Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La questione è molto semplice: se il ministro dell’Interno, come è suo pieno diritto, decide di trasferire — mettiamo — mille migranti nelle strutture della Lombardia, magari requisendo caserme in disuso o cinema smessi, può il governatore della Regione Lombardia rifiutarsi di accoglierli? Mettiamo che non sia coinvolta la Regione direttamente, ma certi comuni lombardi, che so, Stezzano o Zogno o Bottanuco (tanto per non uscire dalla Bergamasca), sto dicendo così per dire, c’è una struttura a Bottanuco, mettiamo, dove se ne potrebbero mettere bene un centinaio, può il governatore Maroni dire a quelli di Bottanuco: «Volevo trasferirvi tot migliaia di euro, avete preso i migranti, non vi dò più un euro»?
• Bottanuco è solo per dire.
Solo per dire. In nessun elenco, per quanto ne sappiamo, c’è la parola Bottanuco.
• Ma il sindaco di Bottanuco, vedendosi intimare l’accoglienza di cento migranti da piazzare nella tal struttura, può dire di no?
No. Il ministero dell’Interno ha una sua articolazione territoriale — roba copiata dai francesi e che risale al primo governo Rattazzi — basata sui prefetti. I prefetti sono i funzionari del governo sul territorio. Se il governo dice: fate questo, i prefetti devono farlo. Nei confronti della struttura politica — la giunta regionale e il governatore — il prefetto sta un po’ più su: se il governatore regionale si rifiuta di dar seguito alle disposizioni del prefetto, il prefetto, d’intesa col governo, può sciogliere il consiglio regionale, favorire la nomina di un commissario e andare a nuove elezioni. Così stanno le cose, purtroppo per Maroni.
• Maroni, governatore della Lombardia, ha appunto minacciato di bloccare i trasferimenti della Regione Lombardia ai comuni lombardi che accogliessero i migranti.
Sì, nell’ultimo weekend navi italiane e navi straniere hanno salvato in mare seimila persone. Si tratta adesso di distribuirle su tutto il territorio, secondo la logica messa in atto dallo stesso Maroni quando era ministro dell’Interno nel 2011. Il Maroni governatore fa la faccia feroce al Maroni ministro dell’Interno, profittando del fatto che la faccia odierna del ministro dell’Interno non è più la sua, ma è quella di Angelino Alfano. Il governatore del Veneto, Zaia e quello della Liguria, Toti, gli sono subito andati dietro. Ma è solo propaganda, casino per il casino. I leghisti, dopo le avventure della famiglia Bossi, avevano smesso queste sceneggiate (tipo la buffonata dei ministeri a Monza). Siccome le elezioni gli sono andate bene, ricominciano. Fa specie Toti, che ha fatto il direttore del Tg4, certe cose dovrebbe saperle e non pensa, ne sono sicuro, che «migrante» sia un gerundio. Ieri il leader leghista Salvini ha minacciato il blocco delle Prefetture mentre Renzi ha replicato promettendo incentivi per i comuni che accolgono i migranti.
• Zaia dice che il Veneto è al limite...
Sì, in un’intervista al Corriere dell’altro giorno. «Il Veneto è una bomba che sta per scoppiare. Abbiamo 514 mila immigrati regolari. Di questi, 42 mila non hanno un lavoro». Sono numeri impropri: non stiamo parlando di tutti i migranti presenti in Italia, ma di quelli arrivati fortunosamente da noi su carrette e gommoni e che non hanno ancora trovato una sistemazione neanche giuridica. Secondo i dati di febbraio forniti dal Viminale, questi sono 67.000. Un terzo del totale è distribuito tra due regioni: la Sicilia (21 per cento) e il Lazio (13 per cento). Il Veneto, finora, soccorre appena il 4 per cento di questi disgraziati. La Lombardia, il 9. La Valle d’Aosta, altra regione che non ne vuol sapere dei poveri, accoglie appena 61 migranti, siamo sotto all’1 per cento del totale. Il ministero dovrebbe predisporre un piano d’accoglienza immediata per 7.500 persone. È arrivato il bel tempo, gli sbarchi sono destinati ad aumentare. Si parla di 550 mila persone pronte a lasciare la Libia alla volta delle nostre coste.
• Con che criterio si distribuirebbero i migranti?
C’è un accordo dell’anno scorso. Si darà un punteggio in base alla popolazione (40%), al Pil del territorio (40%), alla disoccupazione (10%) e al numero di richiedenti già accolti (l’ultimo 10%). Queste quote dovrebbero anticipare quelle semi-concordate a livello europeo. Ieri era qui il greco Dimiris Avramopoulos, commissario europeo all’Immigrazione. Ha dato le più ampie assicurazioni. Intanto però al G7 che s’è tenuto negli ultimi due giorni a Berlino s’è parlato di tutto — compresa l’epidemia di ebola e la resistenza agli antibiotici — ma su queste masse di disperati che attraversano e continueranno ad attraversare il Mediterraneo neanche una parola.
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