vanity, 7 aprile 2008
Domenica e lunedì si vota in Italia
• Domenica e lunedì si vota e all’ultimo momento è uscito fuori un problema di schede, che ha riacceso una campagna elettorale tutto sommato fiacca, nonostante il voto del 13 e 14 aprile possa risultare addirittura storico.
• La questione della scheda è questa: i simboli dei partiti sono stati piazzati in orizzontale uno accanto all’altro, poi è stata disegnata una cornice nera intorno a quelli apparentati, messi a bella posta uno vicino all’altro. Per esempio, il simbolo del Pd col nome di Veltroni bene in vista sta vicino al simbolo dell’Idv, che ha scritto grosso e corsivo il nome di Di Pietro. Le due formazioni corrono insieme, sono cioè coalizzate, il che dà a Di Pietro la possibilità di passare con appena il 2% dei voti alla Camera e appena il 3% al Senato. Questo 2 e questo 3 per cento devono tuttavia essere raggiunti e dunque è indispensabile distinguere bene i voti che andranno al Partito democratico e quelli che andranno all’Idv. Ma la cornice rettangolare intorno ai due simboli (che ne indica l’apparentamento) potrebbe indurre l’elettore a fare una croce che li includa tutti e due, e questo renderebbe il voto nullo. Berlusconi, Di Pietro e Bossi – cioè gli uomini politici che hanno sollevato con maggior forza la questione – fanno notare anche che i simboli dei partiti sono troppo accostati: è dunque sufficiente che un piccolo sbaffo del lapis tocchi il simbolo vicino, per sbaglio o per distrazione, perché uno scrutatore zelante bocci il voto. La questione è stata sollevata davanti al fac-simile e a schede già stampate (90 milioni di pezzi e su buona carta). Mentre scriviamo, Bossi tuona che vuole la ristampa di tutto oppure ricorrerà alle armi. Costerebbe 5 milioni di euro. Il ministro dell’Interno Giuliano Amato, messo sotto accusa da Berlusconi, ha risposto alle critiche ricordando che per la grafica si sono seguite le regole fissate dal suo predecessore Pisanu, cioè il ministro dell’Interno di Berlusconi. Un ricorso di Giuseppe Pizza a favore del partito possessore dell’emblema dello scudo crociato (uno dei tanti figliati dalla Dc), ricorso che ha rischiato sulle prime di far addirittura slittare di una quindicina di giorni il voto, potrebbe comunque provocare la ristampa delle schede del Senato in dodici circoscrizioni, 32 milioni di pezzi per un costo di un milione e 600 mila euro. Intanto i cronisti del quotidiano La Stampa hanno allestito una finta cabina elettorale al Valentino e hanno messo alla prova i passanti per capire se la scheda elettorale contestata induce all’errore o no. andata molto bene: su 150 elettori hanno sbagliato solo in 4 (commento più frequente dei cittadini sottoposti al test: «Ma ci avete preso per scemi?»).
• I colleghi della Stampa non ci hanno fatto sapere come hanno votato i passanti del Valentino, perché la legge proibisce di divulgare sondaggi alla vigilia del voto, ma le ultime rilevazioni davano Berlusconi in vantaggio di 6-9 punti su Veltroni. In questa tornata elettorale si svolgono in realtà almeno due battaglie contemporaneamente.
• La prima di queste battaglie è quella classica tra centro-destra e centro-sinistra. Vale a dire Berlusconi, presidente del consiglio candidato dal Popolo della Libertà, contro Veltroni, presidente del Consiglio candidato dal Partito democratico. Questa battaglia potrebbe dare, come nel 2006, risultati diversi tra le due camere: vittoria senza problemi dell’uno o dell’altro alla Camera – senza problemi perché il premio garantito a chi prevale anche di un solo voto garantisce in ogni caso una maggioranza sufficiente a governare in tranquillità –, pareggio, quasi-pareggio o semi-pareggio al Senato dove i premi di maggioranza regionali possono dar luogo a saldi finali molto simili.
• La seconda battaglia riguarda la questione della semplificazione politica: sia Berlusconi che Veltroni hanno offerto ai vecchi alleati una sola chance: o entrare nella grande lista principale, confluendo quindi nel PdL o nel Pd, o correr da soli. Uniche eccezioni: la Lega e il Movimento autonomista di Lombardo a destra (Lega a nord, Lombardo a sud), Di Pietro a sinistra. Hanno accettato la confluenza: Fini, che ha mischiato le candidature di An con quelle della vecchia Forza Italia, e i radicali, che hanno ottenuto nove posti nelle liste del Pd (ma di questi solo sei sicuri). Gli altri se la dovranno vedere da soli e sono attesi al varco in particolare: la Destra di Storace, capeggiata da una fiammeggiante Santanché, unica donna candidata-premier; l’Udc di Casini che ha fuso la propria lista con quella della Rosa bianca, formazione cattolica creata subito dopo lo scioglimento delle camere da transfughi della stessa Udc e dall’ex segretario della Cisl Savino Pezzotta; la Sinistra Arcobaleno, che ha messo insieme le quattro formazioni della cosiddetta sinistra radicale, e cioè la Rifondazione di Bertinotti, il Pdci di Diliberto (che però non è candidato, perché ha ceduto il suo posto a un operaio della Thyssen), i Verdi di Pecoraro Scanio e gli ex diessini capeggiati da Mussi che non sono voluti confluire nel Partito democratico. Queste tre formazioni entreranno alla Camera solo se metteranno insieme un 4 per cento di consensi nazionali ed entreranno al Senato solo se prenderanno in qualche Regione almeno l’8 per cento dei voti. Non dovrebbero esserci problemi alla Camera né per Casini né per Bertinotti (candidato premier dai suoi), dove però la presenza di questi deputati avrà solo valore di testimonianza dato che il premio di maggioranza metterà al sicuro il vincitore. L’8 per cento regionale al Senato è invece un grosso ostacolo pert tutti. E tuttavia, una formazione minore che riuscisse a portare a Palazzo Madama qualche rappresentante acquisirebbe un notevole potere, data la possibile situazione di equilibrio che potrebbe prodursi, dopo, tra i due contendenti principali. Non a caso, durante la campagna elettorale, sia Berlusconi che Veltroni hanno introdotto il concetto di voto utile, facendo in questo caso persino propaganda uno per l’altro: sono utili i voti dati a una lista che ha la speranza di governare, sono inutili tutti gli altri.
• I sondaggisti non danno chance alla lista anti-aborto di Giuliano Ferrara, candidato solo a Montecitorio e durante gli ultimi comizi violentemente contestato (specie a Bologna), e ai socialisti di Boselli, con cui Veltroni non ha voluto apparentarsi e che si sono riflutati di confluire nella lista del Pd.
• La sorpresa potrebbe forse venire proprio dalla Destra della Santanché, la candidata che più ha impressionato per determinazione e lucidità nella fase finale della campagna e che si è guadagnata parecchi elogi anche dagli avversari di sinistra. [Giorgio Dell’Arti]