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 2008  maggio 10 Sabato calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano
Il Presidente del Senato è Renato Schifani
Il Presidente della Camera è Gianfranco Fini
Il Presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi
Il Ministro degli Interni è Roberto Maroni
Il Ministro degli Esteri è Franco Frattini
Il Ministro della Giustizia è Angelino Alfano
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Mariastella Gelmini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Maurizio Sacconi
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Giulio Tremonti
Il Ministro della Difesa è Ignazio La Russa
Il Ministro dello Sviluppo economico è Paolo Romani
Il Ministro delle Politiche agricole è Luca Zaia
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Altero Matteoli
Il Ministro della Salute è Ferruccio Fazio
Il Ministro di Beni e Attività culturali è Giancarlo Galan
Il Ministro dell’ Ambiente è Stefania Prestigiacomo
Il Ministro dell’ Attuazione programma di governo è Gianfranco Rotondi (senza portafoglio)
Il Ministro della Gioventù è Giorgia Meloni (senza portafoglio)
Il Ministro delle Pari opportunità è Mara Carfagna (senza portafoglio)
Il Ministro delle Politiche europee è Andrea Ronchi (senza portafoglio)
Il Ministro di Pubblica amministrazione e Innovazione è Renato Brunetta (senza portafoglio)
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento è Elio Vito (senza portafoglio)
Il Ministro di Rapporti con le Regioni e Coesione territoriale è Raffaele Fitto (senza portafoglio)
Il Ministro delle Riforme per il federalismo è Umberto Bossi (senza portafoglio)
Il Ministro della Semplificazione normativa è Roberto Calderoli (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Mario Draghi
Il Presidente della Fiat è Luca Cordero di Montezemolo
L’ Amministratore delegato della Fiat è Sergio Marchionne
Il Segretario Nazionale dei Popolari-UDEUR è Clemente Mastella
Il Coordinatore Nazionale di Sinistra Democratica è Claudio Fava
Il Leader dei Popolari Liberali è Carlo Giovanardi
Il Presidente della Rosa per l’Italia è Savino Pezzotta

Nel mondo

Il Papa è Benedetto XVI
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è George Walker Bush
Il Presidente del Federal Reserve System è Ben Bernanke
Il Presidente della BCE è Jean-Claude Trichet
Il Presidente della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Hu Jintao
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è Gordon Brown
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è Nicolas Sarkozy
Il Primo Ministro della Repubblica francese è François Fillon
Il Re di Spagna è Juan Carlos I
Il Presidente del Governo di Spagna è José Luis Rodríguez Zapatero
Il Presidente dell’ Egitto è Hosni Mubarak
Il Primo Ministro di Israele è Ehud Olmert
Il Presidente della Repubblica Turca è Abdullah Gül
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pratibha Patil
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Manmohan Singh
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Mahmud Ahmadinejad

Mi si dice che in un liceo di Milano, a una professoressa che gli chiedeva chi fosse Aldo Moro, uno studente abbia risposto, esitante: «Mah, un cantante, mi pare. No?». L’amarezza che questo episodio ci trasmette deve almeno servirci a ricordare che su quelli nati dopo il 1975 nomi come Moro, Fanfani, Pertini, La Malfa fanno lo stesso effetto che a noi ultracinquantenni certe fanno figure del fascismo, notissime ai tempi loro, poco meno che fantasmi ai nostri. E però Moro è stato sequestrato per 55 giorni e poi ammazzato a freddo dalle Brigate rosse nel momento più drammatico della nostra Repubblica. E fa male sapere che questo fatto enorme non è né ricordato né conosciuto dai nostri figli.

Che cosa si può fare?
Forse raccontare la cosa nel modo più semplice e scongiurare di essere ascoltati almeno per un momento.

