ di cassa. Mario Sensini