vanity, 24 marzo 2008
Il fallimento di Alitalia
• Alitalia viaggia verso il commissariamento o addirittura il fallimento. Air France ha presentato una proposta d’acquisto “prendere o lasciare” che ha provocato lo sdegno dei sindacati e un’intemerata di Berlusconi. il Cavaliere ha improvvisamente gridato la sua opposizione alla “svendita” e annunciato la discesa in campo di un cordata italiana che salverà l’azienda. Vediamo nel dettaglio.
• Il presidente di Air France, monsieur Jean-Cyryl Spinetta, un corso con fama di negoziatore implacabile e sorridente, ha presentato un piano che sostanzialmente prevede questo: Air France taglierà settemila dei 18 mila dipendenti Alitalia – costoro finiranno in un modo o nell’altro a carico dello Stato italiano –, chiuderà il ramo Cargo (500 piloti addetti al trasporto merci), farà perno su Fiumicino e abbandonerà Malpensa, i cui slot però non dovranno essere ceduti a concorrenti. Pagherà Alitalia 140 milioni, ne metterà un miliardo nel capitale e s’accollerà un debito di un altro miliardo, rinnoverà la flotta, selezionerà le rotte e spenderà di qui al 2011 qualcosa come altri sei miliardi per rimettere in sesto l’azienda. Il logo Alitalia e le livree della compagnia – cioè i segni della sua identità – saranno mantenuti. In questo modo, il capo di Air France si dice certo di un ritorno all’utile entro il 2009 e di una crescita poi sempre più decisa della compagnia italiana, che forse, tra qualche anno, potrebbe addirittura riprendere le rotte intercontinentali. Perché i francesi procedano, si devono però ancora soddisfare le seguenti cinque condizioni:
1. Bisogna che dica di sì entro il 31 marzo il Consiglio d’Amministrazione di Alitalia. E questo “sì” è già arrivato.
2. Bisogna che dica di sì il governo in carica, cioè Prodi e il suo ministro del Tesoro Padoa-Scioppa. E anche questo “sì” è già arrivato.
3. Devono poi dir di “sì” entro il 31 marzo tutte e nove (o, secondo il Sole, dieci) sigle sindacali che rappresentano i lavoratori della compagnia e delle sue articolazioni. E qui c’è stato invece un “no” deciso. Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Anpac e gli altri non intendono, a quanto pare in nessun modo, dare il via libera ai francesi. Noi scriviamo il sabato che precede Pasqua e il martedì dopo Pasquetta è previsto un incontro tra Spinetta e i sindacati. Tutto può accadere, ma se si deve giudicare da quello che abbiamo visto fino a questo momento un accordo sembra molto difficile.
4. La Sea, cioè la società che gestisce Malpensa e che è posseduta per l’84% dal Comune di Milano e per il 14% dalla Provincia, ha annunciato una causa per danni contro Alitalia: a suo dire l’abbandono di Malpensa a favore di Fiumicino (già deciso dall’attuale Cda per limitare un minimo le perdite: Malpensa su Alitalia ne produce per 200 milioni l’anno) ha provocato un danno valutabile in un miliardo e 250 milioni, di cui si chiede il saldo come risarcimento. Air France, prima di procedere, vuole che Sea rinunci a questa azione oppure che lo Stato italiano si faccia garante presso il compratore: se il tribunale – tra una decina d’anni – dovesse dar ragione alla Sea, lo Stato italiano si impegni a pagar lui il risarcimento. Prodi ha detto di no, la Sea non intende rinunciare alla causa e l’Unione Europea ha già fatto sapere che il governo italiano non può assolutamente manlevare Alitalia, dato che questa garanzia si configurerebbe come aiuto di Stato.
5. Infine, monsieur Spinetta vuole un’approvazione piena da parte del prossimo governo, quello che uscirà dalle elezioni. Giudica questo punto talmente essenziale che, in caso di parere negativo del futuro premier, s’è impegnato a ritirarsi senza pretendere nessuna penale.
• I punti tre e quattro basterebbero a far considerare persa la partita, ma il punto cinque appare quello davvero decisivo. Berlusconi ha detto chiaro e tondo che, quando si sarà insediato a Palazzo Chigi (stiamo sempre dando per scontata la sua vittoria), dirà ai francesi un ”no” grande così. Chiede invece quattro settimane di tempo, da adesso, per dar vita a una cordata alternativa. Si dice sicuro del sostegno – con una linea di finanziamento – da parte di Banca Intesa. Annuncia che i suoi figli «faranno il loro dovere». Mentre si inseguono le voci su chi potrebbero essere i partecipanti alla cordata (in quindici mesi non ne è uscito nessuno e ora, in pochi giorni, dovrebbero farsi avanti capitalisti con dieci miliardi di euro sul tavolo?) qualcuno ricorda che il presidente di Alitalia, Maurizio Prato, ha promesso di portare i libri in tribunale non appena sarà fuor di dubbio che la trattativa con Air France è andata a monte. Cioè – si direbbe – il prossimo 1° aprile. «Portare i libri in tribunale» significa fallimento, cioè la nomina di un curatore che penserà a soddisfare i creditori vendendo gli asset dell’azienda, logo compreso, e mettendo in cassa integrazione i 18 mila dipendenti. Altre compagnie potrebbero nel frattempo impossessarsi degli slot di Malpensa e delle ghiotte rotte interne di un mercato da 60 milioni di abitanti, ricco di clienti soprattutto nella sua parte settentrionale. Invece del fallimento, si potrebbe ricorrere al commissariamento, cioè alla procedura messa in atto per Parmalat attraverso la legge Marzano. Con questa difficoltà: Parmalat era stata uccisa dal debito, ma stava in piedi come gestione, cioè le sue entrate erano superiori alle sue uscite. Alitalia perde un milione di euro al giorno e più vola più perde. La ristrutturazione del commissario non sarebbe meno dolorosa di quella promessa da monsieur Spinetta. [Giorgio Dell’Arti]