Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il discorso di Berlusconi ieri in Parlamento era talmente delicato che Maroni ha chiesto al premier di parlare a mercati chiusi, cioè alle cinque e mezza del pomeriggio e non alle tre e mezza come era stato deciso in un primo momento. La seduta è stata difficile anche in Borsa, anche se non così negativa come nei giorni scorsi. Piazza Affari, dopo un impressionante su e giù, ha chiuso con una perdita di un punto e mezzo, risultando la migliore piazza europea (negli ultimi giorni era sempre stata la peggiore). Il differenziale tra Btp e Bund è arrivato a un certo punto a quota 392, per poi ridiscendere in zona 360. Il cattivo tempo finanziario è determinato anche dagli Stati Uniti: continuano a uscire dati non incoraggianti sui servizi, sul mercato del lavoro, sugli ordinativi dell’industria.
Il discorso di Berlusconi.
Guardi, niente di eccezionale. Come sempre – come è
abituato a fare per forma mentis – Berlusconi ha ribadito che l’Italia è un
paese forte, con i fondamentali a posto, le banche sono ben capitalizzate, la
manovra è stata generalmente apprezzata, non ci sono alternative al suo governo
ecctera. È poi seguito un elenco dei punti in cui noi batteremmo gli altri
paesi e tra questi ci sarebbero soprattutto l’evoluzione dei conti pubblici e
il deficit di bilancio. Inoltre «i debiti delle
nostre imprese sono assolutamente contenuti in rapporto al fatturato. Se
sommiamo il nostro deficit al sistema del risparmio delle famiglie saliremmo al
secondo posto nell’Ue in quanto a solidità».
Come mai allora i
mercati ci buttano giù?
Sulla crescita abnorme
del differenziale tra Btp e Bund: «I mercati non valutano correttamente il
merito del nostro credito. Non e’ tenuta nel giusto conto la solidita’ del sistema
italiano e i nostri punti di forza. (…) La crescita del credito al settore
privato è superiore a quella degli altri paesi». Sull’andamento dei titoli in
Borsa: «I ribassi delle azioni delle nostre banche sono assolutamente
eccessivi. I valori di mercato sono di gran lunga inferiori ai valori di
bilancio». Berlusconi, su questo, ha a un certo punto ammonito i parlamentari:
«Vi parla un imprenditore che ha tre aziende quotate. So quello che dico». In
altri termini: le turbolenze finanziarie che ci riguardano sono da un lato
l’effetto di congiunture mondiali e dall’altro uno sbaglio degli investiturori.
Avrà tuttavia proposto
qualcosa…
Dice che oggi presenterà
un piano alle “parti sociali” cioè a quel vasto schieramento che va dalle
banche alla Cgil e che gli ha chiesto un gesto di discontinuità. Nel discorso
di ieri ha parlato di delega fiscale, di livellamento degli stipendi delle
cariche pubbliche, di razionalizzazione nell’utilizzo delle auto blu e di
revisione dello statuto dei lavoratori. Ha esaltato il ruolo delle relazioni
industriali. Si è dichiarato disposto alla collaborazione delle opposizioni
(una frasetta di circostanza: «Il governo non sarà sordo all’opposizione.
Raccolgo l’appello alla coesione di Napolitano»). In definitiva, il Cavaliere ha
detto quello che era facile prevedere e, soprattutto, non ha fatto nessuna
autocritica, e anche questo – conoscendolo – era da mettere ampiamente nel
conto. Anche il dibattito che ne è seguito è stato quello che si poteva
immaginare alla vigilia: Bersani ha chiesto un passo indietro a Berlusconi, Di
Pietro ha strillato il suo solito «ci è o ci fa?» eccetera. Bisogna però fare
attenzione a due elementi: primo, il governo s’è presentato compatto e
schierato al completo, con Maroni seduto al suo posto e Tremonti piazzato a
fianco del premier (l’assenza di Bossi era del tutto giustificata); secondo, il
leghista Reguzzoni ha detto che non c’è alternativa all’asse Pdl-Lega,
dovendosi intendere per alleanza Pdl-Lega un’alleanza Berlusconi-Bossi.
Insomma, il vero messaggio di ieri è che governo e maggioranza sono uniti e non
ci sono questioni intorno ai due leader.
Discorso buono o
discorso cattivo?
Impossibile rispondere.
Se i mercati, a partire da oggi, si placheranno, dovremo giudicare l’intervento
di Berlusconi come buono, anzi ottimo. Se invece le vendite dei nostri Btp
continuassero…
Che accadrebbe allora?
Non ci sarebbero di
sicuro le dimissioni del premier, che sono da escludere in qualunque caso.
Martedì il Cavaliere potrebbe imporre al consiglio dei ministri l’anticipo di
quella parte della manovra che è stata collocata al 2013-2014. In fondo, quello
che ci rimproverano i mercati è innanzi tutto proprio quest come facciamo a
credere alle vostre buone intenzioni se tutti i risparmi previsti sono messi a
carico della prossima legislatura e del prossimo governo
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 4 agosto 2011]
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