
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Si comincia a capire quello che il governo vuole fare...
• E che vuole fare?
Un mucchio di cose, si direbbe. E anche da subito. Ma andiamo con ordine. L’ultima dichiarazione, molto importante, è del nuovo ministro del Welfare, Sacconi. Tra parentesi: hanno tutti lodato la scelta di Sacconi come ministro del Welfare, uno dei massimi esperti... ah, lei non ricorda più che cosa vuol dire “Welfare”? Alla lettera: “Benessere”. Nel nostro caso: “Stato sociale”. Il problema numero uno del ministro che si occupa dello Stato sociale è quello delle pensioni. Lei ricorderà che il Maroni ministro del Welfare del governo Berlusconi di una volta aveva riformato le pensioni prevedendo uno scalone per l’anno 2008: in pratica dal 1° gennaio di quest’anno per andare in pensione ci sarebbero voluti 60 anni, invece dei 57 che bastavano nel 2007. Ci fu una gran guerra della sinistra radicale ai tempi del successivo governo Prodi e questo scalone venne trasformato in tanti scalini, con un aggravio della spesa di una decina di miliardi per i prossimi anni. Ebbene Sacconi, benché giudichi un errore la riforma Prodi, non toccherà questi scalini. Ma, a quanto si capisce, reintrodurrà gli incentivi per scoraggiare i lavoratori dal ritirarsi.
• Bene. E questo verrà fatto subito?
No, non subito. Questa è solo un’intenzione, che si tradurrà a un certo punto in una legge. Prima bisognerà vedere come va l’economia. E su questo – a parte i nuovi aumenti di prezzo di cui la Gazzetta le riferisce a parte – Tremonti, sempre ieri, ha rilasciato dichiarazioni poco incoraggianti: non c’ nessun tesoretto e i versamenti Iva sono negativi, il che vuol dire che andiamo molto piano, come del resto già sappiamo dai dati sui consumi, assai fiacchi. Dovremo far sacrifici? Tremonti non lo dice ma avverte che, se si tratterà di tirar la cinghia, toccherà a banche e petrolieri. Le banche hanno troppi modi per pagar meno tasse. I petrolieri stanno facendo soldi a palate con l’aumento dei prezzi. Tremonti potrebbe persino esser capace di fare sul serio quello che dice: fu lui a lanciare il primo allarme su Parmalat e a far la guerra a Fazio, il gran protettore delle banche come noi le conosciamo.
• Questi interventi contro banche e petrolieri saranno immediati?
No, neanche questi saranno immediati. Gli interventi immediati saranno quelli sulla sicurezza, preparati da Maroni per quanto riguarda l’immigrazione clandestina e, per quanto riguarda il regime carcerario troppo morbido del nostro sistema, da Nicolò Ghedini, il parlamentare avvocato di Berlusconi (è lui che, tra l’altro, si occupa dei complicati affari tra il Cavaliere e Veronica). Maroni vuole discutere a livello europeo la possibilità di sospendere temporaneamente le norme di Schengen che rendono libera la circolazione all’interno della comunità in modo da impedire ai rom di trasferirsi qui dalla Romania. Inoltre si vuole punire duramente la clandestinità e prevedere che se uno straniero non ha un reddito e non ha una casa deve tornarsene al suo paese che abbia o non abbia commesso reati. Previsti anche un aumento e un potenziamento dei Cpt, cioè dei Centri d’accoglienza. Quanto a Ghedini, le sue norme prevedono un inasprimento generale delle pene per i reati che procurano grave allarme sociale (furti, rapine, violazioni di domicilio, danneggiamenti, maltrattamenti per donne e bambini, ecc.) e, soprattutto, l’innalzamento delle pene minime: innalzando le pene minime viene a cadere automaticamente la possibilità di concedere i benefici di legge previsti dalla Gozzini, come la condizionale o i domiciliari. Dubito che ci basteranno le carceri che abbiamo, ma l’intenzione è questa.
• E come potrà far entrare subito in vigore norme come queste?
Col sistema del decreto legge: i decreti legge sono immediatamente in vigore e decadono solo se il Parlamento non li converte entro 60 giorni. La Costituzione prevede che i decreti legge si possano emettere per affrontare urgenze o situazioni di emergenza.
• L’inasprimento delle pene è un’urgenza?
Qui sta il punto. Il presidente della Repubblica potrebbe respingere i decreti, giudicando che le caratteristiche d’urgenza mancano. Non avrebbe tutti i torti. Solo che se si seguisse il normale iter parlamentare, la legge non entrerebbe in vigore prima di Natale. Berlusconi chiederà a Napolitano: con la paura che ha il Paese, possiamo aspettare tanto? C’è anche un altro punto: nel clima di concordia tanto auspicato, sarà proprio Napolitano ad aprire un conflitto col governo, un conflitto inaudito, dato che da decenni si decreta per situazioni che tutto sono tranne che urgenti e il Quirinale non apre bocca? Non è un caso che Berlusconi metta il presidente di fronte a questo dilemma proprio il primo giorno... [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 11/5/2008]
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