Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Syriza ha ampiamente vinto le elezioni greche, ma con uno scherzo del destino: ha preso il 35,82% dei voti, ha quindi acquisito il diritto al premio di 50 seggi, ma con tutto questo avrà in Parlamento 148 deputati. Gliene mancano 3 per la maggioranza assoluta (che sarebbe comunque stata risicatissima). Dovrà dunque allearsi con qualcuno per formare il governo. E dovrà allearsi in fretta, perché dopo tre giorni il presidente della Repubblica, di fronte a un risultato nullo, darà l’incarico a Nea Demokratia, 28,38% dei voti e 78 seggi conquistati, partito del premier uscente Antoni Samaras, secondo arrivato. Potrebbe costui formare una coalizione con tutti gli altri, capace cioè di una maggioranza di 152 seggi (di nuovo risicatissima)? No, perché al terzo posto ci sono i nazisti di Alba Dorata, la cui linea – violentemente anti-europea e anti-immigrati – è stata spiegata alla vigilia: «Aspetteremo che Tsipras non combini niente e tra sei mesi ci prenderemo tutto il piatto». Situazione dunque molto complicata, perché il capo di Syriza, il giovane Alexis Tsipras, dovrebbe convertire alle sue idee probabilmente il quarto arrivato, To Potami (Il Fiume, 5,82% dei voti e 16 seggi). Oppure rassegnarsi a imbarcare gli stalinisti del Kke, Partito comunista greco, in ascesa rispetto al 2012, ancora più euroscettico di Syriza, ma che rifiutò di allearsi con Tsipras già due anni fa. Tsipras infatti vuole restare in Europa, mentre i comunisti greci vogliono uscirne: a suo tempo votarono contro il Trattato di Maastricht.
• Quindi?
Sono calcoli che abbiamo fatto a metà scrutinio, ci vuole il crisma dello spoglio completo. Ma credo che, nel corso della notte, i dati si sposteranno poco.
• Com’è andato Papandreou, l’ex primo ministro che aveva lasciato il Partito socialista Pasok per mettersi a capo di una formazione sua, puntava al 5% e si proponeva di condizionare la vittoria di Syriza?
Il Pasok è arrivato sesto, ha avuto il 5,83 e prenderà 13 seggi. Potrebbe esser lui a far da stampella a Tsipras? Chi sa. Certo è un partito fortemente europeista. Papandreou è andato male, ha avuto meno del 3 per cento e resterà fuori dalla Camera.
• To Potami?
Moderati, centristi, fortemente europeisti. Tsipras dovrà venire a più miti consigli se vorrà imbarcarli, e rafforzare quella parte del suo programma che propugna la permanenza in Europa. Dopo la ristrutturazione del debito, s’intende.
• A chi sta la palla a questo punto?
È difficile rispondere. Forse converrebbe a tutti tornare a votare e vedere se Syriza riesce a prendere quel punto e qualcosa che gli manca per avere 301 deputati. Certo che anche la maggioranza di un solo voto… È triste dirlo, ma si trova poi sempre qualcuno che passa dall’altra patrte, magari uscendosene protestando da sinistra. In definitiva, lo stallo è il rischio più grave e quello che pone ai partner europei anche il dilemma più impegnativo: dare ai greci, mentre si aspetta di capir qualcosa, i 7 miliardi che gli toccano quest’anno come prestito? Comprare o non comprare i bond emessi da Atene? Perché, da questo punto di vista, rispondere “no” a queste domande mette a rischio la stessa sopravvivenza della Grecia, i cui conti, in termini di bilancio, sono migliorati nettamente, ma le cui casse sono quasi vuote. Tutti dànno la colpa alla Germania, ma è difficile, dall’Attica e dal Peloponneso, fare la rivoluzione contro la Germania, che se ne sta comunque tranquilla nei suoi confini. Sono gli aspetti inauditi dei conflitti attuali.
• Se si desse loro una mano accettando comunque di rivedere il loro indebitamento?
I negoziati tra Tsipras e la Merkel sono in corso da tempo e una qualche intesa dovrebbe anche essere stata raggiunta. Nel ragionare intorno a questo accordo teniamo presente che Atene è esposta verso di noi per una ventina di miliardi. Dunque qualunque favore ai greci toccherà anche le nostre tasche. A domanda su questo punto, fattagli ieri, il ministro Padoan ha quasi cambiato discorso: «L’obiettivo ora non è discutere una sforbiciata ma consolidare l’euro, è importante per tutti che la Grecia resti nell’euro. Per questo deve irrobustire le sue condizioni finanziarie e la sua capacità di crescere. Questo è il modo migliore per salvaguardare le risorse messe a disposizione anche dai contribuenti italiani». È anche vero che Berlino ormai dovrebbe rassegnarsi al fatto che, se vuole governare il continente, deve conquistare il consenso anche dei cittadini non-tedeschi. La vittoria di Tsipras, che riesca o non riesca a formare il governo, fa vedere bene che il concetto di Europa unita e di moneta unica rischia di essere messo in crisi, ormai, a ogni turno elettorale di qualunque nazione.
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