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 2010  settembre 02 Giovedì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano
Il Presidente del Senato è Renato Schifani
Il Presidente della Camera è Gianfranco Fini
Il Presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi
Il Ministro degli Interni è Roberto Maroni
Il Ministro degli Esteri è Franco Frattini
Il Ministro della Giustizia è Angelino Alfano
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Mariastella Gelmini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Maurizio Sacconi
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Giulio Tremonti
Il Ministro della Difesa è Ignazio La Russa
Il Ministro dello Sviluppo economico è Silvio Berlusconi
Il Ministro delle Politiche agricole è Giancarlo Galan
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Altero Matteoli
Il Ministro della Salute è Ferruccio Fazio
Il Ministro di Beni e Attività culturali è Giancarlo Galan
Il Ministro dell’ Ambiente è Stefania Prestigiacomo
Il Ministro dell’ Attuazione programma di governo è Gianfranco Rotondi (senza portafoglio)
Il Ministro della Gioventù è Giorgia Meloni (senza portafoglio)
Il Ministro delle Pari opportunità è Mara Carfagna (senza portafoglio)
Il Ministro delle Politiche europee è Andrea Ronchi (senza portafoglio)
Il Ministro di Pubblica amministrazione e Innovazione è Renato Brunetta (senza portafoglio)
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento è Elio Vito (senza portafoglio)
Il Ministro di Rapporti con le Regioni e Coesione territoriale è Raffaele Fitto (senza portafoglio)
Il Ministro delle Riforme per il federalismo è Umberto Bossi (senza portafoglio)
Il Ministro della Semplificazione normativa è Roberto Calderoli (senza portafoglio)
Il Ministro di Sussidiarietà e decentramento è Aldo Brancher (senza portafoglio)
Il Ministro del Turismo è Michela Vittoria Brambilla (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Mario Draghi
Il Presidente della Fiat è John Elkann
L’ Amministratore delegato della Fiat è Sergio Marchionne
Il Coordinatore Nazionale di Sinistra Democratica è Claudio Fava
Il Presidente della Rosa per l’Italia è Savino Pezzotta
Il Segretario Nazionale dei Popolari per il Sud è Clemente Mastella

Nel mondo

Il Papa è Benedetto XVI
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Ben Bernanke
Il Presidente della BCE è Jean-Claude Trichet
Il Presidente della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Hu Jintao
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è Nicolas Sarkozy
Il Primo Ministro della Repubblica francese è François Fillon
Il Re di Spagna è Juan Carlos I
Il Presidente del Governo di Spagna è José Luis Rodríguez Zapatero
Il Presidente dell’ Egitto è Hosni Mubarak
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Abdullah Gül
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pratibha Patil
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Manmohan Singh
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Mahmud Ahmadinejad

Il discorso di Obama dell’altra sera si può riassumere così: «Ce ne andiamo dall’Iraq, e in generale cercheremo di smetterla con le guerre, perché abbiamo troppi problemi economici all’interno e dobbiamo concentrarci su quelli».

Gli americani non se n’erano già andati il 20 agosto?
Sì, il 20 agosto era cominciata l’evacuazione, ma l’altra sera, a un’ora impossibile per noi italiani, Obama ha voluto mettere un suggello al ritiro di centomila uomini. La frase chiave è stata: «Non è il momento di celebrare vittorie». Prima ha telefonato a Bush (e lo ha fatto sapere, senza farci sapere però che cosa si sono detti), poi è andato al Walter Reed Medical Center di Washington, cioè l’ospedale del Pentagono dove sono ricoverati i feriti in battaglia, e infine ha raggiunto la base di Fort Bliss, in Texas, dove approdano i soldati di ritorno dall’Iraq. L’insieme di questi movimenti e del discorso è questo: non è il caso di parlare di vittoria, ma si deve ammettere che il sacrificio compiuto dagli Stati Uniti per fare dell’Iraq un paese moderno e democratico è stato enorme. Ricorderà che in campagna elettorale, Obama aveva duramente attaccato Bush per le guerre. Adesso ha preso una posizione più conciliante: ci sono 4.400 soldati americani morti e decine di migliaia di feriti. Non si può mancare di rispetto a questi infelici. Quindi, Barack s’è presentato con un discorso equilibrato, prudente, che ha infatti scontentato i pacifisti (i quali non riconoscono più il loro Obama) senza tirare dalla sua parte i repubblicani, sempre più scatenati contro il “presidente delle tasse”. A novembre si vota e i pronostici dànno Obama perdente. Questo significa che il presidente avrà un Congresso nemico, che gli renderà la vita ancora più difficile, per esempio mettendosi di traverso ad ogni idea di nuove tasse.

E l’Afghanistan?
Ha confermato che il ritiro comincerà la prossima estate. Ha detto che l’obiettivo è riconsegnare il Paese agli afgani, così com’è stato riconsegnato l’Iraq agli iracheni. Una macabra ironia della sorte ha fatto sì che queste assicurazioni arrivassero al termine della settimana più tragica per gli americani: 22 morti in cinque giorni, il bilancio peggiore dall’inizio della guerra.

Il fatto che il ritiro sia avvenuto anche per ragioni economiche è stato esplicito?
Sì, Obama ha detto che il ritiro era indispensabile «per spostare risorse verso il rilancio dell’economia, la priorità assoluta». Prolungo questo discorso e vedo che tra qualche anno gli americani non potranno più permettersi di fare il gendarme del mondo. Mi domando chi sosterrà allora i costi della nostra sicurezza, dato che un pianeta pacificato è purtroppo impossibile da immaginare. Le faccio notare che Francia e Inghilterra hanno appena deciso di condividere le loro portaerei, un segno dei tempi.

Tra dieci anni gli americani non saranno usciti dalla crisi?
Sembrerebbe di no, stando ai discorsi che sono stati fatti appena venerdì scorso dal governatore Bernanke. A parte il Pil, che nel secondo trimestre è aumentato di appena l’1,6% contro il 3,7 del primo trimestre; a parte il numero di disoccupati, ufficialmente 14 milioni e mezzo di persone, in realtà secondo tutti almeno il doppio; a parte questo, dicevo, il declino americano è annunciato soprattutto dall’esplosione del debito pubblico, oggi prossimo ai 12 mila miliardi di dollari, cioè pari al 100 per cento del Pil. Una situazione peggiore di quella italiana per tre motivi: sono indebitate per il 130 per cento del loro reddito anche le famiglie; il Pil americano è fatto per un buon 70% di consumi e non di prodotti (quindi poco sollievo, per esempio, dalle esportazioni); l’indebitamento è quasi tutto con l’estero, e in particolare con cinesi e sauditi. Nel suo discorso di venerdì, Bernanke ha fatto capire che una soluzione al problema della crisi potrebbe essere la fabbricazione di carta moneta, cioè la creazione di inflazione che anneghi il debito deprezzando il dollaro. È una mossa però che i cinesi potrebbero non permettere: c’è un enorme quantità di debito è in mano loro e dal loro punto di vista creare inflazione equivarrebbe a una truffa.

Non è troppo triste questa agenda di Obama? Non potremmo mettergli in conto qualche successo?
Oggi ricomincia la trattativa tra israeliani e palestinesi, voluta fortemente proprio dal presidente americano. Speriamo. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 2/9/2010]
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