vanity, 29 aprile 2008
La sedicesima legislatura
• La sedicesima legislatura è cominciata con l’elezione, al primo turno e senza incidenti di sorta, del nuovo presidente del Senato. Renato Schifani, 58 anni, avvocato di Palermo, capogruppo a palazzo Madama nella scorsa legislatura e fedelissimo di Berlusconi. Ha pronunciato un discorso molto equilibrato, che il presidente Napolitano aveva letto in anteprima (approvandolo): «agirò come garante dei diritti dell’opposizione, della maggioranza e del governo», elogi al predecessore Marini, elogi alla «correttezza e compostezza della senatrice Finocchiaro» (poi addirittura baciata), «feconda stagione di riforme condivise», «reciproca legittimazione delle parti», «legalità e sicurezza», «radici cristiane», «eroi di Nassiriya», «Falcone e Borsellino», eccetera. Il giorno dopo, superato lo scoglio delle maggioranze qualificate previste per i primi tre turni, la Camera ha eletto a suo presidente Gianfranco Fini, 56 anni, capo di Alleanza Nazionale. Tra applausi bipartisan (i democratici hanno votato scheda bianca in tutt’e due le assemblee), Fini ha riconosciuto come date unificanti sia il 25 aprile che il 1° maggio, e poi, anche qui, pari diritti garantiti a tutti, stagione costituente, «non siamo una casta», «promuovere il merito», «valorizzare il lavoro», «la sicurezza», «l’autorevolezza dello Stato» e via discorrendo. Scalfari - protagonista assoluto delle pagine culturali della settimana per via di un altro libro in cui tratta dell’unica cosa che gli interessa (cioè il suo io) - s’è fatto beffe di questa melassa neobuonista, scrivendo nel suo editoriale di domenica scorsa che è tornato il tempo delle ideologie, dato che i due discorsi, e soprattutto quello di Fini, si basano «sulle radici cristiane, anzi cattoliche, sulla condanna del relativismo, sull’esistenza di una verità assoluta e sulla morale che ne deriva. Sulla tolleranza (relativa) delle altre culture a discrezione del Principe». Il quale Principe è naturalmente Berlusconi, principe di ubiquità «leghista, statalista, liberista per naturale e plurima vocazione». [Giorgio Dell’Arti]