Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il problema con gli esami di maturità, che cominciano stamattina, sono i professori che all’ultimo momento si sono dati malati. Uno su quattro ha mandato il certificato medico e molte volte si tratta di docenti difficile da sostituire, per esempio insegnanti di Geografia economica, Elettrotecnica, Matematica. Sono stati lanciati appelli su Internet e qualche volta persino appelli a voce: durante le riunioni preliminari di questi giorni, in qualche salone gremito di docenti in attesa di istruzioni, qualcuno è magari andato al microfono e ha gridato: «C’è in platea un esperto di Odontotecnica?». La legge, per colmare i buchi, consente di ricorrere a discipline affini anche se è vero che questa affinità è talvolta talmente larga da risultare invisibile.
• Che gli è preso ai professori?
Quest’anno il 50 per cento dei commissari è esterno, quindi deve trasferirsi. I soldi sono pochi: dai 128 ai 140 euro in busta paga. Lordi, cioè tagliati dalle tasse. E pagati con ritardi incredibili: molti commissari dell’anno scorso non sono ancora stati compensati. Questo per un mese di fatica improba: colloqui, correzione dei compiti, riunioni e discussioni, il tutto in un caldo soffocante.
• E il senso del dovere?
Ma quale senso del dovere, scusi? Cioè, il senso del dovere, sì, capisco. Sabato scorso, ad Aversa, il professor Giancarlo De Grazia, preside del liceo Cirillo, ha avuto una mascella rotta da un cazzotto tiratogli da un padre il cui figlio era stato bocciato all’unanimità. A Trofarello (Moncalieri, cioè Torino), pochi giorni prima, un altro padre di figlio bocciato ha insultato i professori e poi ha annunciato che avrebbe dato fuoco alla scuola, è stato bloccato in tempo dai carabinieri che lo hanno denunciato a piede libero. A Palermo, come lei sa perché il caso è finito su tutti i giornali, una professoressa è stata denunciata alla magistratura per aver fatto scrivere cento volte «Sono un deficiente» a un ragazzino che aveva già sette note sul registro e impediva a un compagno di scuola di entrare in bagno dandogli della «femminuccia» e del «gay». L’insegnante, che ha 56 anni, rischia pure di pagare 25 mila euro di danni.
• Già, com’è finita quella storia?
La professoressa è stata interrogata lunedì e la sentenza dovrebbe essere emessa mercoledì prossimo. Ha detto di aver fatto scrivere la parola ”deficiente” perché è un termine che tutti avrebbero capito. Voleva mandare un messaggio forte alla classe. Lei capisce che l’atteggiamento di tante famiglie nei confronti della scuola è: tu, alla fine, mi devi dare un pezzo di carta e intanto tenermi il figlio per tutto il tempo in cui io devo fare altre cose, il resto non mi interessa. Anche molte mamme di Rignano, quando gli è stato chiesto perché non fossero andate a parlare con le maestre dei loro timori, hanno rispost «Che c’entrano le maestre? Le maestre hanno il compito di tenerci i figli fino alle quattro. E basta». Ora lei capisce che questa considerazione per gli insegnanti, troppo diffusa nelle famiglie e non negata con i fatti né dai politici né dagli opinion leader, non è fatta per incoraggiare nei professori il senso del dovere o il concetto della missione, molto alta, che svolgono. Anche le promozioni generalizzate alla maturità, i famosi 99 per cento di promossi, che messaggio trasmettono, alla fine? Che studiare troppo non vale la pena, tanto si passa lo stesso. Che la scuola sta lì per darti un certificato, e se il certificato non corrisponde a niente, chi se ne frega.
• All’estero come fanno?
Il Baccalauréat francese prevede sette prove scritte obbligatorie. Il tasso di promozione è molto più basso, non supera l’80 per cento. E negli anni precedenti viene fatta una selezione molto più severa che da noi. L’Abitur tedesco varia da un Land all’altro, ma ha una gran quantità di prove scritte e orali, e tiene rigorosamente conto, nel voto finale, dell’andamento scolastico dell’ultimo triennio. In Spagna finisci il liceo a 16 anni, poi se vuoi andare all’università devi seguire un corso biennale e avere voti positivi in tutte le materie. Gli inglesi e gli americani hanno un sistema simile.
• La maturità non serve a niente?
un lungo discorso. All’estero, se non c’è l’esame di diploma, c’è sempre un test d’accesso, piuttosto severo, all’università. Da noi il livello degli studi secondari è così scaduto che molte università sottopongono i diplomati a un test d’accesso, cioè abbiamo due sbarramenti invece di uno. Il bello è che da noi anche gli studi universitari sono così scaduti che molte lauree – specie nelle discipline umanistico-giuridiche – non garantiscono in realtà nessuna preparazione minima. La vera prova viene allora spostata più in là, al momento dell’ingresso nel mondo del lavoro. Non è un caso che per i 30-35enni da noi si adoperi ancora il termine “ragazzi”. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 19/6/2007]
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