Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Caso Consip, il governo si salva
Nessuno vuole le elezioni anticipate, e perciò il governo esce vivo alla grande dal ginepraio Consip, benché al Senato i numeri siano in bilico. I senatori dovevano discutere cinque mozioni relative alla Consip e hanno approvato solo quelle, o parti di quelle, su cui la maggioranza era d’accordo, respingendo tutte le altre. Gentiloni, perciò, non potrà passare l’estate al mare, come magari sperava.
• Lei sa che basta la parola Consip - lingua marziana allo stato puro - per farmi venire la pelle d’oca.
“Consip”, cioè “CONcessionaria Servizi Informativi Pubblici”. Mi rendo conto che la spiegazione dell’acronimo non spiega niente. All’inizio (1997) questa Consip doveva fare effettivamente quello che dice il suo nome, cioè gestire i servizi informatici del Ministero del Tesoro, che la possiede al cento per cento. Negli anni però il suo ruolo è cambiato, perché attraverso i computer si possono fare tante cose, e alla fine, nel 2012, il governo Monti l’ha trasformata in centrale d’acquisto per la pubblica amministrazione, trasferendo a un’altra società (Sogei) le faccende informatiche. Che cosa significa “Centrale d’acquisto per la pubblica amministrazione”? In teoria, che qualunque cosa debba comprare la pubblica amministrazione - dalle penne a sfera all’affidamento delle pulizie - sarà la Consip ad acquistare, attraverso gare d’appalto seguite da contratti standard. È sensato pensare che si realizzeranno in questo modo risparmi notevoli, specialmente se le ditte in corsa per gli appalti saranno messe realmente in gara tra loro. Ma, ahimé, stando a una relazione di 600 pagine che la Corte dei Conti ha consegnato proprio adesso al ministero del Tesoro, risulta che le aziende vincitrici delle gare sono alla fine sempre quelle, le quali poi subappaltano a piacer loro e insomma neanche la Consip ha scalfito un sistema di potere a ragnatela che va avanti da anni e che si regge, è ovvio, sulle mazzette.
• Era su questo che il Senato doveva votare ieri?
Per niente. Il Senato doveva respingere o approvare cinque mozioni il cui senso era questo: il governo deve procedere o no al rinnovo completo dei vertici della Consip, e per “completo” si intende soprattutto la sostituzione dell’amministratore delegato? Questo era il senso della mozione del governo e il Senato l’ha approvata. Le mozioni dell’opposizione puntavano invece alla messa in stato d’accusa del ministro Lotti. E queste mozioni, che avrebbero potuto portare alla rimozione del ministro e alle dimissioni del governo, sono state respinte.
• Come mai, invece di discutere del fatto che la Consip funziona male, s’è votato su questo?
Un certo appalto Consip del 2014, valore 2,7 miliardi di euro, è stato messo sotto la lente dalla magistratura. S’è scoperta l’attività di un dirigente Consip di nome Marco Gasparri che in cambio di un incasso complessivo di centomila euro aveva tenuto al corrente l’imprenditore casertano Alfredo Romeo dei segreti di questo e di altri appalti. Romeo risulta in effetti tra quelli che, secondo la Corte dei Conti, vincono sistematicamente le gare. Gasparri e Romeo - che devono essere processati prima che li si possa dichiarare colpevoli - adesso stanno in galera. Ma, mentre l’inchiesta andava avanti, qualcuno avvertì l’amministratore delegato di Consip dell’esistenza di questa indagine. E lo ammonì di far bonificare il suo ufficio, zeppo di microspie. L’amministratore delegato di Consip si chiama Luigi Marroni, non è un renziano, ma è di Siena, cioè toscano come piace al segretario del Pd, e Renzi lo mise a capo della Consip quasi di forza, benché la sua esperienza manageriale precedente avesse riguardato solo la conduzione di una Asl. I giudici hanno chiamato Marroni e gli hanno chiesto: «Come hai saputo dell’indagine e delle microspie?». Marroni, ancora l’altro giorno confermando sue dichiarazioni precedenti, ha risposto ai giudici qualcosa come: mi hanno avvertito il ministro Lotti e i generali dei carabinieri Del Sette e Saltalamcchia. Si tratta di tre pezzi grossi del potere renziano. A Marroni è stato perciò fatto capire che sarebbe stato meglio rinunciare alla poltrona di ad della Consip.
• Mi pare una porcheriola. Marroni che ha fatto?
Si è rifiutato. Allora Renzi ha rispolverato la procedura che servì a far fuori da sindaco di Roma Ignazio Marino: ha ordinato a due dei tre membri del cda di Consip, cioè il presidente Luigi Ferrara e la rappresentante del Tesoro Marialaura Ferrigno, di dimettersi. A questo punto il cda di Consip risulta di fatto decaduto e l’ad Marroni necessariamente da sostituire. Sarà sostituito il 27 giugno, quando si riunirà l’Assemblea dei soci di Consip per la bisogna. Il socio è uno solo, il ministro dell’Economia Padoan. Fine della telenovela, di cui abbiamo raccontato solo il frammento finito ieri al Senato.
• Che dire?
Solo questo, per ora: che Lotti, Del Sette e Saltalamacchia, indagati dalla magistratura, restano però al loro posto. Mentre Marroni, unico non indagato, viene rispedito a casa.
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