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 2017  aprile 29 Sabato calendario

Continua la caccia a Igor

MOLINELLA (bologna) «Avrei giurato che questa storia si sarebbe chiusa in pochi giorni» ammette uno dei predatori. E invece no. La preda – Igor il russo alias Norbert Feher il serbo, 41 anni – è in fuga da un mese dopo aver ucciso due volte e aver lasciato dietro di sé un ferito gravissimo. Ha quasi mille uomini alle calcagna e il vantaggio tutt’altro che secondario di conoscere «molto, molto bene il territorio», come raccontano di lui gli investigatori che in queste settimane di caccia e di indagini hanno messo assieme mille dettagli sul suo conto. Compresi aspetti caratteriali e profilo psicologico. Per esempio si è scoperto che nei suoi quattro anni e mezzo di carcere (dicembre 2010-maggio 2015) la sua unica richiesta al mondo esterno è stata la «Settimana Enigmistica» (in italiano). Oppure che in una delle sue rapine ha chiesto a un uomo 150 euro e gli ha restituito un biglietto da 20 perché quel tizio aveva banconote che per il loro taglio arrivavano a 160 euro. Una personalità doppia, quella di Igor: da una parte stratega capace di sfuggire alla cattura e a volte violento durante le rapine al punto da aprirsi la strada sparando. Dall’altra uomo perennemente alla macchia, sbandato e senza fissa dimora né progetti (nemmeno criminali). Uno che la sera del 29 marzo scorso spara per terra per rapinare della pistola un metronotte e che mentre gliela porta via si informa: «Stai bene? Quando vado via puoi chiamare l’ambulanza».
Nascosto nella zona «È ancora qui» si sbilancia chi gli sta dando la caccia. Anche perché le ultime tracce ritenute certe della sua presenza risalgono a pochissimi giorni fa. Igor, come tutti lo chiamano anche se è ormai certo che non sia quello il suo vero nome, lascia dietro di sé tane che un animale non potrebbe costruire: piuttosto grandi, impastate con il fango, coperte da legnetti e – come i giacigli – sempre in posti ben nascosti e da cui è facile osservare i dintorni. Dalle testimonianze di contadini, pescatori o cacciatori della zona, si sa con certezza che questa o quella tana, questo o quel giaciglio, non c’erano uno o due giorni prima. I cani annusano e confermano. Igor è prudente. Non lascia mozziconi di sigarette, nessun oggetto. Se le condizioni atmosferiche lo costringono a un riparo più protetto, sceglie i sottotetti di ruderi, fienili o cascine abbandonate, magari rischiando che crollino sotto il suo peso ma in una posizione che gli garantisce di vedere lontano. Però è costretto a cercare cibo e acqua: per quanto non siano difficili da recuperare in una zona di campagna (con tantissime case disabitate), questo lo costringe comunque a muoversi.
Le tracce di sangue Ancora i cani: sentono la sua presenza «memorizzata» con le molecole di sangue di cui era intrisa una sua maglietta abbandonata all’inizio della grande fuga. Hanno segnalato i suoi passaggi (così hanno fatto anche vari testimoni) sempre nella stessa area: fra il Ferrarese e il Bolognese, fra i campi, i casolari abbandonati, i ruderi, i canneti lungo gli argini del Reno e del torrente Idice, nella zona compresa fra Argenta, Molinella, Budrio, Medicina, Consandolo, Conselice e Portomaggiore. Sono decine di chilometri quadrati e se è vero che gli uomini impegnati nella caccia sono quasi mille è anche vero che quelli dei corpi speciali che fanno irruzioni e rastrellamenti sono 150-200 mentre la gran parte – i militari delle compagnie territoriali dei carabinieri – servono per i tantissimi posti di blocco che cintano la zona rossa, area dove Igor ha sempre vissuto da quando è arrivato in Italia, più di dieci anni fa. Lì si è mosso da latitante dall’estate scorsa, cioè da quando e diventato un ricercato per varie rapine.
I social e il silenzio Fra il maggio del 2015 e l’estate del 2016 lui è un uomo libero che ha scontato la pena per le vecchie rapine. È solo in quel periodo che lascia tracce su Facebook, postando fotografie dei suoi tanti travestimenti. Dall’ordine di cattura in poi torna la prudenza assoluta e nessuno ne sa più nulla fino alla rapina di Budrio, il 1 aprile, costata la vita al barista Davide Fabbri. L’8 aprile Igor uccide a Portomaggiore la guardia provinciale volontaria Valerio Verri e ferisce il suo collega Marco Ravaglia che lo seguono credendolo un cacciatore di frodo. È passata una settimana dal primo omicidio eppure non si è allontanato. «Non l’ha fatto nemmeno dopo. Mi creda, è ancora qui» è convinto il predatore.

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«Mentre mi sparava gridava “bastardo”. L’ha detto più volte. Io sono stato colpito e sono crollato a terra. L’ho sentito che si avvicinava, è andato prima dal collega, anche lui a terra accanto alla nostra macchina di servizio, poi è venuto verso di me. Per salvarmi ho finto di essere morto, sono rimasto immobile. Ho sentito le sue mani che cercavano la pistola ma non ricordo se l’avevo già in pugno o nella fondina. L’ha presa, ha preso il caricatore e se n’è andato. Solo a quel punto ho chiamato i soccorsi». Marco Ravaglia, 53 anni, agente della polizia ecologica provinciale di Ferrara, parla con molta fatica. Tanto a fatica che gli ufficiali di polizia giudiziaria colgono a malapena il suo filo di voce nel reparto di terapia intensiva in cui è ricoverato dopo che Igor il russo gli ha sparato tre colpi della sua calibro 9. È il pomeriggio del 14 aprile e il brogliaccio che riassume la sua deposizione si chiude con una nota: «Interrompiamo e non formalizziamo il verbale a causa della sua forte sofferenza». La registrazione, comunque, raccoglie tutto il dramma di quest’uomo che ha visto morire il collega Valerio Verri ed è andato lui stesso vicinissimo alla morte. Era la sera dell’8 aprile. L’assassino del barista di Budrio è in fuga da una settimana quando il pm di Ferrara Ciro Savino chiama il collega di Bologna Marco Forte: «L’uomo che state cercando ha sparato a due guardie venatorie qui da noi». In quei momenti la vita di Marco Ravaglia è appesa a un filo ma lui riesce lo stesso dire ai ragazzi del 118: «È stato lui, Igor». Scrive la polizia giudiziaria che mentre ricostruisce la dinamica dei fatti, Ravaglia «simula a voce il suono dei colpi d’arma da fuoco». (g.fas.)