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 2008  maggio 10 Sabato calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 12 MAGGIO 2008

Ma che succede in Libano?
 spaccato in due tra la maggioranza appoggiata da Usa e Arabia Saudita e l’opposizione sostenuta da Siria e Iran. C’è il pericolo di una nuova guerra civile: quella scoppiata nel 1975 vide quindici anni di scontri tra cristiani e musulmani, la prossima potrebbe avere per protagonisti sunniti e sciiti. [1]

Sunniti? Sciiti?
I sunniti, seguaci della Sunna, sono i musulmani ”ortodossi” che considerano legittimi i primi quattro califfi e le dinastie degli Ommayadi e degli Abbasidi. Gli sciiti appartengono alle sette musulmane eterodosse: rifiutando come illegittimi i tre califfi che lo precedettero, riconoscono come primo e legittimo successore di Maometto a capo (imam) della comunità islamica il genero Alì. Alcune sette sciite sono scomparse nel corso della storia, altre sono tuttora esistenti e variamente attive in Iran, Siria, Libano ecc. La tensione è andata crescendo fino a esplodere dopo che il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha accusato il governo filo occidentale di Fuad Siniora di aver dichiarato guerra al movimento sciita. [2]

Hezbollah?
Il movimento Hezbollah (Partito di Dio) fu fondato nel 1982 in Libano dai Guardiani della rivoluzione iraniana, con sostegno siriano. Ideologia fondamentalista sciita, una milizia forte di circa tremila militanti, è anche una forza politica che ha 14 seggi su 128 in parlamento (i suoi ministri si sono dimessi nel 2006). Il partito, che ha sulla sua bandiera gialla un kalashnikov, conta su un seguito popolare tra la popolazione sciita, anche grazie all’attività di sostegno sociale per i meno abbienti. [3]

Adesso ”sti Hezbollah si sono arrabbiati
In sostanza, Nashrallah ritiene che il premier Siniora, annunciando chiusure nelle attività di Hezbollah, voglia soffocare la resistenza. Tutto è nato da due drastici provvedimenti del governo di Beirut: il blocco della rete telefonica privata di Hezbollah (in attività dal 2000) e la rimozione del capo della sicurezza dell’aeroporto di Beirut, il generale Wafiq Shqeir, per presunti legami con il movimento sciita. [2]

Roba da farci una guerra civile?
Nasrallah dice che la rete di telecomunicazioni usata da Hezbollah è l’arma più importante in mano alla resistenza. Secondo lui il governo di Beirut più che appoggiato è manovrato dagli americani e dagli israeliani: «Vogliono trasformare l’aeroporto in una base per la Cia, l’Fbi e il Mossad. Vogliono sostituire il generale Shqeir con un ufficiale filo americano», s’è lamentato. A chiedere la rimozione del generale, in realtà, è stato il leader druso Walid Jumblatt. [2]

Druso?
I drusi sono una setta di origine musulmana sciita. Vivono in Libano, in Siria (Gebel druso) e pure in Israele, dove hanno optato per la causa ebraica contro quella araba. Tornando a Jumblatt, dice che il generale Shqeir aveva consentito a Hezbollah l’installazione di telecamere nell’aeroporto per monitorare «l’arrivo di leader libanesi e stranieri da sequestrare e poi da uccidere». [2] Secondo Nasrallah, il premier sunnita Siniora non è altro che un fantoccio, il vero capo sarebbe Jumblatt. [4]

Al governo ci sono i sunniti?
La comunità più numerosa è quella sciita, rappresentata da Hezbollah e dal suo partner Amal, ma il suo potere è decisamente inferiore a quello dei cristiani maroniti e dei musulmani sunniti al potere. I Maroniti sono cattolici di rito siriaco, discendenti dai discepoli dell’anacoreta, così si chiamano i monaci che vivono in solitudine, san Marone. Nella seconda metà del VII secolo migrarono in Libano, dove ce ne sono più di mezzo milione. L’escalation di violenza di questi giorni riflette anche il conflitto tra sette. [5]

Si spieghi
Con la proclamazione dell’indipendenza, il 22 novembre 1943, il Patto Nazionale confermò l’antica intesa fra cristiani e musulmani secondo la quale il Presidente della Repubblica libanese deve essere cristiano-maronita, il premier un musulmano sunnita, mentre il potere legislativo spetta all’Assemblea nazionale composta da 128 membri per metà musulmani (sunniti, sciiti, drusi, alawiti) e per metà cristiani (maroniti, greci ortodossi e cattolici, armeni, protestanti) mentre la presidenza dell’Assemblea spetta a uno sciita. [6]

Ma in Libano c’è mai stata la pace?
Di fatto il piccolo Paese dei Cedri non ha mai trascorso periodi sereni perché quell’esempio di coesistenza possibile fra le diverse realtà etniche, politiche e sociali, ha dato sempre fastidio a troppi. Il Libano ha quindi sempre subito la ”guerra degli altri”. Uno scenario tragico e immutato nel tempo. Dal 1975, con la prima fase della guerra tra i palestinesi appoggiati dai siriani e i cristianomaroniti, al 1981. Dall’intervento israeliano nell’82 in difesa dei cristiani, all’indebolimento dell’Olp, dal giugno 1985 al marzo 1988 quando la Siria fa assediare dagli Amal i campi palestinesi e poi fa entrare in scena i ”pasdaran” iraniani accanto agli Hezbollah, protetti da 30.000 soldati siriani. [6]

