
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri, nel padiglione 9 della Fiera di Roma, è cominciato il congresso dal quale nascerà il Popolo delle Libertà, il partito di Berlusconi
• E’ un congresso? Sicuro che sia la parola giusta?
Ieri il Giornale, il quotidiano di famiglia, l’ha chiamato ”convention”, all’americana. La parola convention significherebbe che alla Fiera di Roma si sta scegliendo un candidato alla Presidenza della Repubblica… Ma non corriamo troppo con la fantasia. Congresso o convention, ieri sono confluiti nella capitale seimila delegati e il compito di questi delegati è sancire la nascita del PdL, con relativa confluenza degli ex di An, l’elezione di un gruppo dirigente e la scelta del presidente del partito, che sarà evidentemente Berlusconi. Ma l’ascesa di Berlusconi al soglio avverrà domenica. Ieri, giornata inaugurale, si sono poste le fondamenta di questa tre giorni hollywoodiana. Sa come si fa nei romanzi, adoperando il metodo del ”climax”? La trama si sviluppa a poco a poco, dal basso verso l’alto, in un crescendo di tensione che raggiunge il suo culmine alla fine, quando gli amanti che il destino ha tenuto separati si sposano oppure l’assassino viene scoperto. Allo stesso modo Berlusconi ha preparato il congresso: prima giornata leggera con discorso suo tutto teso al passato. Seconda giornata con Fini e Schifani, normale amministrazione, atto dovuto, ma tuttavia già in crescendo perché è scontato che Fini farà polemica. Infine, l’ultimo giorno, anzi l’ultima ora, il trionfo, con l’agnizione del vero capo dei capi, riconosciuto da tutti e non semplicemente eletto ma acclamato. Questa essendo la musica, non hanno poi troppa importanza le parole. Anzi, le dico che quasi quasi avremmo potuto scriverle in anticipo.
• Che cosa ha detto?
Non ha parlato subito. Non è neanche arrivato subito. Prima c’è stato l’inno nazionale, poi l’introduzione di Anna Grazia Calabria, la deputata più giovane del PdL (26 anni): «Siamo il futuro dell’Italia, oggi è una delle giornate più belle della mia vita». Berlusconi ha voluto che le prime file della platea fossero riempite da ragazzi e ragazzini, lo statuto del PdL prevede che ci si possa iscrivere al partito già a 16 anni… Io dico ”partito”, ma la formazione di Berlusconi non si chiama ”partito” – parola che indica una divisione, una porzione di consenso – bensì ”popolo”. Cioè: Berlusconi tende evidentemente al plebiscito e nella prima parte del suo discorso ha rivendicato l’uso della parola ”popolo”, ricordando il Partito popolare di De Gasperi e reclamando un’ascendenza dalla Dc.
• Sì? Il PdL non sarebbe piuttosto un partito liberale?
Anche. Il premier ha detto un sacco di volte: «Noi liberali…». Si può essere liberali con le radici cristiane? Forse, ma in ogni caso solo alla fine di una bella discussione con tanto di analisi e paletti ideali. Ma il Cavaliere non ha di queste preoccupazioni e ha rivenditato per sé e per i suoi entrambe le definizioni: cristiani e liberali!
• Ha attaccato il Partito democratico?
Figuriamoci. Ha detto di Franceschini: « impegnato in un tentativo inutile». Prima aveva detto: «Siamo al 43,2% e presto arriveremo al 51…»
• Come ci arriverà?
Non lo so. Nei giorni scorsi «ha aperto le porte a Casini», come hanno scritto i giornali. Frase che significa soprattutto: ha cominciato a corteggiare quelli dell’Udc perché traghettino nel PdL… In ogni caso, Berlusconi ha avvertito che il discorso di ieri avrebbe riguardato il passato e il presente, cioè le radici del Popolo e la sua situazione attuale. Queste radici sono presto dette: oltre a Sturzo e De Gasperi, Craxi, che secondo il Cavaliere ebbe il merito di guardare a destra senza pregiudizi e senza farsi condizionare dal cosiddetto “arco costituzionale” (mah). Poi ci sono altri punti di riferimento del partito e sono quelli che determinano la maggioranza di adesso: Fini e, a suo tempo, Tatarella, e Bossi, «il nostro più fedele alleato». Lo sa che Bossi ha salutato la platea a pugno chiuso? Non sottovaluterei questo gesto… Berlusconi ha poi fatto a pezzi la sinistra, ma con un discorso che non fa più tanta impressione perché ormai l’ha ripetuto tante volte: pigliavano i soldi da Mosca, sono nemici della libertà (di cui solo noi siamo i difensori), vogliono che i sudditi siano al servizio dello Stato mentre noi vogliamo che lo Stato sia al servizio dei cittadini, anche se hanno tolto la parola ”comunista” dal loro logo restano sostanzialmente dei comunisti, Veltroni, anche se ha contribuito alla formazione del sistema bipolare attuale (che noi vorremmo fosse bipartitico), anche se noi, per qualche giorno, gli avevamo prestato fede, s’è poi rivelato un bluff, eccetera. Discorso di 83 minuti, finito alle 20.58, cioè perfettamente in tempo per i telegiornali che contano e accolto da una platea caldissima. Ma, insomma, risaputo. Vedremo quali fuochi d’artificio saprà sparare domani. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 28/3/2009]
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