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 2008  giugno 16 Lunedì calendario

Lo scandalo del Santa Rita a Milano

• Nella clinica Santa Rita di Milano, un gruppo di medici adattava le diagnosi ai prezzi che il Sistema Sanitario Nazionale riconosce per ciascuna patologia (secondo il metodo dei cosiddetti DRG). E, quando poteva, operava anche se non ce n’era bisogno. Così, almeno, sostengono i pubblici ministeri Grazia Pradella e Tiziana Siciliano, che si fanno forti di intercettazioni telefoniche nelle quali gli accusati sembrano effettivamente trattare polmoni, rotule, clavicole e quant’altro come merce qualsiasi da far fruttare il più possibile. Per esempio, tra le frasi più significative: «Pipitone prenderà i più delinquenti del mondo che gli faranno guadagnare miliardi...», «Un chirurgo pagato a prestazione se vuole guadagnare deve fare prestazioni...», «Io pescavo dappertutto, da Lodi dove tiravo fuori le mammelle, poi ho cominciato a pescare anche i polmoni...». Lunedì 9 giugno sono state arrestate quattordici persone e tre di queste messe materialmente in cella (gli altri ai domiciliari). L’accusa: omicidio aggravato dalla crudeltà, truffa al Sistema Sanitario Nazionale. Gli omicidi (ma nell’attuale fase dell’inchiesta è meglio parlare di morti sospette) sono cinque. Si tratta di pazienti che, secondo i pubblici ministeri e i loro esperti, avrebbero potuto essere assistiti senza far ricorso a pratiche chirurgiche o a metodi invasivi che hanno provocato sofferenza e morte. Il padrone della clinica, almeno per quanto è emerso fino ad ora, è un notaio di 75 anni, Francesco Paolo Pipitone. Si difende dicendo di non averne mai saputo nulla e che, casomai, la colpa è tutta dei medici. I medici messi sotto accusa si avvalgono finora della facoltà di non rispondere. Anche i loro difensori si limitano a pronunciare frasi come: «Il mio assistito ha sempre agito secondo coscienza e per il bene dei pazienti».

• La sanità in Lombardia vale un miliardo e duecentomila euro. Lo scandalo del Santa Rita, indipendentemente dalle conclusioni dell’inchiesta e dall’effettiva responsabilità dei medici, ha fatto comunque emergere una pratica molto diffusa: quella per cui, essendo possibili più strade per affrontare una patologia, il personale sanitario inclina preferibilmente a quella più redditizia in termini di rimborsi pubblici. Come si possa rimediare a una stortura simile non è chiaro. Il sistema precedente, che rimborsava i giorni di ricovero, aveva trasformato gli ospedali in pigri e costosi cronicari dediti soprattutto all’assistenza agli anziani (di cui a quel modo le famiglie si liberavano volentieri). Il sistema attuale li avrebbe però fatti diventare frenetiche officine di macelleria umana, almeno stando a quello che rivelano i disinvolti ragionamenti degli intercettati. Ma questi ragionamenti – crudissimi da leggere – provano davvero l’esistenza di un reato? Vale a dire: gli accusati trattavano sul serio i pazienti come sembra dalle loro parole? Entriamo con questo dilemma nel fuoco della polemica sulle intercettazioni, fuoco che ha divampato per tutta la settimana. Berlusconi infatti, come avevamo preannunciato la settimana scorsa, ha effettivamente presentato, venerdì scorso, un disegno di legge che limita il potere di intercettare ai reati per i quali è prevista una condanna superiore ai dieci anni, comprendendovi i crimini contro la pubblica amministrazione e però con un potere d’ascolto non superiore ai tre mesi e con il divieto assoluto per giornalisti ed editori di pubblicare alcunché, pena una detenzione di tre anni o una multa di 100 mila euro. Il Cavaliere avrebbe voluto emanare un decreto legge e qui lo ha bloccato Napolitano, avvertendolo che non v’erano i requisiti di necessità e urgenza. Avrebbe poi voluto limitare il potere di intercettare ai reati di terrorismo e criminalità organizzata. E qui ha dovuto vedersela con la Lega, il cui elettorato identifica la corruzione con ”Roma ladrona”. L’azione del premier è stata poi ostacolata proprio dall’inchiesta del Santa Rita. I magistrati di quella Procura, mentre i giornali pubblicavano le chiacchiere agghiaccianti dei chirurghi, insistevano che, senza intercettazioni, il presunto marcio di quella clinica non sarebbe mai venuto alla luce.

• Sulle intercettazioni i dati dicono questo: che costano circa 300 milioni l’anno e che questa somma rappresenterebbe un terzo delle spese della giustizia. Che i risultati concreti resi possibili dalle intercettazioni, in termini di condanne definitive, sono molto scarsi. La percentuale del 40%, messa in giro in questi giorni, sarebbe molto alta se paragonata ad altre statistiche giudiziarie. In realtà mancano dati precisi che possano far capire quanto le intercettazioni siano effettivamente servite a far condannare colpevoli. L’unico dato sicuro è che, senza intercettazioni, molti magistrati non sarebbero diventati famosi e molte pagine di giornale non sarebbero state riempite. [Giorgio Dell’Arti]