Finito?
L’esercito del generale cristiano Michel Aoun dopo 14 anni di occupazione ingaggia battaglia contro i siriani, una resistenza eroica che si conclude nel ”90 con l’intervento dell’aviazione siriana e con un bilancio di oltre 150 mila morti. Scoppia la prima guerra del Golfo e l’alleanza con Damasco fa comodo alla coalizione anti Saddam. Ma la Siria non molla la presa sul Libano che considera parte del suo territorio, tanto meno l’Iran che manovra l’Hezbollah per la guerra di logoramento contro Israele. Quando i soldati israeliani, penetrati nel Sud Libano nel giugno 2006 per far cessare gli attacchi degli Hezbollah, rientrano nei loro confini Nasrallah canta vittoria. Il leader del partito di Dio fedele alla teoria sciita iraniana dell’integrazione tra politica e religione costringe alle dimissioni il governo di Beirut e fa uccidere tutti coloro che tentano di dar voce al dissenso anti siriano. [6]

Adesso coi cristiani è tutto a posto?
I primi scontri hanno risparmiato la parte orientale della città, abitata in prevalenza da cristiani. Il generale Aoun, fino a tre anni fa acerrimo nemico del Partito di Dio, adesso sta con Hezbollah e dice che gli ultimi scontri «hanno rimesso il treno sul giusto binario». [7] Il fatto è che il vero motivo dell’ultima rivolta lo ha spiegato Nasrallah attaccando coloro che chiedono di cambiare le regole di ingaggio permettendo ai Caschi blu impegnati a far rispettare la tregua alla frontiera fra il Sud del Libano e Israele di intervenire per disarmare i guerriglieri, come imponeva una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Per Hezbollah sarebbe un atto ostile, con conseguenze gravi e prevedibili. [8]

Meno male che Hezbollah è stato rimesso in riga
Veramente è successo il contrario. In dieci ore, dopo una battaglia di strada senza esclusione di colpi, il Partito di Dio ha preso il controllo di Beirut Ovest, tradizionale feudo del sunnismo libanese. [9] Uno dopo l’altro hanno colpito i simboli del nemico politico numero uno, Saad Hariri, figlio dell’ex premier Rafik, assassinato nel febbraio 2005, a capo della maggioranza parlamentare. La sua televisione è stata spenta, gli uffici del suo giornale bruciati, lui è finito sotto assedio, chiuso nella sua villa. [10]

Ma non c’è un esercito?
Non si è messo in mezzo. Molti, nella truppa, sono sciiti, e la decisione di intervenire potrebbe spaccare l’ultima forza di unità nazionale. [11] Pur di evitare che la capitale sprofondi nel caos, Hariri ha proposto a Nasrallah un compromesso: lasciare ai militari «la decisione finale sui casi che hanno generato equivoci». [12]

Ho capito: in Libano comanda Hezbollah
Hezbollah sta sfidando il governo centrale da un paio d’anni, e precisamente dalla guerra contro Israele scoppiata nell’estate del 2006: chiede di essere più rappresentato nel governo che, da parte sua, vuole il disarmo delle milizie e vuole che smettano di agire come uno Stato dentro lo Stato. In questa lotta il governo è appoggiato dall’Occidente, Hezbollah dall’Iran e dalla Siria. Di conseguenza parte della pressione esercitata dal governo riflette le tensioni tra Washington e Teheran, mentre Hezbollah chiede più peso nelle decisioni che riguardano gli interessi siriani in Libano. [5]

E come finirà?
Hezbollah è un camaleonte, cambia pelle in base alle esigenze. Movimento di resistenza, partecipa al voto e usa il terrorismo, ha una politica estera, un apparato clandestino, una struttura economica attiva in ogni continente e riceve contributi esterni. Segue un’agenda locale, se potesse creerebbe una repubblica islamica. [13] Ma se tentasse di dominare l’intero Paese, potrebbe scatenare una nuova guerra: non solo perché Francia e Stati Uniti, così come l’Arabia Saudita, grande protettrice del clan Hariri, non starebbero certo a guardare. Ma soprattutto perché Israele non tollererebbe un accerchiamento di forze filoiraniane a sud e a nord. [14]

Sa che le dico? Affari loro
Purtroppo sono anche affari nostri. Oggi abbiamo il meglio dei soldati europei accatastati in un fazzoletto di terra e noi italiani abbiamo il comando sul terreno e una forza di 2.500 uomini. Siamo responsabili di ciò che avviene e siamo anche l’esca per le trappole di chi vuole la guerra. [15] Se la crisi dovesse precipitare è difficile che le truppe Unifil, ora comandate dal generale Graziano, possano mantenere il ruolo avuto sin qui. Dovrebbero lasciare il Paese. Oppure restare con un diverso mandato Onu. [14]

Come finirà?
Lo scopo ufficiale della nostra missione è quello di disarmare Hezbollah: o quel lavoro si fa sul serio, con i rischi che comporta, oppure i nostri militari non sono un cuscinetto, ma a loro volta ostaggi. Conclusione: se i militari della forza multinazionale non possono mettere il colpo in canna, tanto vale farli tornare a casa. [16]
Come ha spiegato una fonte del nostro ministero degli Esteri «le regole di ingaggio cambiano se decidiamo che sia necessario usare la forza per disarmare Hezbollah o per abbattere gli aerei israeliani che sorvolano il Libano. Ovvero, dobbiamo decidere che Unifil entra in guerra: non verrà approvato da nessuno, e il primo ad essere contrario sarebbe Silvio Berlusconi». [17]