Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
L’ultimo dato sugli affamati lo ha dato ieri la Fao: 1,02 miliardi di persone. In agosto la Fao aveva presentato un rapporto, centrato soprattutto sulla capacità della Terra di dar da mangiare a tutti, da cui gli affamati risultavano 923 milioni. Un raffronto in linea, anno su anno, stima invece un aumento di affamati del 9%, con una percentuale allarmante anche nei Paesi ricchi dove il numero di persone che ha difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena (le parole «pranzo» e «cena», a dire la verità, sono esagerate nel nostro caso) è cresciuto del 15,4%.
• Anche in Italia?
Anche in Italia, stando almeno a uno studio diffuso qualche giorno fa dal Banco alimentare e presentato in Campidoglio dal cardinale Bagnasco. Si è fissata la «soglia-fame» al di sotto dei 222 euro al mese spesi per nutrirsi. Sembra impossibile che da noi ci sia qualcuno povero fino a questo punto. Invece il Banco alimentare risponde: sono in tre milioni, il 4,4% delle famiglie residenti nella Penisola. Il profilo dell’affamato italiano è questo: meridionale, disoccupato, titolo di studio basso, famiglia numerosa. Sessanta volte su cento, il nostro concittadino che si trova in questa condizione ha perso il lavoro. I troppi figli sono un altro fattore: di tutte le coppie che hanno almeno tre figli, il 10 per cento sta sotto la soglia-fame. Che per il nostro Sud i ricercatori del Banco alimentare (una onlus di Comunione e Liberazione) hanno anche abbassato a 196-207 euro al mese. Terzo elemento, qui da noi, è l’età: il 4,5% degli anziani (una percentuale che corrisponde a quella della media nazionale) soffre la fame. Il Banco ha anche stilato lo scontrino mensile dell’affamato italiano. Le voci principali: 28 euro di pane e cereali, 35 di carne e salumi, 14 di frutta, 10 di pesce, 9 di bevande.
• Che cosa dice il rapporto della Fao?
Che la crisi ha fatto la sua parte: gira meno denaro («calo dei flussi finanziari»), ci si scambiano meno merci («calo dei flussi commerciali»), sono precipitati gli investimenti e diminuiti gli aiuti allo sviluppo. Ultimo dato, estremamente significativo: sono calate le rimesse dall’estero, perché la disoccupazione, ovunque, ha colpito prima di tutto gli immigrati.
• Quelli che stanno peggio?
L’area Asia-Pacifico: 642 milioni di persone denutrite. Nell’Africa subsahariana sono 265 milioni, in America Latina e Caraibi 53 milioni, nel Vicino Oriente e nel Nord Africa 42 milioni. Inutile dire che l’obiettivo di dimezzare il numero di chi ha fame entro il 2015, ribadito ancora due anni fa (Dichiarazione del Millennio), è stato completamente abbandonato.
• Che cosa si può fare?
La Fao ha stimato che quest’anno i 71 Paesi più poveri del mondo sperimenteranno una caduta degli aiuti del 25% rispetto al 2008. Tuttavia il problema è solo fino a un certo punto quello degli aiuti: bisognerebbe che il mondo occidentale facesse entrare l’agricoltura del Terzo mondo nel circuito del commercio internazionale. Vale a dire, bisognerebbe che aumentassimo gli acquisti da quelle aree del pianeta, in modo da sostenere la domanda. Il risvolto di una politica di questo tipo, però, sarebbe permettere ad africani, asiatici, sudamericani di far la concorrenza ai nostri prodotti. Se lo immagina il caos politico che ne verrebbe? In un certo senso il sussidio al Terzo Mondo, che risolve i problemi fino a un certo punto, è in realtà un aiuto indiretto ai nostri, una forma di protezionismo mascherata. Eppure, una crescita della domanda mondiale è la soluzione per uscire dalla crisi. Almeno da questa crisi. C’è poi il problema, naturalmente, di non consumare il pianeta.
• In che senso?
Non è ipotizzabile né che il mondo occidentale continui a consumare ai ritmi di adesso né che il Terzo mondo, crescendo, si dia allo spreco come abbiamo fatto noi. Mi rendo conto che questo ragionamento contiene una grande ingiustizia, perché siamo stati e siamo noi occidentali a bruciare risorse senza remore, sottraendole ai nostri figli e rendendo più difficile il riscatto degli affamati. Se tutto il mondo si comportasse come gli europei e gli americani, ci vorrebbero tre Terre per apparecchiare la tavola. Qualche cifra da un rapporto Fao di poco precedente a quello diffuso ieri: solo l’11 per cento della Terra (un’area grande cinque volte l’Italia) è utilizzabile per la produzione agroalimentare. Di qui al 2050 gli abitanti del Pianeta saliranno a 9,3 miliardi. Continuando così, avremo da questa parte un mondo di ciccioni, che campa di bistecche da due chili e per i quali già adesso la Croce rossa ha previsto ambulanze speciali da 140 mila euro l’una. Dall’altra parte, ci sarà un terzo dell’umanità costretta a campare con mezzo dollaro al giorno. Gli affamati di domani, cioè, tre volte quelli di oggi. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 15/10/2009]
(leggi)