• E allora racconti.
Moro era un capo democristiano, con una frezza bianca in mezzo ai capelli, grosso e sonnolento, lento nel parlare e di pressione bassa, girava sempre con la borsa delle medicine, da premier non riusciva a tenere consiglio dei ministri prima delle 18, i direttori di giornale si disperavano perché mandava di continuo a remengo le chiusure in tipografia. Eloquio contorto al limite dell’oscurità. Forse un tipico califfo da basso impero, di cui ci ricorderemmo ancora meno se non gli fosse capitato quello che gli è capitato. E in ogni caso, rispetto ad altri democristiani maestri di tattica e di sopravvivenza (tipo Andreotti, che infatti sta ancora lì), Moro aveva almeno una concezione strategica, cioè un pensiero relativo al futuro. Pensiero che si può riassumere così: egli era convinto dell’ineluttabilità della vittoria comunista, scritta secondo lui (e secondo molti altri dc), nel disegno imperscrutabile del Signore. Questa vittoria finale si poteva solo ritardare, ma non evitare. E qual era il metodo per ritardarla? Concedere un poco, aprire un poco, allearsi un poco, in modo da non trovarsi – contrapponendosi rigidamente all’avversario – nella condizione di essere travolti e annientati per sempre. Questo lento cedimento al Pci (che seguiva coerentemente il cedimento al Psi, di cui era stato protagonista Fanfani quindici anni prima con la nascita del cosiddetto centro-sinistra), consisteva nell’attrarre progressivamente i comunisti nell’area della maggioranza, creando le condizioni per l’asse con i democristiani. A loro volta, anche i comunisti – convinti dell’ineluttabilità della loro vittoria – s’avvicinavano. Questo avvicinarsi del Pci consisteva in un occidentalizzarsi, cioè in un distanziarsi progressivo dai sovietici, attraverso unm prudente accumulo di critiche a quel regime e di strappi. Il Pci, col suo comportamento, ammetteva senza dirlo che per allearsi con la Dc e governare doveva farsi sempre meno comunista.

• L’incontro alla fine avvenne.
Sì. Il giorno dell’incontro è il 16 marzo 1978. Quella mattina, alla fine di una trattativa estenuante che durava praticamente da anni, Andreotti andò a Montecitorio a presentare il celebre “governo della non-sfiducia”: un monocolore dc che si reggeva grazie all’astensione di Psi, Psdri, Pri e Pli e alla “non sfiducia” (che tecnicamente era un’astensione) dei comunisti. Solo che quando Andreotti arrivò alla Camera, Moro era stato da pochi minuti rapito in via Fani. E i cinque uomini della sua scorta trucidati.

Perché lo rapirono?
Sono state scritte migliaia e migliaia di pagine, ma una risposta sicura non c’è. Chi ha guadagnato dal sequestro e dall’assassinio? Io non lo so. Chi ci ha rimesso? Non lo so. La storia del Paese, senza quel fatto, sarebbe stata diversa? Non so rispondere. L’Italia si spaccò fra trattativisti e rigoristi: in cambio della vita di Moro, le Br chiedevano la liberazione di certi loro compagni carcerati. Ci si doveva rifiutare di trattare o bisognava cedere? Trattando, si sarebbe ammesso che le Br erano una controparte, le si sarebbe riconosciute politicamente. Rifiutandosi di trattare, si sarebbe condannato a morte un uomo. Craxi era per la trattativa, Berlinguer e la Dc no. D’altra parte un Paese cialtrone come era già l’Italia di allora – pieno di sotterfugi, compromessi, viltà e miserie – poteva permettersi di far l’intransigente tutt’a un tratto e con la vita di uno dei suoi? Intanto, dalla prigionia, Moro scriveva lettere tremende contro i suoi ex amici dc che – secondo il suo punto di vista – lo stavano abbandonando. Lettere autentiche? E come possono essere autentiche lettere scritte in condizioni di prigionia? Eppure il tono, lo stile alto, disperato e una volta tanto per niente contorto, quella sensazione di verità che promanavano...

• Alla fine lo ammazzarono.
Lo fucilarono e fecero trovare il cadavere nel portabagli di una Renault rossa parcheggiata in via Caetani a Roma, a mezza strada fra la sede del Pci e quella della Dc. Era il 9 maggio del 1978. Trent’anni ieri. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 10/5/2008] (leggi)

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