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 2008  aprile 11 Venerdì calendario

Ultime dai candidati: Veltroni promette che, in caso di vittoria, darà una delle due camere al Popolo della Libertà

Ultime dai candidati: Veltroni promette che, in caso di vittoria, darà una delle due camere al Popolo della Libertà. Emma Bonino si augura di diventare ministro degli Esteri o della Difesa o del Commercio. Berlusconi giura che formerà un governo ristretto, di soli dodici ministri, e aggiunge che quattro di questi ministri saranno donne, un altro ministero andrà a Gianni Letta e un altro ancora a Lucio Stanca.

• Oggi, in base all’impegno preso ieri, dobbiamo parlare di Veltroni.
Già, ieri ci siamo occupati dello sfidante Berlusconi e oggi dobbiamo concentrarci sul vincitore uscente, Walter Veltroni. Anche se Veltroni non faceva parte del governo Prodi, non ha partecipato alla precedente campagna elettorale ed è sbucato fuori all’improvviso dopo la fusione tra Ds e Margherita, la nascita del Partito democratico e i tre milioni e mezzo di voti presi alle primarie. Le elezioni, per Veltroni, sono state un colpo di fortuna.

• Perché?
Perché hanno bloccato la lotta interna al Partito democratico, che era già cominciata e si articolava su due questioni: che rapporto si deve avere con Berlusconi e come bisogna organizzare il partito. Su questi due punti il capo del Pd ha idee particolari e una buona dose di democratici non vede l’ora di andare al rendiconto.

Queste idee sarebbero?
Prima di tutto Veltroni non vuole un partito tradizionale, con segretario, presidente, direzione, comitato centrale, il congresso con i delegati, le tessere, le correnti eccetera eccetera. Lui, o qualcuno per lui, ha coniato l’espressione “partito liquido”, un’immagine che vuole descrivere un aggregato molto dinamico di idee, interessi, tendenze politiche o ossessioni culturali molto diverse tra loro, per nulla burocratizzate, sempre in movimento dialettico tra loro. Dibattito perenne, continuo ricorso alle primarie, niente tesseramenti o tesseramenti all’acqua di rosa, niente correnti o burocrazie interne. In un partito sapientemente disordinato, i vari cavalli di razza avrebbero difficoltà a formare gruppi o cordate, con relative spartizioni e alleanze. Insomma Veltroni non vuole un Partito democratico contenitore di altri micropartiti: i dalemiani, i fassiniani, i rutelliani, i sinistri, i teodem, eccetera. Ci sarà, in questa preferenza, anche una motivazione estetica o di gusto. Ma è anche sicuro che in questo modo il segretario del Pd impedirà ai capicorrente di tenere riunite le forze e di muoverle tatticamente nelle sedi opportune per condizionarlo e limitarlo. La direzione, la segreteria, il comitato centrale a che servono se non a limitare il potere del leader? L’esempio, Veltroni ce l’ha di fronte: Forza Italia, un partito talmente poco partito che può cambiar nome e definizione senza che nessuno si scomponga più di tanto. Esiste forse qualche direzione o segreteria capace di costringere Berlusconi a un confronto? Ma quelli non fanno neanche i congressi! Per Veltroni è una specie di paradiso terrestre.

Che c’entra con le elezioni?
C’entra, perché dopo le elezioni le correnti del Pd – che esistono – si metteranno in moto per riprendere la marcia sul segretario, appena iniziata dopo Natale e subito interrotta dalla caduta del governo Prodi. E che cosa metterà in moto le armate democratiche? La questione del rapporto con Berlusconi, specialmente se al Senato ci sarà un pareggio o un vincitore diverso da quello della Camera. Fare o non fare il governo di larghe intese? Se pure non si facesse il governo di larghe intese, confermare i sorrisi e le pacche sulle spalle scambiati col Cavaliere lo scorso dicembre? Se Veltroni prevalesse alla Camera e al Senato potesse far maggioranza solo con i voti della Sinistra Arcobaleno, li accetterebbe o preferirebbe continuare a “star da solo”, magari accordandosi col Popolo delle Libertà? E se questi voti in più fossero messi a disposizione da Casini? E se fossero messi a disposizione sia da Casini che da Bertinotti? E in definitiva, con qualunque risultato a disposizione, Veltroni preferirebbe allearsi con Berlusconi o con uno degli altri due?

E se Veltroni vincesse o facesse comunque un buon risultato rispetto al 2006 o rispetto alle attese di due mesi fa?
Questa è la conditio sine qua non, cioè la condizione inderogabile perché Veltroni – sia pure assaltato dai suoi compagni di partito – continui tranquillamente il suo percorso. Se ci fosse una sconfitta e questa fosse troppo netta o superiore alle peggiori previsioni dello scorso febbraio, allora sarebbe difficile evitare un redde rationem assai duro. Anche se Veltroni ha avuto questa fortuna: di poter dire che le elezioni sono arrivate troppo presto. Avrebbe ragione: come si poteva far dimenticare Prodi avendo preso in mano il partito appena lo scorso 14 ottobre? [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 11/4/2008]