Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
C’è un altro pasticcio politico, destinato a far rumore in forza delle chiacchiere, legato alla Lega e ai simboli italiani. Stavolta si tratta dell’Inno di Mameli, che il governatore del Veneto Luca Zaia, in occasione di una cerimonia ufficiale, non avrebbe fatto eseguire o avrebbe fatto eseguire troppo tardi, quando quasi tutti se n’erano andati.
• Di che cerimonia ufficiale si trattava?
La semplice inaugurazione di una scuola elementare a Fanzolo di Vedelago, in provincia di Treviso, presente il governatore. Il giornale della città, La Tribuna (gruppo L’Espresso, dunque anti-berlusconiano e anti-leghista), riferisce che ci sarebbero stati dei malumori tra i presenti perché, durante la cerimonia, al posto dell’Inno di Mameli sarebbe stato eseguito, su richiesta del portavoce di Zaia, il Va’ pensiero. Zaia ha smentito: «Non sono intervenuto sul programma della manifestazione, l’Inno di Mameli è stato regolarmente cantato dal coro al momento del taglio del nastro. Credo che queste precisazioni siano utili per chiudere definitivamente una polemica». I finiani di Farefuturo hanno chiesto a Zaia di «manifestare le sue intenzioni per il futuro. o non è d’accordo che nelle sue prossime uscite ufficiali il momento culminante sia sottolineato dall’inno nazionale?». La Russa, ministro della Difesa, ha avuto una reazione seccata: «Un episodio che mi pare impossibile, perché il Va’ pensiero è ancora più patriottico dell’Inno di Mameli, e dunque sarebbe contradditorio per un leghista. Comunque, se fosse vero sarebbe grave».
• E’ vero o no?
L’Ansa ha raccolto la testimonianza di Marco Titotto, direttore del coro polifonico di Salvarosa, 60 appassionati di canto cooptati per la cerimonia d’inaugurazione di questa scuola primaria di Fanzolo di Vedelago. Il maestro riferisce che ai canti di un gruppo di bambini sono seguiti i discorsi pubblici, tra cui quello del presidente della regione Veneto, Luca Zaia. «Al termine abbiamo cantato il Va’ pensiero, come ci avevano detto. Finita l’esecuzione, il governatore, il sindaco e le altre autorità si sono incamminate verso la scuola dove c’è stato poi il taglio del nastro».
• Quindi l’Inno di Mameli non è stato suonato.
Aspetti. Titotto continua: «Dalla posizione in cui ci trovavamo noi, vedevamo poco. Ho solo intravisto la coda del gruppo di persone che era già entrata per visitare la scuola. A quel punto, ho dato il la per l’inno nazionale, ricevendone alla fine un applauso solo da quelli che erano rimasti fuori». Cioè: poca gente. Aggiungo che Fabio Gava, parlamentare del Pdl, presente alla cerimonia dice di non aver sentito l’inno. «Se non l’ha fatto suonare Zaia, è piuttosto grave».
• Quindi si potrebbe dir così: l’Inno di Mameli forse è stato suonato, ma in ogni caso sbadatamente e controvoglia. Quello che hanno sentito tutti è stato il Va’ pensiero.
Potrebbe essere così. Mi limito a dire questo: disertando le cerimonie del 2 giugno, ignorando il 5 maggio (partenza dei Mille), boicottando le celebrazioni del 150° dell’Unità la Lega sembra voler dire che non ha nulla a che vedere con la storia italiana, bella o brutta che sia. Questa posizione era coerente al tempo di Gianfranco Miglio, quando Bossi guidava un movimento di popolo che si proponeva la secessione, sostenendo – in quanto Nord – di essere stato truffato dall’Unità. Ma la Lega adesso ha sostituito la parola secessione con la parola federalismo e oltre tutto è al governo, da Roma, di un paese unito che comprende venti regioni distribuite tra Nord, Sud e Centro. Che senso ha a questo punto rifiutare in toto la nostra tradizione?
• E’ che la nostra tradizione non gli piace.
Ne esiste un’altra? Nella mente di Bossi ed (eventualmente) di Zaia si passa direttamente dall’età dei Comuni alla nascita della Lega e tutto quello che sta in mezzo (più o meno otto secoli di storia) è solo un complotto meridionale per fottere i nordisti? Bisognerebbe che la Lega ci facesse sapere come la pensa davvero su quello che è successo almeno negli ultimi due secoli. Magari ribaltando anche tutto. Però aprendo i libri e mostrandoci qualche documenti, in modo da evitarci di scrivere altri articoli come questo. Oltre tutto, il Va’ pensiero (imparagonabile al nostro inno nazionale, che musicalmente è effettivamente poca cosa), racconta l’esilio degli ebrei, mentre proprio Fratelli d’Italia ha invece un riferimento, altisonante, all’epoca tanto adorata da Bossi e compagnia bella. alla quarta strofa, a cui non arriva mai nessuno: «Dall’Alpe a Sicilia/Dovunque è Legnano». Sarebbe un bello slogan anche per il Carroccio, che, come sappiamo molto bene, medita di estendere la sua zona d’influenza sempre più a sud. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 14/6/2010]
(leggi)