9 marzo 1957
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Fellini e la censura
• Le notti di Cabiria di Federico Fellini ha problemi con la censura e il regista, aiutato da padre Angelo Arpa, decide di presentare il film a Giuseppe Siri, cardinale di Genova, che presiede la Conferenza episcopale italiana e guida gli uomini dell’Azione cattolica, per averne l’approvazione. «Federico si precipita a Genova con a fianco il fedele Giacosi che si è procurato la copia del film. Bisogna organizzare su due piedi una proiezione per il cardinale, ma l’unica saletta disponibile risulta collocata nei “caruggi” ovvero i vicoli del porto. Si può invitare un principe della Chiesa a vedere un film presunto blasfemo in un quartiere malfamato? Non c’è tempo per le esitazioni: tentando di conferire all’evento una certa dignità, Giacosi si precipita da un antiquario e prende a nolo una specie di trono dorato che sistema la centro della piccola platea. È inteso che Siri vedrà il film a mezzanotte, sfollato il pubblico dell’ultimo spettacolo; ma la sala dispone di una macchina sola e la proiezione dovrà interrompersi dopo ogni rullo. Angelo raccomanda a Federico di non farsi vedere, così da offrire al cardinale una via di scampo nel caso il film non gli piacesse. “Quando usciamo, se è il caso che ti avvicini, ti faccio segno”. Seminascosti in un portone, Federico e Gigetto (Giacosi, ndr) assistono all’arrivo del cardinale con il suo seguito qualche minuto dopo la mezzanotte. Lunga è l’attesa nei vicoli notturni, fra lo schiamazzo dei marinai ubriachi e gli inviti delle prostitute vere, mentre in sala i religiosi guardano quelle finte. Fra un’interruzione e l’altra, la proiezione finisce che sono quasi le tre. I due cinematografari, riguadagnato il portoncino, scrutano ansiosi e nell’oscurità vedono scintillare il sorriso soddisfatto di Arpa, che fa un cenno d’invito. In due salti Federico è vicino al cardinale: il gesuita mormora una presentazione e Siri sfiora il regista con occhio che guarda lontano. Dice solo tre parole: “Bisogna fare qualcosa”; e sospira. Impossibile capire se allude da politico alle difficoltà con la censura o, da pastore d’anime, al problema umano e sociale che il film illumina». La risposta del cardinale è positiva. [Kezich 2007]