Io donna 10 maggio 2008, Margherita Belgiojoso, 10 maggio 2008
La nomenklatura del lusso. Io donna 10 maggio 2008 A sinistra c’è la dacia di Mikoyan, fedelissimo di Stalin, a destra quella di Tatiana Eltsina, e all’incrocio con Kalciug c’è soltanto un poliziotto con giubbotto catarinfrangente
La nomenklatura del lusso. Io donna 10 maggio 2008 A sinistra c’è la dacia di Mikoyan, fedelissimo di Stalin, a destra quella di Tatiana Eltsina, e all’incrocio con Kalciug c’è soltanto un poliziotto con giubbotto catarinfrangente. Non c’è bisogno di nessuna indicazione perché tutti sanno che per di lì si va a Novo Ogaryovo, alla dacia di Putin, e solo pochi eletti possono svoltare. La maggioranza deve tirare dritto. Zhukovka, il primo degli insediamenti dei novy russki sulla Rubliovka (la strada lunga 30 chilometri che parte a Ovest di Mosca, dove ci sono le dacie dei vip), appare all’improvviso nel mezzo della foresta. All’entrata del locale di Aldo Coppola c’è un bodyguard biondino, occhi azzurri, pallidissimo e imbronciato, e dentro c’è soltanto un uomo sui quarant’anni alle prese con la manicure. Il cartello pubblicitario dell’agenzia immobiliare Rublevka21.ru invita a chiamare per un appartamento da sogno a St.Moritz, e nella pubblicità a fianco c’è l’immagine di una donna filippina sorridente con grembiulino azzurro. Per trovare la perfetta "cameriera delle Filippine" l’agenzia chiede una commissione di 2 mila dollari, e poi lo stipendio della colf varia dai 500 agli 800 dollari al mese. Veranda è il locale più gettonato di Zhukovka, è sia ristorante che negozio d’arredamento e vende peluche fatti in Svizzera in morbidissima lana: un coniglio bianco viene 5 mila rubli (135 euro) e nelle altre vetrine è esposto un servizio di porcellane a fiori di Valentino e un divano marca La Contessina di velluto azzurro con arabeschi e cordoncini in oro stile tardo medioevo. L’etichetta avvisa in italiano: «Eventuali imprecisioni sono normali in un prodotto artigianale» e riporta il prezzo: 450 mila rubli (circa 12 mila euro). Al primo piano ci sono due boutique di antiquariato, e il samovar d’argento che si trova in tutti i mercati di pulci, qui, ripulito, lucidato, infilato in un contenitore di pelle e raso costa 962 mila rubli (26 mila euro). Una bottiglia porta-whisky in cristallo fine Ottocento viene 174 mila rubli (4.700 euro). Al muro è appesa una stampa di San Pietroburgo, autenticata 1812, in vendita per 385 mila rubli (10.400 euro). Davanti all’entrata del ristorante c’è la statua di una mucca verde e dentri i clienti vengono accolti da una sfilza di riviste patinate: Strong Men, Yachting, Luxury, na Rubliovke. Su Bon ton si trova la pubblicità della vodka di Donald Trump al gusto di ciliegia e l’offerta di una MontBlanc dal disegno esclusivo. Il brunch di mezzogiorno non ha attecchito in Russia, e nel ristorante solo pochi tavoli sono occupati. Le cameriere indossano una camicetta rosa e jeans sdruciti attillatissimi e nel centro del tendone-ristorante sorge una gigantesca betulla. Il pezzo forte del locale è la pizza al cioccolato: 600 rubli (oltre 16 euro) per un capolavoro di mozzarella, mascarpone, panna e cioccolato, ma la pietanza più cara è un misterioso "manzo marmorizzato" da 3.500 rubli (più di 94 euro). Una porzione di marmellata da consumare con il tè viene 250 rubli (quasi 7 euro), quella di miele 350 rubli (quasi 10). Per il Dom Pérignon del ’99 chiedono 21.500 rubli (580 euro) e un semplice cappuccino costa 250 rubli (6,80 euro). Arriva una madre con due bambini e la nania, la bambinaia. Lei indossa jeans e un girocollo azzurro in cachemire, al polso un grande orologio da uomo, lunghi pendenti di brillanti alle orecchie, fede tempestata di brillantini, unghie trasparenti, rossetto rosa pallido, i capelli lunghi castani sciolti sulle spalle, bella, magra e muscolosa, l’aria triste e un po’ annoiata. I bambini sembrano usciti da una pubblicità: camicia a righine, gilet grigio e blu e maglione bianco. Dieci minuti dopo li raggiunge il marito, bello come la moglie, una vaga somiglianza con Brad Pitt. Si siedono con un gruppo di amici: gli uomini parlano con gli uomini, le donne con le donne, la nania con la nania, i bambini con i bambini. La tavola viene imbandita alla russa, con una decina di pietanze servite contemporaneamente, e riordinate appena finite... minestre e brodini, insalate, gulash per gli uomini, costolette d’agnello per le donne, coppette di marmellate e miele per il tè. Da bere soltanto mors, il delizioso succo di bacche rosse, e acqua minerale frizzante rigorosamente San Pellegrino. Il bambino più piccolo si sbrodola con il borsh, la nania interviene pronta con un tovagliolo, mentre gli altri martoriano le loro palline di gelato. Fuori dal ristorante sostano le guardie del corpo, parte dell’inventario di un novy russki quanto l’orologio o il telefonino. Dall’altro lato del Rubliovski Shosse, nel supermercato Globus Gourmet, c’è una sola signora a fare la spesa: pelliccetta corta, jeans scuri attillati e stivali con la punta foderati di pelliccia, la cliente vaga solitaria per i banconi spingendo il carrello della spesa con un vasetto di maionese Calvè, una vaschetta di yogurt bianco, un vassoietto di cetriolini piccoli e uno con quattro palline di burro di tipi diversi. Sul banco della verdura un mazzo di carote di provenienza russa costa 139 rubli (3,70), quelle di origine olandese 325 rubli (8,80), centoventicinque grammi di fragole vengono 649 rubli (17,50) e 250 grammi di pomodorini italiani 324 rubli (circa 8,80 euro). Ci sono nove diversi tipi di funghi sott’olio. La signora guarda ispirata i pesci che nuotano vivi nell’acquario sotto lo sguardo di un inserviente con i guanti di gomma, pronto ad afferrare il pesce designato, accopparlo, pulirlo e speziarlo secondo le esigenze dei clienti. Nei paesi della Rubliovka i miliardari vivono spalla a spalla con i contadini residenti lì da decenni, che raccolgono fiori, funghi e veniki, i rametti di quercia o di betulla per la sauna, e li vendono sul ciglio della strada ai suv che si fermano inchiodando. I novy russki hanno eletto a propria dimora il Rubliovski Shosse, viale intitolato al pittore medioevale russo di icone che si tuffa in una fiabesca foresta di betulle frondose e grandi come le querce italiane. Anche se il bosco oggi è quasi nascosto dietro giganteschi muri anti-rumore alti quindici metri, e le vecchie isbe dalle finestre decorate di pizzi di legno vengono spazzate via per far posto a dacie dotate di tutti i comfort moderni. Se quarant’anni fa qui vivevano soltanto gli alti papaveri del partito comunista sovietico, oggi le strade sono congestionate dal traffico. Suv, naturalmente, e Porsche Cayenne. Margherita Belgiojoso