
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Gli italiani sono in viaggio per via del ponte di oggi – 25 aprile – e di quello del 1° maggio, spesso uniti da giorni di permesso strategici. Le agenzie ieri parlavano di 15 milioni di persone in movimento e...
• A proposito, lei sa perché si fanno queste due feste, cioè il 25 aprile e il 1° maggio?
Beh, il 1° maggio – lo sanno tutti – è la Festa dei lavoratori. Il 25 aprile invece è la Liberazione. Non mi guardi così, so benissimo da che cosa ci siamo liberati: dal fascismo.
• Bravo. 25 aprile del 1943? Del 1944? Del 1945? 1943? Ho visto anche il film “Tutti a casa”.
Ma quello è l’8 settembre. 8 settembre 1943. Italiani e tedeschi combattevano da alleati contro il resto del mondo. A un certo punto – l’8 settembre 1943 – gli italiani smisero di combattere e si misero d’accordo col nemico, nel nostro caso gli angloamericani. Fecero prima un armistizio e poi la pace. Intanto però i tedeschi stavano qui in Italia, li trasformammo noi da amici in nemici. Seguirono stragi e l’inizio di due guerre: una a sud, dove erano sbarcati gli angloamericani che risalivano lentamente la penisola. E una a nord, fatta dagli stessi italiani che, nascondendosi sulle montagne, presero a fare contro i tedeschi la guerriglia detta poi “Resistenza”. All’inizio erano pochi, sei-settemila persone. Poi, man mano che gli angloamericani si avvicinavano e che risultava chiara la sconfitta dei nazisti, crebbero di numero e gli storici dicono adesso che alla fine si arrivò a un esercito partigiano di 300 mila uomini. 300 mila uomini di tutte le tendenze: comunisti, socialisti, cattolici, monarchici, liberali, gente di destra e gente di sinistra accomunata solo dal desiderio di farla finita col fascismo, con i tedeschi e con la guerra.
• E il 25 aprile quando arriva?
Nel 1945. La data della Liberazione è 25 aprile 1945. Che cosa accadde esattamente quel giorno? Che i partigiani entrarono nelle grandi città e ne presero possesso, cioè le liberarono dal fascismo. Due giorni dopo, il 27 aprile, Mussolini, la Petacci e gli altri che col duce tentavano di scappare in Svizzera furono presi a Dongo, tenuti rinchiusi per una notte e fucilati il giorno dopo a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como. Lei saprà che le spoglie dei fucilati vennero portate a piazzale Loreto, in Milano, appese a testa in giù e abbandonate al ludibrio della folla. Gli italiani che erano stati vent’anni ad adorare Mussolini adesso, invece di aver vergogna di se stessi e senso della tragedia che s’era compiuta, andavano a sputare sui corpi morti e a lordarli in tutti i modi possibili.
E’ per questo che intorno al 25 aprile ci sono tante polemiche?
La consapevolezza dell’orrore di quel giorno e dei giorni successivi (la Resistenza ha due facce, una, eroica, è quella della guerra ai nazisti, l’altra, abietta, è quella della sanguinosa persecuzione contro i fascisti durata ben oltre il 1945) non può far dimenticare il fatto indiscutibile che la Resistenza e il 25 aprile sono il fondamento del Paese che è venuto dopo, la Repubblica italiana basata su una Costituzione democratica, governata da uomini eletti dal popolo, libera nella parola, nelle attività economiche, nella professione di qualunque fede o credo politico. Aver coscienza di questi fondamenti significa impedire che quanto di buono la nostra storia ha prodotto in questi 63 anni sia intaccato o vanificato. Guardi, è una successione di date: il 25 aprile il Paese è liberato, il 2 giugno del 1946 si vota la Repubblica e si elegge la Costituente, il 18 aprile del 1948 si va a libere elezioni e al primo Parlamento. Queste date – la nostra storia – sono intimamente connesse una con l’altra.
• Perché Berlusconi, la Moratti e gli altri sono così freddi su questi avvenimenti?
Posso dirle che non l’ho capito? Posso farmi una ragione dell’ostilità del vecchio Movimento sociale, il partito erede del credo fascista da cui poi venne fuori Alleanza nazionale. Ma quella fase è ampiamente superata e persino per i giovani che morirono a Salò – la Repubblica fascista fondata dagli ultimi disperati fedeli del regime – c’è stato l’omaggio più importante, la pietà per ragazzi che persero la vita per qualcosa in cui credevano, la consapevolezza, nonostante la sconfitta, della non-inutilità di quel sacrificio. Su queste memorie – come sulla memoria consapevole del Risorgimento – dovrebbe costruirsi l’identità nazionale, la coscienza di essere un solo popolo, sentimenti che stanno alla base del vivere insieme. Le amnesie di Berlusconi, le distrazioni della Moratti (che pure ha avuto un padre partigiano) non le capisco e non mi piacciono, anche se so che derivano dalla falsa opinione che sia tutta una ritualità “comunista”. Ma è proprio così che non si rende giustizia ai tanti resistenti che non presero soldi da Mosca. E che sono morti lo stesso. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 25/4/2008]
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