vanity, 25 febbraio 2008
La campagna elettorale
• Gli osservatori notano che la campagna elettorale è cominciata con un Veltroni assai pimpante e che sostiene bellamente d’aver recuperato sul suo avversario otto o tredici punti. E con un Berlusconi curiosamente sotto tono o forse addirittura stanco. Tutti s’aspettano, naturalmente, che il Cavaliere si scateni negli ultimi giorni. Ma altri fanno notare che i sondaggi continuano a dare il Popolo della Libertà in netto vantaggio sui suoi avversari e che quindi il capo del centro-destra non ha forse ragione di agitarsi più di tanto. Berlusconi non vuole vincere troppo in modo da fare accordi, dopo, con Veltroni senza aver troppi fastidi dai suoi? un sospetto alimentato prima di tutto dai toni complimentosi dei due avversari. Poi da certe dichiarazioni dello stesso Cavaliere, il quale la settimana scorsa ha ribadito che, in caso di parità, formerà un governo di larghe intese per varare le riforme.
• Il Partito democratico andrà alle elezioni coalizzato con Di Pietro e con i radicali sciolti nella lista, cioè senza simbolo. A Pannella – che non correrà – Veltroni ha garantito nove parlamentari e, in caso di vittoria, un ministro (la Bonino). La parte cattolica del Pd s’è risentita per questa alleanza col partito più abortista e laico in circolazione. I teo-dem, come vengono chiamati, hanno lanciato alte grida anche per la scelta del capolista in Lombardia, cioè il professor Umberto Veronesi, oncologo. L’Avvenire, giornale dei vescovi, ha subito ricordato che si tratta di un ateo abortista, favorevole all’eutanasia e ostinatamente persuaso del fatto che l’uomo discende dalla scimmia e che Dio non c’entri niente. Veltroni ha poi escluso dai candidati De Mita, 80 anni (cioè è più giovane di Veronesi), che sta in Parlamento da più di trent’anni, e De Mita s’è offeso, ha lasciato il partito e correrà probabilmente con quelli della Rosa Bianca. Veltroni ha completato il quadro decidendo di candidarsi in tre collegi, ma piazzandosi civettuolamente al secondo posto e lasciando la posizione di capolista a tre trentenni. Rimasti soli i socialisti di Boselli, gli altri quattro partiti di sinistra hanno formato la lista Arcobaleno, accreditata per il momento di un deludente 7-8 per cento. Sostengono che il Pd è pronto ad allearsi con Berlusconi, protestano perché Veltroni ha messo in lista il giuslavorista Pietro Ichino, un uomo della Cgil che vuole abolire l’articolo 18 e riformare i contratti in modo che i lavoratori condividano col datore di lavoro il rischio d’impresa.
• Berlusconi ha avuto grossi problemi in Sicilia, dove si combatteva (e si combatte) una guerra senza quartiere tra Gianfranco Micciché – l’uomo di Forza Italia che nel 2001 fece vincere al centro-destra tutti i 61 seggi disponibili – e Totò Cuffaro, dimissionario presidente della Regione condannato in primo grado a cinque anni per aver troppo chiacchierato con un mafioso. Il rischio era una divisione delle forze, con la concreta possibilità di consegnare la Regione al centro-sinistra di Anna Finocchiaro (candidata di Veltroni alla presidenza della Regione). Se ne è usciti facendo entrare in gioco un terzo personaggio, il medico Raffaele Lombardo, un campione nel raccogliere voti. Costui capeggia il piccolo Movimento per l’Autonomia e correrà alle elezioni per la presidenza della Regione sostenuto da tutto il centro-destra. Nello stesso tempo apparenterà al Popolo della libertà un movimento nuovo di zecca, detto Lega Sud nel quale confluiranno tutti i cattolici disponibili (tranne gli amici di Casini, che il Cavaliere non vuole tra i piedi). Gli elettori troveranno quindi per il centro-destra una scheda con due simboli: Popolo della Libertà e Lega Nord nei collegi settentrionali, Popolo della Libertà e Lega Sud in quelli meridionali. La Lega Sud adotterà il simbolo della vecchia Dc, reso disponibile da Giuseppe Pizza, che ne è il proprietario. Storace, con la sua Destra (candidato premier la Santanché), correrà da solo per via del veto di Fini.
• Grande è la confusione, infine, nell’area di Centro, dove si addensano almeno quattro formazioni cattoliche: Rosa Bianca, Udc (Casini), Udeur (Mastella), Lista per la Vita di Giuliano Ferrara. L’unico tranquillo sembra Ferrara, nonostante Berlusconi non gli rivolga più la parola (il Cavaliere ha evitato un ristorante quando ha saputo che era presente il direttore del Foglio): sostiene di avere il 6 per cento dei voti e domenica scorsa è andato nella chiesa di Santa Maria Liberatrice, a Testaccio – il quartiere dove abita –, a baciare la mano al Papa. Se non l’Udeur, almeno Mastella potrebbe salvarsi entrando nella lista di Lombardo. Mentre Casini e la Rosa Bianca dovrebbero riuscire ad apparentarsi: il problema è che Casini, per entrare in una qualunque coalizione, vuole a tutti i costi essere candidato-premier. [Giorgio Dell’Arti]