vanity, 21 aprile 2008
Il caso Alitalia
• Monsieur Spinetta ha fatto sapere che l’offerta di Air France su Alitalia doveva considerarsi ritirata. Scusa ufficiale: il prezzo del petrolio è salito al punto che tutti i conti vanno rivisti. In effetti Alitalia vola con aerei molto vecchi, che consumano tre volte quelli della concorrenza. Nel mercato, adesso, ci si fa la guerra soprattutto sui prezzi e se si spende troppo per il cherosene si è fuori. Spinetta deve però aver anche pensato di colpire al momento giusto: il governo Prodi, uscente, ha poco potere. Berlusconi non s’è ancora insediato. Senza un compratore seriamente impegnato all’acquisto (com’era Air France) non c’è possibilità di far avere ad Alitalia un prestito che le consenta di sopravvivere fino alla conclusione della trattativa. Apparentemente, il ritiro di Air France non può che costringere il consiglio d’amministrazione o l’azionista a prendere una decisione estrema. Cioè nominare un commissario (legge Marzano) o far fallire la compagnia. In entrambi i casi, ci si potrebbe presentare di nuovo e acquistare a condizioni molto più convenienti.
• Alitalia infatti s’è fatta prestare dallo Stato 2.750 miliardi di lire nel 2001 e non può quindi ricorrere alle casse pubbliche fino al 2011. Prodi ha però pensato che si potrebbe aggirare il problema ed evitare commissario o fallimento erogando soldi con una motivazione diversa da quella del prestito. Secondo lui, se Alitalia smettesse di volare, il Paese precipiterebbe in una crisi molto grave, in una crisi che potrebbe avere conseguenze di «ordine pubblico». Dunque – ha pensato il presidente del Consiglio uscente – si potrebbe stanziare una somma prendendola dal ministero dell’Interno e motivandola come un contributo all’ordine pubblico. Bersani s’è detto d’accordo. L’idea era di mettere sul tavolo cento, massimo 150 milioni. Chiesto un parere a Berlusconi – in modo da garantirsi una procedura condivisa – Berlusconi ha detto «Va bene», ma ha consigliato di stanziare di più. «Almeno trecento milioni». Alla fine s’è deciso di prendere questi 300 milioni non dalle casse degli Interni (abbiamo volanti ferme perché non ci sono i soldi per comprare la benzina), ma da un fondo rotativo del ministero dello Sviluppo destinato alla Ricerca. Ai giornalisti troppo dubbiosi è stato spiegato il significato del termine rotativo: «Sono soldi che entrano ed escono, non li sta aspettando nessuno».
• Prodi e Bersani hanno emanato il decreto e sono stati attenti a mandare a Bruxelles una semplice lettera informativa, non una notifica formale, di quelle che chiedono il permesso di far qualcosa. «Non abbiamo bisogno di nessun permesso, non è mica un aiuto pubblico». Bruxelles non ci ha creduto ed è partita alla volta di Roma una lettera molto severa in cui ci avvertono che la faccenda è assai dubbia e ci intimano di dare spiegazioni convincenti sui 300 milioni entro dieci giorni lavorativi. I nostri hanno calcolato che 10 giorni lavorativi ci fanno arrivare al 15 maggio ed è possibile che a quella data la famosa cordata di imprenditori si sia manifestata. Ligresti ha detto pubblicamente che qualcosa farà, promesse generiche sono venute anche da Tronchetti Provera e insomma gli italiani si stanno arrampicando sugli specchi per non esser costretti a portare in tribunale i libri di un’azienda che è sicuramente fallita da molto tempo. Le altre compagnie europee, e in testa Ryanair, si accingono a presentare ricorsi contro di noi dato che tenere artificialmente in vista un’azienda da seppellire è tra l’altro concorrenza sleale. A parte un mugugno iniziale di Berlusconi («ci lascino fare quello che è giusto fare») i governanti uscenti ed entranti cercano di passarla liscia restando sostanzialmente zitti. [Giorgio Dell’Arti]