Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri i Sukhoi-30 russi hanno bombardato due scuole e cinque ospedali tra Aleppo e Idlib in Siria, uccidendo almeno cinquanta persone e tra queste ci sono bambini. Tra gli ospedali colpiti, anche una struttura di Medici senza Frontiere (Msf) a Maarrat al Numan, nella zona di Idlib, a 280 chilometri a nord di Damasco. Medici senza Frontiere riferisce che sono piovuti sull’ospedale quattro missili a pochi minuti di distanza uno dall’altro. Morti accertati: cinque pazienti, un membro del personale, una guardia, otto medici. Massimo Rebaudengo, di Medici senza Frontiere, ha dichiarato: «La distruzione di questo ospedale lascia una popolazione di circa 40.000 persone senza accesso ai servizi sanitari in una zona in pieno conflitto».
• Aleppo è caduta?
Non ancora. Ieri a Damasco è sbarcato l’inviato delle Nazioni Unite, Staffan de Mistura. È previsto (forse) un incontro con il ministro degli Esteri siriano Walid al Muallem. Staffan de Mistura fa su e giù tra un combattente e l’altro. Anche a Ginevra dove sono in corso negoziati tra alcune delle parti in causa (non tutte), i rappresentanti dei paesi in conflitto non discutono intorno allo stesso tavolo, magari con la pistola in pugno. No, ognuno sta chiuso in una stanza e De Mistura fa la spola tra uno e l’altro, rappresentando a questi le richieste di quelli e a quelli le richieste di questi e sperando che emerga qualche punto di vista in comune che consenta di far fare un minimo passo in avanti alla trattativa. Così, il tavolo si è metaforicamente esteso fino a Damasco, e si tratterà, credo, di convincere il presidente Assad che la vittoria non è così a portata di mano come sembra, anche se i bombardamenti su Aleppo non si fermano e la città è prossima a cadere. Ci sono i turchi decisi a rompere la linea di mille chilometri del confine con la Siria controllata dagli odiati curdi, e ci sono gli arabi che annunciano, minacciosamente, una gigantesca esercitazione militare al confine con la Giordania, cioè a pochi chilometri dalla Siria, da svolgersi tra un mese (leggi qui).
• Gli arabi non sono una vera minaccia?
I giocatori seduti al tavolo di questo poker sanguinoso li ritengono in bluff, bluff che in parte hanno svelato loro stessi ammettendo che non si muoveranno se non per iniziativa degli americani. E Obama non sembra incline, nel suo ultimo anno, a fare quello che si è sempre rifiutato di fare, cioè mandare altre truppe di terra in Medio Oriente. D’altra parte gli arabi non sono riusciti, in dieci mesi e con questi pretesi trecentomila uomini, ad aver ragione dei ribelli sciiti nello Yemen. Dunque un loro intervento non sembra così credibile. E hanno problemi di soldi, oltre tutto, col petrolio a quel prezzo.
• Che cosa deve succedere perché la finiscano?
Obama e Putin si sono sentiti l’altro giorno e la nota ufficiale americana dice che Obama ha intimato a Putin di farla finita con i bombardamenti sui civili. Putin si sarà fatto impressionare molto poco. Si tratta, oltre tutto, di stabilire se bisogna continuare a discutere con l’attuale presidente o aspettare un anno e parlare col successore. A Ginevra è stato concordato, di massima, un cessate il fuoco generale tra i 17 paesi che fanno parte del Gruppo Internazionale di Sostegno per la Siria (messi insieme dalla Risoluzione 2254 dell’Onu) e da altre tre organizzazioni internazionali. Non si tratta di tutte le fazioni in guerra e in ogni caso questo cessate il fuoco non è ancora cominciato.
• Quando potrà cominciare?
Lo decideranno i ribelli che combattono da cinque anni contro Assad e che hanno sperato, all’inizio, nell’appoggio internazionale. Questo appoggio non è arrivato: i russi li considerano esplicitamente dei terroristi e li bombardano (questa è da ultimo la battaglia di Aleppo), gli americani li considerano terroristi anche se non lo dicono. O, comunque, potenziali nemici. Gli americani hanno perseguito per molto tempo la teoria del pareggio...
• Sarebbe?
La teoria del pareggio dice che in Siria tutte le forze in campo sono nemiche degli Stati Uniti, e che è perciò conveniente che continuino ad annientarsi tra loro. L’intervento russo, che mira a consegnare a Putin il controllo dell’area (e Putin ci sta riuscendo), ha cambiato le logiche. Un forte impulso alla trattativa potrebbe venire dalla coscienza generalizzata che laggiù nessuno può vincere e che sedersi al tavolo, dopo 250 mila morti e l’esodo di milioni di profughi, è di fatto l’unica soluzione. Ma i primi a convincersi dell’impossibilità della vittoria, cioè in definitiva ad arrendersi, devono essere proprio i ribelli anti-Assad. Finché non sventoleranno bandiera bianca loro, non saranno possibile far procedere il negoziato.
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