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 2011  agosto 04 Giovedì calendario

IL GLOSSARIO DELLA CRISI - DEBITO:

Se uno Stato spende più di quanto incassa, va in deficit. Si fa quindi prestare soldi dai cittadini e dagli investitori internazionali, accumulando un debito pubblico su cui paga interessi. Nei Paesi ad alto debito e in perenne deficit come l’Italia, l’equilibrio è complesso: quasi ogni mese miliardi di euro di titoli arrivano a scadenza, cioè vanno rimborsati ai creditori, lo Stato assegna con un’asta nuovi titoli di debito per sostituirli. Se è molto virtuoso ed è in avanzo primario (cioè incassa più di quanto spende, prima di conteggiare la spesa per gli interessi sul debito), può gradualmente ridurre la montagna del debito. Se i nuovi titoli in emissione hanno un tasso di interesse più alto di quelli che sostituiscono, la stessa quantità di debito diventa sempre più costosa.
DEFAULT: È la bancarotta. Quando cioè un privato, o uno Stato sovrano, ammette di non riuscire a pagare i creditori. Gli Usa hanno sfiorato un “default selettivo”: senza rivedere il tetto del debito pubblico fissato per legge (in miliardi e non in percentuale del Pil), non avrebbero potuto emettere nuovi titoli di debito. E quindi non avrebbero rimborsato creditori, a meno di smettere di pagare stipendi e assegni sociali. Per la Grecia si è a lungo parlato di un default controllato, cioè di un allungamento delle scadenze dei titoli di debito (rollover) in mano agli investitori internazionali, o di un rimborso parziale.
DOWNGRADING: È l’incubo di molti Stati sovrani, la riduzione del giudizio di affidabilità del debito (cioè il rating) che agenzie private assegnano su commissione dei soggetti monitorati. Ieri Moody’s, una delle tre grandi agenzie, ha confermato il rating AAA (molto alto) per gli Stati Uniti, ma con “outlook negativo”, cioè con la prospettiva di ridurlo in futuro se non cambiano le cose. Molti grandi investitori, come i fondi pensione americani, sono vincolati dal loro statuto a investire solo in titoli molto sicuri, cioè con rating elevato. Se questo scende, scattano quindi le vendite in massa, facendo ulteriormente precipitare il prezzo del titolo.
SPECULAZIONE: È un termine ambiguo. Specula davvero solo chi vende “allo scoperto”: si impegna a vendere un titolo (per esempio un buono del Tesoro) che ancora non possiede. Lo comprerà sul mercato al momento di consegnarlo alla controparte. Se in quel momento il prezzo sarà più basso di quello concordato, ci guadagna. Esempio: Tizio promette di vendere fra tre giorni a Caio un certo titolo a 100 euro. Tizio non lo possiede, lo compra all’ultimo minuto, quando notizie negative hanno fatto crollare il valore a 80. Così ci guadagna 20 euro. Se sono in tanti a fare questo genere di scommessa, si sparge la voce e il prezzo crolla perché tutti vogliono vendere. I guai del debito pubblico di queste settimane, però, non dipendono molto dalla speculazione quanto da vendite normali.
SPREAD: È il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi. Se l’Italia è considerata molto più a rischio bancarotta della solida Germania, lo spread aumenta. Ieri lo spread era attorno ai 370 punti base (cioè 3,7 per cento). Tradotto: i titoli del debito pubblico a dieci anni della Germania (bund) rendevano il 2,41 per cento, quelli dell’Italia il 6,10 per cento.
CDS: I Credit default swaps sono titoli derivati (il cui valore dipende cioè da un altro titolo) che nascono come assicurazione contro un evento negativo e diventano uno strumento speculativo. Si “scommette” una somma su un evento e se questo si verifica la controparte dovrà pagare una somma molto maggiore. Uno dei problemi con la Grecia è che la sua bancarotta farebbe scattare molti CDS, costringendo tante controparti (soprattutto banche) a pagare somme elevate.