Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2006  aprile 10 Lunedì calendario

Elezioni

• Il centro-sinistra avrà la maggioranza a Montecitorio, grazie al premio che ha trasformato un vantaggio di appena 20 mila voti in 340 deputati. Ma non potrà lo stesso governare: al Senato avrà al massimo un deputato in più e un solo deputato non fa maggioranza dato che alla coalizione di Prodi toccherà di sicuro la presidenza di palazzo Madama e il presidente, una volta eletto, smette di partecipare alle votazioni. Ma è tuttavia ancora possibile – mentre scriviamo – che il centro-destra abbia invece addirittura più senatori del centro-sinistra. Tutto dipenderà dal voto delle circoscrizioni estere che eleggeranno sei senatori in tutto. dunque possibile che le Camere si apprestino alla XV legislatura con due maggioranze opposte. Ingovernabilità totale.

• La giornata di lunedì 10 aprile resterà nella storia del Paese. Alle tre del pomeriggio, chiusura delle urne, gli exit poll raccolti dalla Nexus mostravano un netto vantaggio del centrosinistra. Uomini politici trionfanti e intellettuali che, nonostante le professioni di prudenza, non riuscivano a trattenersi, cantavano le lodi del popolo italiano e di Romano Prodi in tutti i salotti allestiti sulle reti tv. Ma, man mano che passavano le ore, si scopriva che la forbice tra i due schieramenti andava inesorabilmente assottigliandosi: partita da un 5-10 punti di differenza iniziali (apparente trionfo del centrosinistra) era praticamente sparita all’ora dei telegiornali della sera, che annunciava una sostanziale parità delle coalizioni. Cominciava a quel punto un testa a testa durato fino alle tre del mattino e simile a una gara di ciclismo: ora avanti di poco gli uni, ora avanti di un niente gli altri. Prodi, che aveva indetto una festa per le 18.30 a piazza Santi Apostoli in Roma, dove lo aspettavano i suoi fedeli con tanto di bandiere, annunciava un rinvio ogni ora e Giuliano Ferrara – già senza giacca e senza cravatta, dato che aveva promesso uno strip-tease televisivo in caso di vittoria del Cavaliere – prendeva a punzecchiarlo dai teleschermi: come va la festa a Santi Apostoli?, chiedeva di continuo ai suoi interlocutori. Il primo dato era però già chiaro: Berlusconi, di cui secondo le previsioni Prodi Fassino e Rutelli avrebbero dovuto fare un sol boccone, era invece politicamente ben vivo e vegeto. Ed era chiaro anche il secondo dato, che a un certo punto metteva in chiaro con spietatezza Luca Ricolfi: Prodi aveva completamente sbagliato la campagna elettorale, garantendo tasse a tutti e non facendo capire a nessuno che cosa avrebbe davvero fatto il centrosinistra, le cui lacerazioni interne nessuno s’era curato di nascondere. All’una Prodi saliva sul palco di Santi Apostoli per invitare i suoi a pazientare. Alle tre del mattino, quando era certo che la Camera sarebbe andata al centro-sinistra, Fassino veniva a fare una sconcertante dichiarazione di vittoria, che ignorava del tutto la situazione del Senato. Seguivano musiche, salti e balli con Prodi, Fassino e Rutelli sul palco e i loro sostenitori inneggianti in piazza. Una sensazionale auto-suggestione, che non corrispondeva né a quello che gli spettatori ancora svegli vedevano sugli schermi tv né a quello che inevitabilmente succederà nei prossimi giorni.

• Altri fatti risultavano chiari: gli italiani, spaccandosi così perfettamente in due, stavano costringendo i due schieramenti a parlarsi, stavano in pratica imponendo la legittimazione reciproca; la parte più ricca del Paese – cioè la Lombardia, il Piemonte, il Veneto – stava con Berlusconi; il partito più votato risultava ancora Forza Italia, con un 24 per cento e nonostante una perdita di 6 punti sulle politiche del 2001; l’alleanza Margherita-Ds, presentatasi alla Camera sotto la dicitura Ulivo, aveva preso più voti dei due partiti separati, come si vedeva nel raffronto con l’esito del Senato; il centro-sinistra era piuttosto un sinistra-centro, dato che al risultato normale di Ds e Margherita (rispettivamente al 17 e al 10 per cento) si contrapponevano i bei successi di Bertinotti (7 per cento), dei Comunisti italiani (4 per cento), di Di Pietro (3 per cento). Non solo dunque Prodi s’apprestava eventualmente a formare un governo senza maggioranza, ma all’interno del suo schieramento l’ala radicale risultava in crescita e certamente pronta a dettare le sue condizioni. La prima di queste condizioni, proclamata da Marco Rizzo nel salotto di Vespa, era già chiara: nessuna grande coalizione, nessun grande centro, nessun accordo tra noi e loro. Piuttosto si rivada a votare.

• Ma come rivotare in un Paese che ha di fronte a sé non solo gravissimi problemi economici, ma anche scadenze istituzionali della massima importanza? Il calendario è questo: bisogna formare i gruppi parlamentari ed eleggere i presidenti di Camera e Senato entro il 10 maggio. Il presidente di Montecitorio convocherà poi le camere e i rappresentanti delle regioni per eleggere il successore di Ciampi, il cui mandato scade il 18. Nella notte elettorale tutti – a destra e a sinistra – hanno sostenuto che Ciampi va rieletto, per superare subito e di slancio il primo impasse. In realtà si tratta di una falsa soluzione: eletto Ciampi con un’intesa di puro comodo (cioè sottoscritta da tutt’e due col solo obiettivo di non correre rischi), resterebbe comunque impossibile fare un governo senza un grande accordo preventivo tra i partiti che contano. Ciampi, proprio per accelerare l’inevitabile confronto tra forze che si sono finora contrapposte frontalmente (e che si dànno reciprocamente del criminale), dovrebbe persistere nel rifiuto al rinnovo. E Prodi e Berlusconi sarebbero a quel punto costretti a fare per tempo ciò che non potrebbero non fare in ogni caso: parlarsi.

• Esiste la possibilità che qualche formazione del centro-destra si decida a fare il grande salto per dare a Prodi una maggioranza in Senato? da escludere: l’Udc ha raddoppiato i suoi voti, prendendo il 6 per cento, ma ha ottenuto questo bel successo restando chiaramente a destra, ben distinta dai cugini della Margherita; la Lega ha da affrontare il referendum confermativo del federalismo che si terrà a metà giugno e i principali nemici della riforma federalista sono proprio gli esponenti del centro-sinistra. An e Forza Italia sono naturalmente fuori discussione. Dunque un governo che arrivi almeno a dicembre e vari la finanziaria non potrà nascere che alla luce del sole, cioè dall’incontro tra le due forze maggiormente antagoniste: Forza Italia e i Ds. Una prospettiva difficilissima anche solo da immaginare. E tuttavia che ha in sé una precondizione evidente: per rendere possibile un governo che stia bene a questi e a quelli devono togliersi di mezzo sia Berlusconi, lo sconfitto che dopo questa incredibile rimonta resterà il capo indiscusso del centro-destra, sia Prodi, il vincitore senza partito che pare destinato a uscire di scena. [Giorgio Dell’Arti]