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 2008  maggio 10 Sabato calendario

Mi si dice che in un liceo di Milano, a una professoressa che gli chiedeva chi fosse Aldo Moro, uno studente abbia risposto, esitante: «Mah, un cantante, mi pare

Mi si dice che in un liceo di Milano, a una professoressa che gli chiedeva chi fosse Aldo Moro, uno studente abbia risposto, esitante: «Mah, un cantante, mi pare. No?». L’amarezza che questo episodio ci trasmette deve almeno servirci a ricordare che su quelli nati dopo il 1975 nomi come Moro, Fanfani, Pertini, La Malfa fanno lo stesso effetto che a noi ultracinquantenni certe fanno figure del fascismo, notissime ai tempi loro, poco meno che fantasmi ai nostri. E però Moro è stato sequestrato per 55 giorni e poi ammazzato a freddo dalle Brigate rosse nel momento più drammatico della nostra Repubblica. E fa male sapere che questo fatto enorme non è né ricordato né conosciuto dai nostri figli.

Che cosa si può fare?
Forse raccontare la cosa nel modo più semplice e scongiurare di essere ascoltati almeno per un momento.

• E allora racconti.
Moro era un capo democristiano, con una frezza bianca in mezzo ai capelli, grosso e sonnolento, lento nel parlare e di pressione bassa, girava sempre con la borsa delle medicine, da premier non riusciva a tenere consiglio dei ministri prima delle 18, i direttori di giornale si disperavano perché mandava di continuo a remengo le chiusure in tipografia. Eloquio contorto al limite dell’oscurità. Forse un tipico califfo da basso impero, di cui ci ricorderemmo ancora meno se non gli fosse capitato quello che gli è capitato. E in ogni caso, rispetto ad altri democristiani maestri di tattica e di sopravvivenza (tipo Andreotti, che infatti sta ancora lì), Moro aveva almeno una concezione strategica, cioè un pensiero relativo al futuro. Pensiero che si può riassumere così: egli era convinto dell’ineluttabilità della vittoria comunista, scritta secondo lui (e secondo molti altri dc), nel disegno imperscrutabile del Signore. Questa vittoria finale si poteva solo ritardare, ma non evitare. E qual era il metodo per ritardarla? Concedere un poco, aprire un poco, allearsi un poco, in modo da non trovarsi – contrapponendosi rigidamente all’avversario – nella condizione di essere travolti e annientati per sempre. Questo lento cedimento al Pci (che seguiva coerentemente il cedimento al Psi, di cui era stato protagonista Fanfani quindici anni prima con la nascita del cosiddetto centro-sinistra), consisteva nell’attrarre progressivamente i comunisti nell’area della maggioranza, creando le condizioni per l’asse con i democristiani. A loro volta, anche i comunisti – convinti dell’ineluttabilità della loro vittoria – s’avvicinavano. Questo avvicinarsi del Pci consisteva in un occidentalizzarsi, cioè in un distanziarsi progressivo dai sovietici, attraverso unm prudente accumulo di critiche a quel regime e di strappi. Il Pci, col suo comportamento, ammetteva senza dirlo che per allearsi con la Dc e governare doveva farsi sempre meno comunista.

• L’incontro alla fine avvenne.
Sì. Il giorno dell’incontro è il 16 marzo 1978. Quella mattina, alla fine di una trattativa estenuante che durava praticamente da anni, Andreotti andò a Montecitorio a presentare il celebre “governo della non-sfiducia”: un monocolore dc che si reggeva grazie all’astensione di Psi, Psdri, Pri e Pli e alla “non sfiducia” (che tecnicamente era un’astensione) dei comunisti. Solo che quando Andreotti arrivò alla Camera, Moro era stato da pochi minuti rapito in via Fani. E i cinque uomini della sua scorta trucidati.

Perché lo rapirono?
Sono state scritte migliaia e migliaia di pagine, ma una risposta sicura non c’è. Chi ha guadagnato dal sequestro e dall’assassinio? Io non lo so. Chi ci ha rimesso? Non lo so. La storia del Paese, senza quel fatto, sarebbe stata diversa? Non so rispondere. L’Italia si spaccò fra trattativisti e rigoristi: in cambio della vita di Moro, le Br chiedevano la liberazione di certi loro compagni carcerati. Ci si doveva rifiutare di trattare o bisognava cedere? Trattando, si sarebbe ammesso che le Br erano una controparte, le si sarebbe riconosciute politicamente. Rifiutandosi di trattare, si sarebbe condannato a morte un uomo. Craxi era per la trattativa, Berlinguer e la Dc no. D’altra parte un Paese cialtrone come era già l’Italia di allora – pieno di sotterfugi, compromessi, viltà e miserie – poteva permettersi di far l’intransigente tutt’a un tratto e con la vita di uno dei suoi? Intanto, dalla prigionia, Moro scriveva lettere tremende contro i suoi ex amici dc che – secondo il suo punto di vista – lo stavano abbandonando. Lettere autentiche? E come possono essere autentiche lettere scritte in condizioni di prigionia? Eppure il tono, lo stile alto, disperato e una volta tanto per niente contorto, quella sensazione di verità che promanavano...

• Alla fine lo ammazzarono.
Lo fucilarono e fecero trovare il cadavere nel portabagli di una Renault rossa parcheggiata in via Caetani a Roma, a mezza strada fra la sede del Pci e quella della Dc. Era il 9 maggio del 1978. Trent’anni ieri. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 10/5/2008]