Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
È come in un film dell’orrore: lo stesso boia vestito di nero dell’altra volta, appare adesso in un video di due minuti e 46 secondi mentre decapita col solito coltello il reporter americano, e giornalista di Time, Steven Sotloff, di 31 anni, vestito anche lui come Foley, cioè con la tunica arancione che allude ai prigionieri di Guantanamo. Primissime analisi, effettuate quando l’autenticità del video non era ancora stata confermata dalla Casa Bianca, mostrano che il luogo in cui è stata tagliata la testa a Sotloff è diverso da quello dell’esecuzione di Foley.
• Che importanza ha?
Non lo so. Il video dura due minuti e 46 secondi. Si intitola: Un secondo messaggio all’America. Il boia John - John l’inglese - dice: «Sono tornato, Obama. Sono tornato per la tua politica estera arrogante verso lo Stato islamico. Cogliamo questa opportunità per avvertire i governi che entrano nella malvagia alleanza con l’America contro lo Stato islamico: si tirino indietro e lascino il nostro popolo in pace». Prima di ucciderlo, gli islamici hanno fatto parlare anche Sotloff: «Pago il prezzo della decisione di Obama di attaccare l’Isis». Alla fine del precedente video, quello in cui si vede la decapitazione di Foley, era stato mostrato appunto Sotloff, e John l’inglese aveva detto che la prossima volta sarebbe toccato a lui. Da allora ad oggi la madre disperata ha lanciato appelli per la salvezza del figlio, rivolgendosi persino ad al Baghdadi, chiamando il suo Steven «my child», «I want what every mother wants: to live to see her children’s children
», «Voglio quello che vogliono tutte le madri: vivere per vedere i figli dei propri figli». Straziante. Anche alla fine del video di ieri si mostra la prossima vittima: è l’ostaggio inglese David Cawthorne Haines. A cui sarà tagliata la testa se Obama non si ritira, se gli alleati come la Gran Bretagna continueranno a star vicini agli Stati Uniti.
• Reazioni?
Orrore. Cameron, premier inglese, ha detto: «È disgustoso e spregevole». Al Baghdadi punta all’opinione pubblica occidentale. Gli Stati Uniti non hanno mai pagato riscatti e hanno punito anche duramente chi ha ceduto al ricatto dei terroristi (vedi caso Sgrena). Ma dopo Fowley il dubbio s’è insinuato nel paese. E dopo Sotloff sarà anche peggio. Come reagirà però l’opinione pubblica inglese? Come reagiremmo noi - intendo dire: noi come opinione pubblica - se l’ostaggio fosse italiano? Il nostro Parlamento ha votato a favore della fornitura di armi ai peshmerga. Non facciamo l’errore di credere di essere fuori dalla mischia.
• L’escalation terroristica dell’Isis non potrebbe essere un segno di debolezza?
Potrebbe. È vero che i peshmerga, con l’aiuto dei droni americani e con un supporto (finalmente) anche dell’esercito iracheno, hanno fermato l’avanzata sunnita e l’altro giorno conquistato, dopo un assedio durato undici settimane, la città di Amerli. Si pensa adesso di liberare Mosul, di puntare su Tikrit, nell’esercito che contrasta al Baghdadi si segnala una certa euforia. Però secondo altri analisti americani per ora si è solo riusciti a spingere gli uomini dell’Isis in un’altra direzione. La vittoria definitiva è molto lontana e non potrà essere raggiunta senza attaccare anche sul lato siriano. Da Damasco hanno dato la disponibilità dei loro cieli, ma quello che esita sul serio, ancora una volta, è Obama.
• Come è possibile?
L’altra mattina in conferenza stampa il presidente degli Stati Uniti ha pronunciato questa frase: «We don’t have a strategy yet», vale a dire «Al momento non abbiamo una strategia». Lei capisce la gravità di una simile affermazione da parte dell’uomo più potente del Pianeta. Il Presidente, dopo una settimana in cui aveva dato l’impressione di essere pronto a intervenire contro al Baghdadi, ha chiesto al segretario alla Difesa, Chuck Hagel, di studiare qualche alternativa all’intervento Usa e ha rispedito John Kerry in Medio Oriente con l’obiettivo di favorire la nascita di un’alleanza mediorientale che faccia la controguerra all’Isis.
• Probabilità di riuscita?
Esistono, perché a questo punto sono nemici dell’Isis sia i sauditi, che non vogliono perdere la posizione di paese guida del sunnismo, sia gli iraniani sciiti che contrastano da sempre i seguaci di Saddam e del partito Baath. La coalizione che ha riconquistato Amerli è tutto un programma: la tecnologia americana (i droni) è stata messa a disposizione della Brigata Badr, delle brigate Hezbollah (quelle irachene, non quelle libanesi), della Lega dei Giusti (Asaib al Haq), della brigata del Giorno Promesso (Liwa al Youm al Mawud). Tutta gente amica di Teheran e che ha sempre considerato gli Stati Uniti come il diavolo.
(leggi)