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 2006  gennaio 23 Lunedì calendario

La legge Pecorella

• Ciampi ha effettivamente respinto la legge Pecorella, quella che toglie all’accusa la possibilità di appellarsi contro l’assoluzione degli imputati, e la Camera dovrà adesso riesaminarla e ripresentargliela, emendata o meno. La seconda volta Ciampi non potrà che firmare. Il problema è che le Camere stanno per chiudere e non ci sarebbe il tempo. A meno che non si aderisca all’idea di Berlusconi di prolungare la vita di questo Parlamento di quindici giorni (questo gli consentirebbe di ritardare l’entrata in funzione della legge sulla par condicio e quindi di continuare ad apparire in tv fino a metà febbraio) oppure che i costituzionalisti non trovino il cavillo che consente di far lavorare comunque un Parlamento chiuso, per l’esame di una legge che il Quirinale ha respinto, non per sua colpa, in extremis. Ciampi, per inciso, è contrario a rinviare la chiusura del Parlamento. Quanto al merito della legge Pecorella, alle osservazioni critiche che riassumevamo la settimana scorsa (le parti devono essere pari, consentire l’appello solo alla difesa dà a questa un vantaggio improprio), vanno contrapposti gli argomenti di chi la legge la difende: primo, poiché si deve essere condannati al di là di ogni ragionevole dubbio, l’assoluzione da parte di una giuria mette in luce che almeno un ragionevole dubbio esiste; secondo, la parità delle parti deve essere garantita nel dibattimento e non altrove, e la legge nulla innova relativamente a questa fase. L’onorevole diessino Vincenzo Siniscalchi, avvocato di grido e presidente della giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, ha detto che il principio è giusto per le assoluzioni piene, non per le assoluzione mezze, come l’insufficienza di prove. “Alla destra gliel’avevamo detto, ma loro hanno esagerato come al solito”. [Giorgio Dell’Arti]