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 2015  giugno 09 Martedì calendario

«Se io fossi un terrorista dell’Isis non sceglierei i barconi per approdare in Italia. Intrufolarsi tra i migranti non mi sembra la scelta più saggia per entrare nel nostro Paese». L’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, Capo di Stato maggiore della Marina, ci spiega cosa sta avvenendo nel Mediterraneo: «Abbiamo navi vecchie per questo caos, servono nuovi mezzi polivalenti»

«Se io fossi un terrorista non sceglierei i barconi per approdare in Italia – dice l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, capo di stato maggiore della Marina –. Ci sono tanti modi per entrare nel nostro Paese, ma francamente intrufolarsi tra i migranti non mi sembra la scelta più saggia. Non puoi portare armi, sei sottoposto a controlli della polizia, visitato dai medici, isolato nei centri di accoglienza. Tutto può essere, ma io credo che qui non arrivano i terroristi, arriva chi scappa dai terroristi. Più si allarga l’area di influenza dell’Isis e più aumenta il flusso dei disperati. Noi portiamo soccorso con 5 navi schierate più o meno a 100 chilometri dalla costa libica».
In occasione della Giornata della Marina militare, in programma domani, De Giorgi racconta cosa sta avvenendo nel Mediterraneo.
«Alle nostre navi se ne sono aggiunte una francese, una inglese, più una irlandese e una quarta spagnola. Operano sotto i loro comandi nazionali. Ma a Bruxelles si sta pianificando in questi giorni una missione europea che sarà a comando italiano. La guiderà l’ammiraglio Enrico Credentino, impegnato, proprio a Bruxelles, a perfezionare con i partner europei lo schieramento navale da mettere in campo».
Com’è finita l’idea di distruggere i barconi degli scafisti?
«È un’iniziativa che va discussa e approvata a livello europeo. Per ora siamo fermi».
Il fenomeno migrazione sembra inarrestabile. Voi siete attrezzati per fronteggiarlo anche nei prossimi anni?
«Due anni fa, quando fui nominato capo di stato maggiore, spiegai alle commissioni Difesa di Camera e Senato che la nostra flotta è vecchia. Delle 60 unità, 50 andranno in disarmo a breve. Con minacce come l’Isis, con i conflitti interreligiosi fra musulmani e le migrazioni bibliche appare chiaro che, per la nostra sicurezza, serve una Marina adeguata. Per fortuna il Parlamento mi ha dato retta, sono stati stanziati 5,6 miliardi di euro. Abbiamo iniziato un programma di rinnovamento. In particolare, stiamo costruendo dei pattugliatori polivalenti».
A che servono?
«Possono intervenire in tutti i casi di grave pericolo. Li avessimo ora, sarebbero ideali per soccorrere in alto mare i migranti perché aprono di lato una grande piattaforma facilitando l’arrivo a bordo. Ma prendiamo un’altra emergenza come l’alluvione in Liguria o l’esplosione dello Stromboli. Con questi mezzi velocissimi, siamo in grado di portare a un villaggio di 6 mila abitanti elettricità, acqua, assistenza medica grazie a un ospedale a bordo, e possiamo anche evacuare rapidamente la popolazione colpita attraverso una rampa apposita e con gli elicotteri».
Lei però non si accontenta dei 5,6 miliardi previsti.
«Quella somma serviva a realizzare la prima parte del programma di rinnovamento. Ci vogliono altri 5 miliardi per dare alla Marina una capacità navale adeguata a svolgere gli impegni del Paese. Tutta la linea dei cacciamine va ripristinata. Anche le navi da rifornimento sono abbastanza antiquate. E poi l’Italia non può rimanere con soli 4 sommergibili, perfino la Grecia ne ha di più, per non parlare della Turchia che ne schiera 14. Per mantenere il livello ottimale della flotta si dovrebbero costruire tre nuove navi all’anno. Vorrei anche dotarle di piccoli droni utili per la sorveglianza marina».
Dieci miliardi sono tanti.
«Calcoliamo però che 5 ritornano allo Stato come tasse, ne aggiungiamo altri 2,4 di cassa integrazione risparmiata se l’industria lavora a pieno ritmo, e infine consideriamo i punti di Pil generati. Vale la pena. Io vedo sempre più un aspetto marittimo centrale nella vita nazionale. Pur essendo piccolo, sul Mediterraneo viaggiano le petroliere di mezzo mondo, dobbiamo stare attenti all’inquinamento. Inoltre va affrontata una nuova grave emergenza: nel Mediterraneo le correnti hanno radunato enormi quantità di rifiuti di plastica, si sono formate 5 grandi isole, sono fonte di virus e va studiato come distruggerle».