Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Per la pace, grande incontro tra le religioni al Cairo
Ieri alle due del pomeriggio il Papa è arrivato al Cairo. Viaggio importante per almeno due ragioni. Il pontefice incontra qui i vertici della comunità musulmana, il papa copto, il papa copto cattolico e anche il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I. Dunque si tratta quasi di un summit tra le religioni monoteiste che, per il solo fatto di abbracciarsi, condannano decisamente quel pezzo di Islam che vuole la guerra di religione, grida che verrà a Roma e quando parla dei cristiani usa il termine «crociati». Seconda ragione: il caso Regeni, il ragazzo italiano torturato e massacrato dai servizi egiziani è ancora in piedi, s’è capito più o meno come è andata, ma il silenzio delle autorità del Cairo rende ancora impossibile una risposta certa, una ricostruzione della verità completa. A metà marzo è partita da Roma, a firma del sostituto procuratore Sergio Colaiocco, la rogatoria presso la procura generale del Cairo, il documento che dovrebbe permettere ai magistrati italiani di indagare in Egitto. In questo documento si legge tra l’altro: ««Questo ufficio, alla luce delle risultanze sin qui acquisite, ritiene che Giulio Regeni, denunciato da Mohammed Abdallah prima del dicembre 2015, sia stato oggetto di accertamenti, per un non breve periodo, ad opera di ufficiali degli apparati di sicurezza egiziani. Questi ultimi, nel ricostruire le indagini effettuate, hanno riferito, tra molte reticenze, fatti non conformi al vero. Orbene, il perimetro investigativo che conduce ad apparati pubblici, rafforzato dagli accertati rapporti tra coloro che hanno rinvenuto i documenti di Regeni e coloro che lo avevano attenzionato nel gennaio precedente, appare non in contrasto con la circostanza che i soggetti responsabili dei fatti dovevano disporre di un luogo di detenzione dove Giulio Regeni è rimasto sequestrato almeno una settimana e che detto luogo doveva avere una doppia caratteristica: essere idoneo alle torture che sono state riscontrate e che tali torture fossero inflitte senza che terzi estranei ne venissero a conoscenza». I genitori di Giulio Regeni hanno chiesto al Papa di intervenire sul presidente Al Sisi (la prima autorità a cui andrà a far visita Bergoglio) affinché gli egiziani smettano di frapporre ogni tipo di ostacoli all’accertamento della verità. È possibile che Francesco, partendo dal caso Regeni, abbia pronunciato di fronte ad Al Sisi, anche un discorso più generale intorno alle torture a cui sono sottoposti coloro che dànno fastidio al regime. In Egitto sparirebbero due innocenti al giorno.
• È un viaggio pericoloso, no? Qualche settimana fa la Pasqua dei copti è stata insanguinata da massacri.
È un viaggio pericoloso, sì, e infatti il Cairo è presidiato da una quantità di blindati e camionette militari. Il momento più delicato, secondo gli esperti, sarà stamattina: Francesco celebrerà la messa allo stadio, di fronte a 25 mila persone, poi passerà in mezzo ai fedeli con l’auto elettrica. Però ieri, arrivando, lungo il viale El Orouba il Pontefice ha visto, oltre ai militari e alle mitragliatrici, una quantità di cartelli di benvenuto. «Welcome Pope Francis», «Papa di pace nell’Egitto di pace», eccetera. Si sa che un milione di lavoratori, impiegati nella struttura turistica di Sharm el Sheik, sono in festa.
• Discorsi?
Non si sa nulla dei discorsi che si sono fatti, a quattr’occhi, Bergoglio e il presidente Al Sisi. In tutte le questioni diplomatiche, per antica (e conveniente) abitudine, la Chiesa procede con la massima prudenza e con la massima riservatezza. C’è stato un faccia a faccia segreto anche con Cheikh Ahmed Mohamed el-Tayyib, l’imam di Al Azhar («la radiosa»), il più prestigioso ateneo dell’Islam sunnita. Capirà meglio l’importanza di questo incontro se le ricorderò che El Tayyb aveva interrotto i rapporti con la Chiesa cattolica dopo il discorso di Ratzinger a Ratisbona.
• Che discorso era?
Ratzinger aveva citato un imperatore bizantino del XIV secolo che di Maometto e dell’Islam aveva detto: «Vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede». Benedetto XVI voleva criticare quell’imperatore ed esaltare la concordia tra religoni, ma non si spiegò bene e successe il finimondo.
• Adesso invece la concordia è possibile?
Sia Francesco che El Tayyb negano che sia in corso una guerra tra cristiani e musulmani. Francesco ieri, parlando alla Conferenza Internazionale sulla pace, ha detto: «Siamo fratelli e sorelle sotto il sole di un unico Dio». El Tayyb gli ha risposto: «Vi ringrazio, o Papa, per le vostre giuste dichiarazioni che non qualificano l’Islam come terrorismo. La vostra visita storica avviene durante una catastrofe umanitaria estremamente triste».
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