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 2017  aprile 29 Sabato calendario

Sangue e scandali sul voto in Messico. Nove governatori coinvolti con i narcos. È guerra tra cartelli e Marina militare

DURANGO (MESSICO) Inchieste, manette, sangue e droga. In Messico si allunga l’elenco degli ex governatori indagati, una lista in cui appaiono due arrestati e due in attesa di estradizione, dall’Italia e dal Guatemala. Da tempo, attivisti per i diritti umani ed esperti denunciano l’intreccio perverso tra narcos e politica. Gli scandali, tuttavia, hanno arroventato l’atmosfera politica messicana come mai in queste ultime settimane. Le accuse ai governatori vanno dal lavaggio di soldi sporchi all’appropriazione indebita di denaro, dalla frode fiscale sino alla collaborazione con alcuni dei cartelli più grandi del narcotraffico in tema di agevolazione e spaccio di droga. Non si conoscono ad oggi le proprietà immobiliari e i trasferimenti di denaro che gli indagati hanno effettuato negli Stati Uniti o in Spagna.
Eugenio Hernández Flores in Tamaulipas, Cèsar Duarte in Chihuahua, Andrés Granier del Tabasco e Luis Armando Reynoso Femat di Aguascalientes sono detenuti per frode fiscale. Mario Villanueva del Quintana Roo ha una sentenza per il delitto di lavaggio di denaro negli Stati Uniti e per delinquenza organizzata. A Sonora Guillermo Padrés è stato incarcerato a fine del 2016 per uso illecito di risorse. Jesus Reyna, ex governatore del Michoacán, è in carcere dal 2014 per delinquenza organizzata. Tomás Yarrington è stato arrestato dall’Interpol a Firenze il mese passato. L’ex governatore di Tamaulipas dal 1999 al 2005 era indagato per narcotraffico, estorsione e lavaggio di denaro. Javier Duarte de Ochoa, governatore di Veracruz, profugo da sei mesi, sotto un sorrisetto beffardo, è stato arrestato in un albergo del Guatemala, accusato della creazione di 34 imprese fantasma che hanno ricevuto milioni di pesos. Oltre all’inchiesta per aver frodato la sanità pubblica con partite di finti farmarci chemionterapici per bambini. Humberto Moreira, ex governatore di Coahuila, è detenuto dalla polizia spagnola e indagato dal governo Usa per malversazione di denaro e delinquenza organizzata. I maggiori partiti nazionali, Pan e Pri, sono nell’occhio del ci- clone proprio a poche settimane da un appuntamento elettorale importante. La prima domenica di giugno il Messico andrà alle urne. Si voteranno i governatori degli stati di Coahuila, Nayarit, e dello Stato del Messico, dove si trova la capitale. Questa sarà una prova generale dell’importante elezione presidenziale del prossimo anno che vedrà il termine del mandato di Peña Nieto. L’attesa dunque è altissima. Oltre ai governatori cambieranno anche le legislature locali. Inoltre si vota in numerosi municipi, tra i quali quello di una delle maggiori città del Paese, Veracruz. In questo rovente panorama verranno spesi enormi capitali di denaro. E la Chiesa non tace, denunciando lo sperpero di soldi pubblici in un contesto di povertà e indigenza permanente. Non dimentica di enfatizzare la corruzione e le promesse dei politici di regalare una spesa di alimenti, anche banale, in cambio del voto.
Nel Tamaulipas, intanto, nel nord del Paese, la violenza ha raggiunto livelli esponenziali, in un territorio già incandescente. La Marina e le forze armate hanno ammazzato Juan Manuel Loisa Salinas, alias il “Comandante Toro”, leider del Cartello del Golfo (Cdg) a Reynosa, e dopo varie sparatorie e incendi in diverse città di auto e negozi per ostacolare l’arresto, ha seguito la stessa triste sorte “Pancho” Carreón, capo di una cellula de Los Zetas, storica formazione criminale. Una serie di operazioni con cui il Messico vuol “mostrare i muscoli” duro con il narcotraffico alle porte di una scadenza importante. La strategia mediatica, però non ferma la violenza che continua ad aumentare e a a coinvolgere soprattutto i cittadini comuni. Nel mese di marzo di è registrato il record di oltre 2mila omicidi. Non accadeva dal 2011, uno degli anni più drammatici della narco-guerra. In questo panorama difficile, vi è almeno un timido segnale positivo. Dopo quasi tre anni di discussioni, il Senato ha finalmente approvato una legge federale sul crimine di “desaparición”. Un termine quest’ultimo legato alle dittature latinoamericane degli anni Settanta e Ottanta e ora tornato d’attualità nell’ultimo decennio messicano. Almeno 27mila persone – questi sono i dati ufficiali, gli attivisti parlano di 150mila – sono sparite, ingoiate dalla violenza di narcos, polizia e militari corrotti. Un dramma che il mondo ha scoperto con la sparizione dei 43 studenti di Ayotzinapa, il 26 settembre 2014, sull’onda del quale è cominciata la discussione della legge che ora dovrà essere ratificata dal Parlamento. Le organizzazioni per i diritti umani hanno riconosciuto l’importanza della normativa, pur nei suoi limiti.